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Videogiochi

ICO vent’anni dopo: l’avventura immortale di Fumito Ueda

Il 6 dicembre 2001 usciva un videogioco che ha contribuito più di tanti altri suoi colleghi a fare la storia del medium videoludico: ci stiamo riferendo ovviamente a ICO, un titolo firmato da Fumito Ueda è che ha spianato la strada a diversi prodotti dalla stessa anima intimista. In occasione del suo ventesimo compleanno cerchiamo quindi di capire come mai questo videogioco è così importante.

ICO vent’anni dopo: il capolavoro di Fumito Ueda

ICO potrebbe essere visto come una favola piuttosto classica nella sua costruzione, che nella sua semplicità, però, riesce a parlare di tanti temi e anche con un certo impatto narrativo. Nel gioco troviamo solo tre personaggi: il primo è ICO, che dà il nome al titolo in quanto protagonista ed è un ragazzo destinato ad essere sacrificato per via delle corna sulla sua testa.

Il secondo personaggio è Yorda, una ragazza misteriosa che parla in una lingua a noi sconosciuta e che dovremo aiutare a fuggire dal castello in cui siamo prigionieri. Il terzo personaggio infine è la Regina delle ombre, colei che controlla il castello e i suoi sfuggenti abitanti che daranno la caccia al duo principale.

Il fulcro del titolo, come già si evince da queste poche righe, si basa sul concetto di libertà, che i due protagonisti non sembrano destinati ad ottenere. Il loro destino infatti è quello della prigionia, in ICO per via delle sue corna, una vera e propria maledizione di cui non può liberarsi, e in Yorda a causa della madre, proprio la regina, che la ha generato solo per impossessarsi del suo corpo.

Ma ICO è molto più di una semplice riflessione sulla libertà, dato che il castello della Regina delle ombre rappresenta, in un certo senso, un luogo di reclusione per la sovrana stessa, il cui unico obbiettivo sembra quello di rimanere rinchiusa in quel luogo volontariamente, per preservare la sua vita il più a lungo possibile. Segno evidente di come sia facile distorcere il nostro senso della realtà vivendo in completa solitudine.

Non è un caso che la copertina del gioco sia un esplicito riferimento alle opere di Giorgio de Chirico, con la sua estetica della metafisica, in cui le architetture sovrastano completamente i protagonisti.

Una tomba e una prigione

Per ICO quindi il castello altro non è che una tomba, per Yorda invece è una prigione vera e propria. I due intravedono una flebile speranza solo grazie al loro incontro, che potrebbe rendere possibile la fuga verso l’esterno della fortezza, in un mondo vivo e vibrante, non delimitato da alte mura innalzate dalla Regina, una metafora piuttosto esplicita della sua stessa natura.

Il castello quindi è un emblema della staticità a cui fa da contraltare il mondo esterno, ovvero il luogo dove il nostro duo vuole dirigersi. E’ proprio il loro incontrarsi che ha dato anche la forza ai due di muoversi, liberandosi dalla stagnazione della loro condizione. D’altronde è con l’incontro con il diverso che nasce qualcosa di nuovo, e ICO, nella sua semplicità, spiega proprio questo.

ICO Fumito Ueda

ICO rimane ancora oggi una delle esperienze videoludiche più squisitamente autoriali che siano mai arrivate sulle nostre console e non è un caso che a distanza di vent’anni ne parliamo ancora con affetto e passione. Questo nonostante un lancio non propriamente brillante in termini di copie vendute.

Fortunatamente questo non è bastato a fermare Ueda, che ci ha regalato pochi anni dopo Shadow of the Colossus, un altro prodotto unico nel panorama videoludico che rifletta sui limiti dell’egoismo umano. Molti anni dopo, dopo uno sviluppo a dir poco travagliato, è arrivato anche The Last Guardian, che fonde le tematiche presenti nei due giochi precedenti per creare qualcosa di nuovo, un po’ come l’incontro tra ICO e Yorda.

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Francesco Castiglioni

Incallito videogiocatore, appassionato soprattutto di Souls e Monster Hunter, nonché divoratore di anime e manga. Scrivere di videogiochi è la mia vocazione e la porto avanti sia qui su Tech Princess che sul mio canale YouTube.

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