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Stranger Things 4: le spaventose avventure della Compagnia di Hawkins

La quarta stagione di Stranger Things si concluderà l'1 luglio con gli ultimi due episodi.

La crescita porta con sé tre fondamentali processi, strettamente correlati fra loro: la trasformazione, la separazione e la scoperta della verità. Non è quindi un caso che il volume 1 di Stranger Things 4, incentrato proprio sulla crescita dei ragazzi di Hawkins, verta principalmente su queste tematiche, sui loro lati positivi e (soprattutto) sulle loro conseguenze negative. I 7 episodi arrivati su Netflix il 27 maggio (a cui seguiranno l’1 luglio gli ultimi due della stagione) sono l’arco narrativo più ambizioso dell’intera serie, sotto tutti i punti di vista: un budget di 30 milioni di dollari a puntata, la durata degli episodi paragonabile a quella di un film (il finale di stagione durerà addirittura 150 minuti), un tono molto più cupo e sinistro rispetto alle stagioni precedenti e soprattutto tanta voglia di osare, con l’intreccio di svariate sottotrame.

Come accennavamo poc’anzi, uno dei fili conduttori di Stranger Things 4 è la separazione. La separazione dai loro amici di Undici, Will e Jonathan, partiti per la California e alle prese con gravi problemi di ambientamento, ma anche la separazione dal resto del mondo di Hopper che, come anticipato dalla campagna promozionale, è ancora vivo ma prigioniero dei sovietici in una remota località. Mentre a Hawkins il Sottosopra torna a farsi sentire con una nuova minaccia soprannaturale, che porta diversi ragazzi della città a un’orribile e inspiegabile morte, i protagonisti devono fare i conti con gli altri due processi che contraddistinguono il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, la trasformazione e la ricerca della verità.

Trasformazione che porta alla rottura e alla rinascita di relazioni e amicizie, sulla spinta del repentino mutamento delle circostanze e delle rispettive passioni, verità che sprona invece i ragazzi a interrogarsi sulla loro vera natura e sulle loro necessità.

Stranger Things 4: le spaventose avventure della Compagnia di Hawkins

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Prendiamo in prestito l’esplicita citazione a Il Signore degli Anelli (che nel 1986 in cui è ambientato Stranger Things 4 non ha ancora avuto una degna trasposizione sul grande schermo) per dare al sempre più ampio gruppo di protagonisti il nome di Compagnia di Hawkins. Un parallelo solo apparentemente forzato, dal momento che il gruppo di personaggi cresciuti insieme nell’arco di tre stagioni è in questo caso sorprendentemente frammentato: in alcuni frangenti siamo arrivati a contare ben 6 gruppetti simultanei, ognuno con una propria missione da svolgere. Il tempo garantito dal lungo e forzato stop dovuto alla pandemia ha però portato i suoi frutti, dal momento che al netto di alcune sottotrame meno convincenti (in particolare quelle degli adulti) Stranger Things 4 dimostra coerenza e solidità narrativa, senza fare pesare un minutaggio complessivo che, solo per il volume 1, supera le 9 ore.

La Compagnia di Hawkins ha parecchi problemi con cui confrontarsi, sia all’interno che all’esterno. A farla da padrona è proprio Undici, che tocca con mano la piaga sociale del bullismo proprio nel momento in cui è più fragile, con i suoi poteri che sembrano definitivamente scomparsi e i fantasmi del suo passato pronti a tornare a galla. Dopo il senso di isolamento emerso nel corso della terza stagione, anche Will è alle prese con un proprio complesso percorso di accettazione della verità, mentre Mike, Dustin e Lucas si confrontano con l’inevitabile allentamento di rapporti che sembravano dover durare in eterno, dovuto soprattutto al cambiamento di compagnie e di hobby.

L’unico personaggio che non ha problemi con la verità (e che paradossalmente finisce nei guai per una colossale menzogna) è la sorprendente new entry Eddie Munson (Joseph Quinn): metallaro dal cuore tenero, fucina di riferimenti pop e vera e propria scheggia impazzita della Compagnia.

Fra It e Nightmare

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Cr. Courtesy of Netflix © 2022

La ricerca della verità sulla orribile scia di sangue che si stende su Hawkins porta i protagonisti sulle tracce di Victor Creel, misterioso cittadino rinchiuso da anni in un istituto psichiatrico, e di Vecna, entità del Sottosopra responsabile di questi atroci crimini. Dando seguito alla vena derivativa e citazionista di cui è intrisa la serie, i fratelli Duffer e i loro collaboratori danno vita a una minaccia ambigua e sinistra, chiaramente ispirata a due opere di culto dell’epoca come It di Stephen King e la saga di Nightmare di Wes Craven. Ne sono una prova l’idea del male che emerge ciclicamente a seminare morte in una piccola comunità e gli incubi a occhi aperti che conducono a una morte reale ed estremamente violenta, sottolineati da un efficace e calzante cameo di Robert Englund, interprete del leggendario Freddy Krueger.

Proprio come le due sopracitate opere, Stranger Things 4 immerge una storia dell’orrore dai risvolti particolarmente macabri all’intento un classico racconto di formazione dai molteplici volti, in un’ideale parallelo fra la stagione della vita in cui ci si sente più soli e fragili e un demone che scava nei più reconditi anfratti della mente dei ragazzi, utilizzando proprio le loro debolezze per condurli alla morte. Anche se i picchi emotivi della terza stagione per ora sono ancora lontani, il risultato è un’opera con pochi eguali all’interno del panorama seriale contemporaneo, capace di costruire un notevole arco di crescita e trasformazione dei personaggi e di lavorare egregiamente sull’immagine, strizzando l’occhio all’impareggiabile Halloween – La notte delle streghe di John Carpenter, flirtando con la ghost story e traendo forza da una sottotrama cospirazionista sempre più lugubre.

Stranger Things 4: il Sottosopra è dentro di noi

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Cr. Courtesy of Netflix © 2022

Il maggiore pregio del volume 1 di Stranger Things 4 non è però tanto la capacità di fare vero e proprio cinema sotto forma di serialità o l’ennesima riuscita operazione nostalgia degli anni ’80, quanto piuttosto il desiderio di parlare ai ragazzi di oggi e ai ragazzi di poco o tanto tempo fa, in una toccante rielaborazione dell’adolescenza. Fra mostri e agghiaccianti visioni, emergono i veri demoni della nostra vita, sotto forma di emarginazione, incapacità di comunicare, timore di non essere compresi e difficoltà di accettare verso tutto ciò che esce dagli schemi prestabiliti, come una sessione di Dungeons & Dragons o un sentimento talmente dolce e intenso da non riuscire a esprimerlo con le parole. Il Sottosopra in fondo è dentro ognuno di noi, ma con l’aiuto di chi ci vuole bene e delle passioni che ci ispirano possiamo riuscire a sconfiggere qualsiasi minaccia.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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