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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

L’omicidio di Civitanova Marche e noi. Cosa ci sta succedendo?

Violenza e responsabilità, reale e virtuale

Una leggenda metropolitana vuole che da qualche parte una bambina si sia trovata per alcuni istanti di fronte a un cane dall’atteggiamento non proprio amichevole.

La bambina, nella speranza che il cane si dileguasse, ha mosso più volte in aria il polpastrello del pollice, facendogli compiere un rapido arco. Esattamente come quando si vuole cambiare immagine su uno smartphone.

L’aneddoto, vero o meno che sia, è esemplificativo di almeno due aspetti allarmanti del presente. Di quanto siamo tutti assuefatti a smartphone e affini, e di quanto la nostra assuefazione rischi di farci perdere di vista il confine tra reale e virtuale.

Con la conseguenza di avere un atteggiamento sempre più passivo nei confronti dell’esistenza vera, per poi accenderci e rivitalizzarci solo quando stiamo chattando o abbiamo indossato un visore di realtà virtuale.

Queste contraddizioni sono drammaticamente emerse con l’omicidio di Civitanova Marche, e con ciò che è capitato nei suoi dintorni temporali.

Ricordiamo brevemente cosa è accaduto, e poi proviamo ad analizzare la vicenda.

dipendenza smartphone

L’omicidio di Civitanova Marche

Senza tornare su un penoso episodio di cui sono piene le cronache dei giornali, rammentiamo solo che nella giornata di venerdì 29 luglio il cittadino nigeriano Alika Ogorchukwu, reo di aver chiesto l’elemosina con eccessiva insistenza, è stato ucciso dal cittadino italiano Filippo Ferlazzo. Che lo ha picchiato con la stampella usata dal nigeriano per sorreggersi, e nei successivi 4 minuti lo ha finito a mani nude.

La sproporzione della violenza

La brutale aggressione di Ferlazzo ai danni di Ogorchukwu è solo l’aspetto più evidente della vicenda.

Ferlazzo nel recente passato ha subito un trattamento sanitario obbligatorio, e la sua diagnosi parla di sindrome bipolare con comportamenti psicotici.

Ci si è subito divisi tra giustizialisti e garantisti, ma in pochissimi hanno sottolineato un aspetto inquietante. Ovvero la sproporzionata reazione a una presunta eccessiva insistenza da parte di Alika Ogorchukwu nel chiedere denaro.

Simili esplosioni di violenza, a prescindere dal grado di lucidità dell’aggressore, sembrano provenire da una società senza norme morali. Anzi: da un videogioco sparatutto in cui l’eroe di turno ha il compito di autoproclamarsi sceriffo dell’umanità, e di abbattere chiunque interferisca con la sua missione.

La reazione dei presenti

Abbiamo esagerato, e siamo scaduti in una retorica un po’ semplificatoria? La questione riguarda solo un individuo con disturbi mentali?

Se così fosse, chiunque avesse assistito alla scena avrebbe dovuto prendere risolutamente posizione in favore di Alika Ogorchukwu. Ma non siamo nella realtà, siamo nell’universo virtuale. In cui, per quanto il videogioco sia realistico, mentre l’eroe spara al nemico o lo colpisce con le armi in dotazione, gli altri personaggi sono solo fondale.

Ma anche questa interpretazione è ottimistica. Dal momento che non c’è stata piena passività, da parte delle persone che hanno assistito all’omicidio di Civitanova Marche. C’è stato anche chi ha filmato l’intera scena con lo smartphone.

A costui o costei, curiosamente, nessuno (ci pare) finora ha chiesto perché. Perché si è filmato un pestaggio culminato con l’uccisione di una persona? Per condividere poi con gli amici un accadimento eccezionale? Perché tutto ormai è meme, ed è motivo di grande orgoglio – per una volta – non essere il ricevente ma il mittente di un contenuto social strabiliante?

Se fossero state nella realtà, le persone presenti avrebbero dovuto almeno chiamare immediatamente le forze dell’ordine. O prodigarsi per fermare l’aggressore. E qui siamo a un punto cruciale: quello della responsabilità.

L’omicidio di Civitanova Marche e il tema della responsabilità

Intervistato da Repubblica, uno dei testimoni oculari del pestaggio ha raccontato la propria versione. È uno di quelli che, nel video che ormai ha fatto il giro della rete (e nel quale c’è chi, a pochi metri dall’aggressione, passeggia amabilmente con un cane), si è limitato a un flebile e lapalissiano: “Così lo ammazzi!”. Qualcun altro, adoperando un linguaggio da Collodi (ma d’altronde eravamo nella finzione, no?) ha esclamato: “Arrivano le guardie!”, mentendo come quando ai bambini si dice che se non fanno i bravi arriva il Babau.

Ebbene, costui ha affermato candidamente di non essere intervenuto perché “quel tipo era feroce”. Dimenticando che essere cittadini, e ancor prima essere persone, significa – soprattutto nei casi di emergenza – non sottrarsi alle proprie responsabilità civiche, etiche, umane.

Purtroppo non si può sempre stare con il climatizzatore acceso a vedere una serie TV su Netflix sgranocchiando patatine. Càpita di dover prendere decisioni improvvise e rischiose, che possano anche mettere a repentaglio la propria incolumità. Tutto questo, naturalmente, se fossimo nella vita reale.

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L’omicidio di Civitanova Marche, gli smartphone e i social

Ma siamo in un mondo nel quale è vero ciò che passa attraverso lo schermo di un device. Chissà, forse è questo il motivo per cui uno degli astanti ha filmato l’omicidio: perché solo così, riguardandolo poi in solitudine, avrebbe potuto persuadersi di aver assistito alla verità.

Tuttavia l’omicidio di Alika Ogorchukwu non è esemplificativo solamente del fatto che ormai siamo noi gli strumenti dei nostri device e non viceversa. Si pensi alle accuse incrociate di strumentalizzazione della vicenda tra noti esponenti del giornalismo e della politica italiana (tralasciando alcuni commenti a dir poco in odore di razzismo che sono circolati nelle scorse ore sulle varie piattaforme).

La sensazione è che il folle omicidio in sé è importato a pochi. Mentre attenzione massima è stata data all’episodio come avvenimento social. Un avvenimento che si può filmare e diffondere, che si può commentare ostentando la propria posizione morale e, appunto, politica. Siano i commentatori cittadini comuni o personaggi pubblici.

Insomma: la domanda vera, all’indomani dell’allucinante omicidio di Ogorchukwu, non è: Cosa è successo a Civitanova Marche? Bensì: Cosa ci sta succedendo?

Anzi: Cosa ci è successo?

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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