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Alla scoperta delle piste ciclabili

Quando nascono, di che materiali sono fatte, quante ce ne sono in Italia e nel mondo, quali le più notevoli

Le piste ciclabili sono il sogno di tutti. O almeno, di tutti gli abitanti di qualunque città o paese che abbiano a cuore la vita attiva, l’ecologia, la socialità e la bellezza.

Scopriamo qualcosa in più sulle piste ciclabili, dalla normativa che le riguarda ai materiali di costruzione. E vediamo com’è la loro salute, in Italia e nel mondo.

Cosa sono le piste ciclabili

Per scoprire cosa sono le piste ciclabili, non c’è nulla di più semplice e sicuro che affidarsi alla legislazione. Nel 2003 il Codice della strada italiano ha stabilito che un itinerario ciclopedonale è una “strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada”.

La pista ciclabile è “la parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi”.

Nelle piste ciclopedonali la circolazione di velocipedi e pedoni può essere separata o promiscua.

Vale la pena di notare come nel Codice non si parli di biciclette ma di “velocipedi”. Il nome indica una categoria di cui fanno parte bici, tandem, risciò, monopattini tradizionali ed elettrici.

I materiali di costruzione

Per garantire scorrevolezza, aderenza, protezione e ridotta manutenzione, la maggior parte delle piste ciclabili è in conglomerato bituminoso. Un’alternativa più costosa ma di migliore resa estetica è data dal massello di calcestruzzo autobloccante.

Sempre più ciclabili vengono poi prodotte con materiali riciclati. Due esempi? Dal riutilizzo delle bottiglie di plastica sono nate, tra le altre, la pista olandese di Zwolle e quella italiana di Follonica.

bambini in bicicletta

La storia delle piste ciclabili

È improprio parlare di storia delle piste ciclabili, che in un certo senso esistono da sempre. La loro storia potrebbe quindi essere fatta partire da quando la prima bicicletta ha pedalato, oppure – ed è forse più sensato – da quando le piste ciclabili stesse sono state normate.

Si inizia a parlare di “corsia per velocipedi” e “pista per velocipedi” nel 1968, con la Convenzione di Vienna sulla circolazione stradale e con la Convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale.

Già allora nasceva una distinzione importante: quella tra una strada a uso esclusivo delle biciclette (pista) e una potenzialmente occupabile anche con altri mezzi di trasporto (corsia).

La normativa in Europa e in Italia

Essendo materia di competenza dei singoli Stati membri, non esiste in Europa una normativa sulle piste ciclabili. Tuttavia alcuni documenti contengono norme imprescindibili sulla ciclabilità. Tra questi ricordiamo almeno la Carta di Bruxelles del 2009, il Libro Bianco dei trasporti del 2011 e la Carta di Lussemburgo del 2015.

Le norme fondamentali per la ciclabilità in Italia si trovano nel Nuovo codice della strada, del 1992. Nel codice ci sono svariate indicazioni sulla segnaletica, le misure, gli standard di progettualità, la sicurezza eccetera.

Non solo piste

Importante rimarcare, come recita la normativa, che le infrastrutture sulla ciclabilità non comprendono solo le piste. Nella città ideale, assieme alle piste ciclabili dovremmo trovare cicloparcheggi, bike sharing, aree di sosta, aree di servizio a aree ristoro come i bicigrill.

Le piste ciclabili in Europa e in Italia

La rete europea EuroVelo unisce tutti i paesi europei e ha uno sviluppo di circa 70.000 chilometri. I diciassette percorsi internazionali hanno una lunghezza media di 5.000 chilometri. Va aggiunto che questa imponente rete è già tutta tracciata ma solo parzialmente realizzata.

Così come la rete nazionale BicItalia, che una volta ultimata conterebbe su ben 18.000 chilometri di percorsi.

ciclabile dissestata

Le piste ciclabili in Italia: vizi e virtù

Numeri a parte, a chiunque di noi è capitato di vedere una o più volte piste dismesse, danneggiate o concepite in luoghi nei quali è impervio o impossibile  pedalare. Quando non addirittura accedere.

La situazione è lo specchio di un atteggiamento mentale ancora poco propenso a concepire lo spostamento tramite bicicletta come il futuro della mobilità. Un futuro con meno emissioni di Co2, con un’obesità media della cittadinanza meno allarmante di quanto non lo sia oggi, e magari con ritmi meno frenetici.

Per prendere un solo esempio, la percentuale degli spostamenti in bicicletta in Italia corrisponde al 5% del trasporto complessivo, contro il 31% della Danimarca.

E dire che sempre più italiani stanno scegliendo la bicicletta per muoversi. E che proprio in Italia, a Pavia, esiste una pista ciclabile all’avanguardia. Esattamente come ad Amsterdam e nella città polacca di Lidzbark, lungo il Ticino corre una pista che si illumina al buio, diventando blu fosforescente. Questo grazie a una particolare resina che ricopre l’asfalto, capace di assorbire i raggi del sole.

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Le piste più belle e strane

Tra le piste ciclabili più belle del mondo, va senza dubbio annoverata quella di Auckland, in Nuova Zelanda. Si tratta di un’ex autostrada convertita in ciclabile che attraversa la città. Caratteristica decisamente vistosa è la sua pavimentazione rosa fluo, per via di una resina antiscivolo.

E come dimenticare la pista ciclabile sopraelevata di Xiamen, in Cina, dove si pedala per sette chilometri fra i grattacieli. O la Pista dei due Mari, 700 chilometri di pista in territorio francese che collegano l’Atlantico con il Mediterraneo.

O ancora i suggestivi 51 chilometri della Van Gogh Path. È una ciclabile voluta dal designer olandese Daan Roosegaarde ed è stata realizzata a Neunen, città in cui il grande pittore ha vissuto dal 1883 al 1885.

Con la speranza che da tante ammirevoli piste ciclabili isolate si possa arrivare un giorno a una viabilità globale in larga percentuale basata sulla ciclabilità. I vantaggi per il benessere personale, della collettività e del pianeta sarebbero svariati. Ed enormi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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