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L’antidoto. Ovvero il libro con cui Vera Gheno individua 15 veleni che circolano in rete (e relativi antidoti)

Lo abbiamo letto per voi

Gli ambienti, gli individui, le opere, e qualunque evento piccolo o grande che faccia parte delle nostre vite, possono essere frequentati e vissuti a diversi gradi di consapevolezza.

Va da sé che una maggior coscienza e conoscenza permette da una parte di godere in profondità di ciò con cui si entra in rapporto. E, allo stesso tempo, preserva dai rischi.

Rischi che, nel caso della rete, sono ancora ampiamente sottovalutati. Non passa mai di moda il tormentone (tormentone sì, ma vero) secondo cui una delle password più usate è ancora 123456.

C’è poi l’ambito relazionale, la comunicazione sui social, che almeno una volta ha mortificato o fatto perdere la pazienza anche al più mite degli utenti.

Perché? Quali meccanismi perversi entrano in gioco, nelle relazioni virtuali? Come riconoscerli e rintuzzarli?

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L’antidoto: il libro di Vera Gheno

Ci ha pensato una sociolinguista, Vera Gheno, con il suo L’antidoto, uscito per Longanesi nell’agosto del 2023.

Il volume ha un merito: non propone magari grandiose novità, ma sistematizza – con un linguaggio semplice e affabile – una serie di concetti che, letti l’uno di fila all’altro, compongono un utile prontuario per una frequentazione della rete meno nociva.

Chi è Vera Gheno

Vera Gheno è una donna dall’abbigliamento troppo pop e dai tatuaggi troppo vistosi per poter parlare di sociolinguistica.

Sì, stiamo scherzando, ma questa definizione è in un certo senso uno dei motivi per cui L’antidoto è stato scritto. Ne riparleremo.

Vera Gheno è, dicevamo, sociolinguista e divulgatrice, oltre che traduttrice dall’ungherese. Ex collaboratrice dell’Accademia della Crusca e della casa editrice Zanichelli, si occupa di comunicazione, questioni di genere, equità e inclusione.

Un suo volume scritto nel 2018 con Bruno Mastroianni (e pubblicato sempre da Longanesi) ha ispirato una delle tracce di attualità della Maturità 2022.

Come funziona L’antidoto

L’antidoto è diviso in quindici capitoli. All’inizio di ciascun capitolo viene presentato un veleno, ossia – va da sé – una situazione tossica che può svilupparsi in rete.

Dopo di che, una volta spiegate la natura e le peculiarità del veleno in questione (anche con l’aiuto di citazioni di post o commenti), viene svelato il relativo antidoto.

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In fondo al volume appare una tavola riassuntiva di tutti i veleni e contravveleni citati.

Perché L’antidoto

Vera Gheno spiega un po’ nell’introduzione un po’ nella conclusione i motivi che l’hanno spinta a scrivere L’antidoto.

Subito indica le ragioni per così dire accademiche: passiamo un grande numero di ore sui social, ed è quindi il caso di attrezzarci al meglio. Partiremmo per la settimana bianca senza maglioni di lana?

Poi, una volta preso per mano il lettore per duecento pagine, Gheno svela i motivi più personali alla radice de L’antidoto. La sociolinguista frequenta le piattaforme social, ha guadagnato una certa notorietà, e con la notorietà sono aumentati sì i seguaci (anche se lei preferisce chiamarli seguitori, per evitare l’accezione mistica del primo termine) ma pure gli odiatori.

O anche solo chi confligge con lei in modo solo apparentemente inoffensivo. Prima abbiamo ironizzato su una critica (quella sul suo abbigliamento) che Vera Gheno ha davvero, e più volte, ricevuto. Come se una certa esteriorità certificasse l’impossibilità di possedere e condividere informazioni solide scientificamente.

E quale mestiere più adatto del sociolinguista, per indagare le ragioni di certi atteggiamenti conflittuali sui social?

L’antidoto: la nostra recensione del libro di Vera Gheno

Il primo capitolo ci ricorda una cosa così ovvia che, come ne La lettera rubata di Edgar Allan Poe, non la vede più nessuno: quando siamo sui social siamo in pubblico.

E, come scrive Vera Gheno a p. 18, “quando inviamo un qualsiasi messaggio a una qualsiasi persona in un qualsiasi contesto digitale, per la verità stiamo inviando quel messaggio non alla persona, ma al suo dispositivo”.

Un altro veleno è la deumanizzazione, che riduce l’altro a “unità di informazione che viaggia per la rete” (p. 47). Ma anche di sé si finisce per avere un’immagine incorporea – e, aggiungiamo, non perseguibile penalmente – se ci si permette reazioni insultanti che mai si sognerebbe di avere di persona.

C’è poi il sempreverde effetto Dunning-Kruger, che Gheno ribattezza “Non sapere di non sapere”. Più le conoscenze in un ambito sono approssimative, più in quel medesimo ambito ci si sente preparati e inattaccabili.

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Come difendersi dai leoni marini

Gustoso, infine, il capitolo 14, per così dire quadripartito, perché riprende quattro veleni già citati da Chris Maley nel suo blog.

Sono quattro espedienti retorici che, se non intercettati e depotenziati, possono condurre alla consunzione psicologica. Citiamone uno, forse il peggiore: il sealioning, cioè il comportamento da leone marino. Una mistura di invadenza e verbosità, per cui si ribatte a una discussione con commenti chilometrici, con il doppio obiettivo di spostare la discussione dal suo fuoco iniziale e farla convergere su di sé.

Ebbene, più che fornirvi l’antidoto per i leoni marini (da tastiera), ricordiamo l’atteggiamento generale da adottare per vivere i social con serenità. Ed è un atteggiamento che ci fa citare di nuovo il termine con cui abbiamo iniziato la recensione: consapevolezza. Alla cui costruzione può contribuire anche la lettura de L’antidoto.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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