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Lo smart working potrebbe non durare a lungo

Il concetto di lavoro flessibile è uno dei retaggi della pandemia che ci stiamo ancora portando dietro. C’è chi lo chiama telelavoro, chi smart working. A distanza di due anni dal primo lockdown, quando la scelta era pressochè forzata, il lavoro ibrido è diventato parte integrante della quotidianità di molte aziende italiane (e non).

Una recente indagine commissionata da Linkedin e condotta da YouGov ci rivela che le conquiste del periodo pandemico potrebbero lasciare spazio a nuovi trend. La ricerca è stata condotta tra il  21 settembre 2022 e il 17 ottobre 2022 su un campione di 2.929 dirigenti (C-Suite) in oltre 17 Paesi del mondo, tra cui anche l’Italia.

La ricerca di Linkedin: lo smart working potrebbe presto diventare il passato

In un periodo di forte incertezza economica, con una crisi energetica che avanza e che ancora deve raggiungere il suo picco, quello che ci sembrava il futuro del lavoro rischia di diventare presto il passato. In Italia il 34% delle aziende ha già ridimensionato i propri piani per le assunzioni, mentre il 25% le ha addirittura completamente bloccate. Il 27% delle aziende ha anche ridotto i fondi per la formazione professionale dei dipendenti.

Per il 71% dei C-level lo smart-working è destinato a rimanere una forma di lavoro anche in futuro, magari in versione ibrida. Ma il dato è tutto meno che rassicurante: il 60% è preoccupato per una probabile riduzione di questa modalità, il che avrebbe ricadute negative tanto sull’equilibrio tra vita professionale e privata che sulla motivazione dei dipendenti. Dalla ricerca emerge che il 36% delle aziende ha già programmato una riduzione delle modalità di lavoro flessibili e ibride.

Stando al report Global Talent Trends di LinkedIn le attuali priorità dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, oltre la retribuzione, sono proprio: flessibilità, sviluppo delle competenze ed equilibrio tra lavoro e vita privata. Una serie di requisiti che sembrerebbero essere destinati a crollare a fronte dell’attuale crisi economica.

Ma non è finita qui. Il 60% dei C-level italiani teme che la crisi possa incrementare ulteriormente il divario di competenze tra i lavoratori. Per oltre la metà degli intervistati sarà ancora più importante possedere un titolo universitario per trovare opportunità professionali. Una prospettiva decisamente pericolosa per l’Italia, che è caratterizzata dall’alto tasso di disoccupazione giovanile e da un basso numero di laureati. Un mix esplosivo che si manifesta in problemi strutturali e radicati, che erano emersi anche prima della pandemia e dell’attuale crisi.

E i dipendenti cosa ne pensano?

Il 35% dei dirigenti intervistati ha dichiarato che, nella propria realtà, i dipendenti stanno chiedendo supporto finanziario a fronte dell’aumento dei costi di vita. Il 46% si dichiara preoccupato per lo stress finanziario a cui sono sottoposti i propri lavoratori.

Come uscirne quindi? L’indagine ci rivela che il 33% degli intervistati ritiene che le skill indispensabili siano la capacità di comunicare, il problem solving, la trasparenza e l’empatia. I dirigenti ritengono che le figure professionali debbano possedere competenze trasversali. Una percezione che trova riscontro nel 78% delle offerte di lavoro pubblicate a livello globale su LinkedIn negli ultimi tre mesi.

“Fiducia, flessibilità sul lavoro, equilibrio tra vita privata e professionale, sviluppo di nuove competenze e creazione di nuove opportunità di carriera all’interno dell’azienda sono aspetti fondamentali sui quali non si possono fare passi indietro” commenta Marcello Albergoni, Country Manager di LinkedIn Italia. “Sono punti cruciali per un ambiente di lavoro inclusivo ma anche per costruire aziende diversificate e resilienti, in grado di adattarsi a un mondo in rapida evoluzione. Al primo posto devono sempre esserci le persone, il loro talento e la loro crescita. Il supporto delle aziende è fondamentale in un momento in cui sono sottoposte allo stress e all’incertezza dovuti all’aumento generalizzato dei costi della vita. Crediamo infine che il rapporto datore di lavoro – dipendente debba essere di scambio reciproco tale per cui i dipendenti dovrebbero essere resi partecipi del business, incarnando i valori dell’azienda e investendo su se stessi attraverso competenze e una comunicazione trasparente”.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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