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L’ordine del tempo: com’è il film diretto da Liliana Cavani

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L’apocalisse è un processo piuttosto singolare. Chiunque nella propria vita si è domandato cosa farebbe se si dovesse trovare dinanzi alla fine del mondo, una guerra inesorabile, una pandemia ineluttabile, un meteorite inarrestabile. E le domande che una persona si pone riempiono di vuoto qualsiasi silenzio dialettico, qualsiasi risposta è fumosa, inconsistente, inafferrabile.

Si può chiedere una risposta alla scienza, e le verità della scienza sono verità che non conoscono fissità, cambiano perché cambiano le idee, la ricerca, la conoscenza, cambia la grammatica del mondo. Si può chiedere una risposta alla fede, ma la fede è qualcosa che non dà risposte, non consola, non suggerisce nulla se non nuove domande. Quindi restano gli interrogativi che fanno da cornice alla soglia tra la vita e la morte, e la soglia ti offre quel luogo sicuro di transizione, che deresponsabilizza: perché se tutto sta per finire, ha ancora senso tentare di risolvere, risolversi?

Un meteorite può tranne in inganno, può sparigliare gli indugi, può forzare una condizione, può liberare dall’annichilimento, può essere un’occasione anche per farsi delle domande che non prevedano risposte, perché alcuni interrogativi non nascono per essere funzionali alle risposte.

L’ordine del tempo: la nostra recensione del film di Liliana Cavani

Il nuovo film di Liliana Cavani, L’ordine del tempo, con Alessandro Gassmann, Claudia Gerini, Edoardo Leo e Francesca Inaudi, ci riporta in questa condizione, dinamica e statica allo stesso tempo: se scoprissimo che il mondo potrebbe finire nel giro di poche ore?

Presentata Fuori Concorso durante l’80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, e tratta dal libro “L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli, l’opera di Liliana Cavani ci porta nella vita di un gruppo di amici di vecchia data che, come ogni anno, si ritrova in una villa sul mare per festeggiare un compleanno. Da quel momento, il tempo che li separa dalla possibile fine del mondo sembrerà scorrere diversamente, veloce ed eterno, durante una notte d’estate che cambierà le loro vite.

Il tempo non esiste. Questo è quello che afferma stoicamente Enrico (Edoardo Leo), fisico teorico, nel senso che la “struttura del mondo e le relazioni temporali degli eventi fisici sono più complesse di quanto possiamo pensare”. Ed è correttamente una questione di complessità quella che ci porta nella struttura del film che ha analogamente un ordine sentimentale, legato alla cronologia dell’interiorità, della memoria, dei ricordi dei personaggi.

Nessun personaggio si presenta sullo schermo con il desiderio di farsi conoscere, ma di ricordare, con una postura espressiva che non è passiva, non è ricettiva ma è aggettante, sporgente, i personaggi che Cavani mette sullo schermo sono suggestioni tridimensionali, perimetri di vita con desideri bloccati nel centro. Quest’occasione di soglia, di fine, di apocalisse confeziona il loro stare al mondo, risignificandone il tempo, come concetto sfaccettato, quadridimensionale, come avevano giustamente intuito i greci.

L’ordine del tempo: Liliana Cavani confeziona un’opera di soglia, di transizione, brillante e senza tempo

I Greci avevano diversi termini per indicare il tempo: χρόνος (chronos), καιρός (kairos), αἰών (Aion) e ἐνιαυτός (Eniautos). Il primo si riferisce al tempo cronologico, un tempo empirico, il secondo ad un tempo propizio, un tempo indeterminato. Il terzo termine si riferisce al tempo eterno, mentre il quarto è un tempo definito. Tutti questi modi di intendere il tempo attraversano il film in modo ficcante, restituendo la condizione di ognuno, producendo un senso di sottrazione alla vita, perché il tempo quando può essere calcolato è un dato di amara sottrazione, e quando è empirico diventa una lancetta che si sfalda e gioca in dissolvenza, quando è propizio diventa una attingibile promessa. Quando è definito si configura con la sua perpendicolare prospettiva, e quando è eterno produce trascendenza.

L’ordine del tempo è un’opera brillante, nitida, che ha il sapore della vita sottratta, è un gioco temporale che vuole produrre permanenza, vuole provocare e abbattere ogni iconostasi della realtà, coinvolgendo lo spettatore a colmarsi di domande e svuotarsi di certezze. I personaggi come animali sociali in perfetta forma civica si giocano il loro eterno tempo finito alla roulette dell’arca di Noè, in cui non c’è salvezza, non c’è condanna a morte, ma solo condanna a vita, c’è la soglia che può essere attraversata, ma quella resta solamente una scelta.

L’ordine del Tempo sarà al cinema dal 31 agosto distribuito da Vision Distribution.

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