Meta ha ricevuto una multa da 1,2 miliardi di euro da parte della commissione europea per la protezione dei dati degli utenti: l’azienda avrebbe violato la normativa UE per la privacy – il GDPR. L’organismo europeo ha già multato meta cinque volte, ma questa risulta particolarmente salata.
AGGIORNAMENTO 23/05/23: Abbiamo aggiunto il commento sulla vicenda di Meta.
Meta, multa da €1,2 miliardi per aver violato le norme sulla privacy
Meta, la società che possiede i social network Facebook e Instagram, ha ricevuto una multa di 1,2 miliardi di euro dalla Data Protection Commission (DPC). Questo è l’organo irlandese che si occupa di privacy e che rappresenta l’Unione Europea in questo ambito.
La multa arriva perché l’azienda americana avrebbe violato il regolamento generale dell’Unione Europea sulla protezione dei dati (conosciuto come GDPR). In particolare, l‘organismo contesta il trasferimento di dati personali degli utenti europei negli Stati Uniti.
Questa è la quinta volta che la DPC multa Meta per aver infranto il GDPR: l’ultima volta era stato a gennaio, con una sanzione di 390 milioni di euro. Meta ha fatto ricorso contro tutte le multe e le ha sospese in attesa del giudizio. Al momento, quindi, non ha ancora pagato: ma la cifra ottenuta sommando le varie multe è più che miliardaria.
La società di Mark Zuckerberg ormai da tempo sta provando a trovare soluzioni sul GDPR con l’Europa con scarsi risultati. Resta da vedere cosa penseranno i giudici delle multe decise dai regolatori europei. Vi terremo aggiornati.
La risposta di Meta
Meta ha risposto sul proprio blog sottolineando come la possibilità di trasferire dati dall’UE agli USA sia fondamentale per moltissimi business. Non si tratterebbe di problemi di privacy ma di un conflitto fra le leggi americane e quelle europee, che i legislatori dovrebbero risolvere in estate.
Nick Clegg, President, Global Affairs di Meta e Jennifer Newstead, Chief Legal Officer di Meta spiegano: “La capacità di trasferire i dati oltre confine è fondamentale per il funzionamento dell’Internet aperta globale. Dalla finanza e dalle telecomunicazioni ai servizi pubblici critici come l’assistenza sanitaria o l’istruzione, il libero flusso di dati supporta molti dei servizi su cui ci affidiamo. Migliaia di aziende e altre organizzazioni puntano sulla capacità di trasferire dati tra l’UE e gli Stati Uniti per operare e fornire servizi che le persone utilizzano ogni giorno”.
Secondo i dirigenti di Meta, senza la possibilità di trasferire i dati “Internet rischia di essere suddiviso in silos nazionali e regionali, limitando l’economia globale e lasciando i cittadini di diversi paesi impossibilitati ad accedere a molti dei servizi condivisi su cui facciamo affidamento”.
La critica alla decisione
Meta contesta la decisione perché: “Il DPC ha inizialmente riconosciuto che Meta aveva continuato i suoi trasferimenti di dati UE-USA in buona fede e che una sanzione sarebbe stata inutile e sproporzionata. Tuttavia, l’EDPB ha annullato questa decisione, che ha anche scelto di ignorare i chiari progressi che i responsabili politici stanno facendo per risolvere questo problema di fondo. Questa decisione è errata, ingiustificata e costituisce un pericoloso precedente per le innumerevoli altre società che trasferiscono dati tra l’UE e gli Stati Uniti“.
L’azienda americana sottolinea anche: “In un momento in cui Internet si sta fratturando sotto la pressione dei regimi autoritari, le democrazie che la pensano allo stesso modo dovrebbero lavorare insieme per promuovere e difendere l’idea di Internet aperto. Nessun paese ha fatto più degli Stati Uniti per allinearsi alle regole europee attraverso le loro ultime riforme, mentre i trasferimenti continuano in gran parte incontrastati verso paesi come la Cina.“
Il ricorso, ma nessuna interruzione di servizio
Ma assicura: “Non ci sono interruzioni immediate per Facebook perché la decisione include periodi di implementazione che dureranno fino alla fine di quest’anno. Intendiamo impugnare sia la sostanza della decisione che i suoi ordini, inclusa la multa, e ricorreremo ai tribunali per sospendere i termini di attuazione.“
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