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L’indie da scoprire – We Happy Few

Un titolo discusso e non da tutti apprezzato, quello che andiamo a rivedere insieme a voi in questo speciale dedicato all’indie da scoprire. Parliamo di We Happy Few, il gioco di Compulsive Games uscito nel 2018 con precorsi produttivi difficili. Nato come survival procedurale in prima battuta, diventa un’avventura immersiva e distopica, ispirata a Bioshock in un secondo momento. Cambiamenti inattesi, che probabilmente hanno causato i diversi difetti presenti nel gioco e che hanno portato a un’occasione mancata per realizzare una narrazione interessante. Ci sono comunque degli aspetti validi da recuperare insieme circa questo titolo tutto da riscoprire insieme.

we happy few

We Happy Few, una storia distopica e dolorosa

Siamo a Wellington Wells, e la seconda guerra mondiale è finita ormai da qualche tempo, ma con esiti diversi da quelli che siamo abituati a conoscere. La Storia infatti ci insegna che il conflitto vide la sconfitta della Germania, qui invece vincitrice e che ha invaso la Gran Bretagna nel 1933, portando a crisi economiche e sociali ancora oggi in atto. Saranno però gli esiti psicologici sulle persone a diventare protagonisti di questa vicenda, dopo che i nazisti hanno costretto i britannici alla resa incondizionata. Gli abitanti di Wellington Wells hanno dunque deciso di dimenticare tutto grazie all’uso di una droga, chiamata “Gioia”, per cancellare il dolore e nascondere i ricordi troppo difficili da sopportare.

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Si tratta però pur sempre di una droga per l’appunto, e i cittadini ormai la ritengono fondamentale per la società, costringendoli a sorridere costantemente e a comportarsi in maniera abbastanza innaturale. Coloro che però non vogliono assumere la “Gioia” sono detti “musoni“, “downer”, e vengono colpiti dai manganelli di chi invece assume sostanze. Cacciati dalla città, questi passano da “musoni” a “straccioni“, costretti a sopravvivere tra quanto rimane delle rovine postbelliche.

Una narrazione interessante, un comparto tecnico

We Happy Few ha portato sulle nostre piattaforme una narrazione particolare e implicita, adottando un approccio distopico che però perde parte del suo potenziale. Ciò accade in parte per alcune problematiche tecniche (e dal riciclo spietato di modelli poligonali), ma recupera strada per questioni stilistiche. Queste ultime sono sì in grado di unire l’espressionismo cinematografico d’antan allo stile Anni Sessanta, accanto alle tre storie che dobbiamo percorrere nella campagna principale. Per un totale di circa venti ore di gioco piene, dobbiamo infatti calarci nei panni di tre protagonisti, il cui percorso di ciascuno si unisce con quello degli altri due.

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Tre storie dalla struttura ripetitiva e poco ricca se vogliamo, ma dai dialoghi ottimi, che uniscono malinconia e dramma interiore, evidenziando una ottima caratterizzazione dei personaggi. La componente narrativa rimane dunque la parte principale e migliore di We Happy Few, in grado di catalizzare la nostra attenzione.

Guardando invece al gameplay puro, dobbiamo cercare oggetti sparsi per realizzare bendaggi ed eventuali armi da usare per scassinare porte chiuse e curarci. Sicuramente troviamo elementi di survival game dovendo preoccuparci di non restare a stomaco vuoto, pena la difficoltà nel combattere, correre e altro ancora. Il titolo assomiglia anche a uno stealth game. Dobbiamo mimetizzarci tra le persone che incontriamo e non avere difficoltà ad apparire felici tra coloro che assumono la “Gioia”. Infine per entrare nelle comunità di straccioni, o nelle caserme dei poliziotti e in zone private, dobbiamo procedere in silenzio. Un aspetto da dimenticare è però l’Intelligenza Artificiale, parecchio problematica. Ad esempio, schiere di avversari si allertano tutti insieme senza motivo apparente e nemici che all’improvviso non vogliono più attaccarci.

Perché giocare ancora oggi a We Happy Few

Sicuramente non per il comparto pienamente e puramente ludico. La sua struttura è claudicante, con diversi bug che non ci facilitano il compito, tantomeno la valutazione. We Happy Few però ha dalla sua una narrazione e una grafica decisamente importanti e peculiari, che meritano la vostra attenzione. Un po’ come era accaduto con Cuphead, anche qui la commistione di stili e il recupero delle produzioni amarcord caratterizzano in pieno la cifra stilistica del gioco. Si tratta dunque di un gioco che deve essere rispolverato, o giocato per la prima volta, anche solo per il gusto di scoprire la storia che ci sta dietro. Tanti difetti, ma (forse) perdonabili.

We Happy Few PS4 - PlayStation 4
  • Gioca attraverso la storia o personalizza il mondo sandbox a tuo piacimento
  • Scegli tra una serie di difficoltà sia per i giocatori nuovi che per quelli esperti

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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