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Un nuovo modo di pensare e di fare scienza: scegliere la prospettiva di genere

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Un luogo comune vuole che nelle famiglie siano quasi sempre le donne a cucinare, ma i grandi cuochi siano tutti uomini (e qui sarebbe lecito domandarsi come mai).

Un altro stereotipo vuole che i grandi scienziati siano uomini. È proprio vero?

Ricordiamoci, intanto, del cosiddetto Effetto Matilda, di cui vi abbiamo parlato recensendo un altro volume: ossia quel fenomeno di distorsione sociale per cui i risultati di ricerche o le scoperte scientifiche compiute da donne vengono attribuite a uomini.

Sui restanti motivi alla base di questo stereotipo ragionano Nastassja Cipriani ed Edwige Pezzulli in Oltre Marie. Prospettive di genere nella scienza, uscito per Le plurali nel settembre del 2023 (prefazione di Patrizia Caraveo).

Oltre Marie: Prospettive di genere nella scienza. La nostra recensione

Le autrici e la casa editrice

Come nostro solito, iniziamo da un cenno alle autrici dell’opera.

Nastassja Cipriani è co-fondatrice di WeSTEAM e assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Torino. Mate­matica e insegnante, si occupa di parità di genere nella scienza, discrimi­nazione delle donne nell’accademia ed epistemologia femminista.

Edwige Pezzulli, co-fondatrice di WeSTEAM, è assegnista di ricerca presso l’Isti­tuto Nazionale di Astrofisica e comuni­catrice scientifica. È autrice e conduttrice RAI di Superquark+ e Scienziate. Ha pubblicato il libro Apri gli occhi al cielo (Mondadori 2019).

Le plurali è una casa editrice “femminista, indipendente, intersezionale, curiosa” che pubblica volumi di saggistica e narrativa esclusivamente di autrici.

Oltre Marie: prospettive di genere nella scienza

Oltre Marie, dicevamo.

Ed eravamo rimasti allo stereotipo iniziale, che non è – spiegano le autrici – poi troppo distante dalla realtà. Ma se ci ricordiamo di poche donne scienziate non è perché, come ha avuto modo di dire Piergiorgio Odifreddi in un’intervista riportata in parte nel libro – “ci sono innegabilmente discipline più vicine alle scienze della vita, a cominciare dalla medicina. Le donne biologicamente hanno determinate propensioni” (p. 43).

Semmai, come spiegano Cipriani e Pezzulli, uno dei motivi principali è l’invisibilizzazione delle donne, cioè un atteggiamento culturale e sociale che ha impedito loro di avere il giusto riconoscimento e la valorizzazione delle loro ricerche e scoperte.

Breve digressione. Odifreddi è peraltro in nutrita (e nobile) compagnia: anche Charles Darwin aveva dichiarato le donne superiori agli uomini in qualità morali, ma inferiori intellettualmente.

Gli stereotipi

Gli stereotipi, appunto. Quelli di genere, lo sappiamo, iniziano assai presto, ancora prima della scelta dei presunti giocattoli da bambino e da bambina. Cominciano già dal modo in cui ci rapportiamo ai neonati, e ci accompagnano per tutta la vita, provocando le cosiddette profezie che si autoavverano (donne che, non sentendosi all’altezza degli uomini, si emarginano da sé, a partire dalle scuole elementari, dove le bambine hanno mediamente un atteggiamento più passivo rispetto ai bambini).

Oltre Marie, in questo senso, riporta una grande quantità di esempi e di studi.

Gli stereotipi, poi, si autoalimentano. E “saremo portate a percepire più autorevolezza in una persona se il suo genere è in linea con quello legato all’attività che ci aspettiamo svolga (una maestra d’asilo, un capo d’azienda). Ci apparirà più credibile, in definitiva, chi rientra nello stereotipo” (p. 29).

Occhio alle semplificazioni

Basterebbe una presenza numericamente maggiore delle donne in posizioni apicali per risolvere il problema, e offrirci una nuova scienza, addirittura una nuova società?

Niente affatto, se le donne suddette replicano, una volta ottenuto il potere, le dinamiche viziate da stereotipi. Esempio clamoroso riportato in Oltre Marie è quello di Margaret Thatcher, ex premier britannica, che aveva preso lezioni da una vocal coach per abbassare di 60 hertz la frequenza della propria voce, così da renderla più possente. Più maschile, insomma.

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La pluralità

La proposta che conclude Oltre Marie è tanto semplice quanto suggestiva. Dal momento che ogni prospettiva sul mondo è personale, dunque parzialissima (ed è pressoché impossibile non essere vittima di più o meno striscianti stereotipi), ecco che la soluzione – in ambito scientifico, ma lo si può estendere a qualunque altro settore – corrisponde a una parola: pluralità.

“Una scienza più plurale sarà una scienza più preparata a identificare quei punti ciechi causati da un’unica prospettiva parziale dominante” (pp. 140-1).

Dove però la pluralità non è da intendere come “una semplice celebrazione della differenza” (p. 141) bensì come “una condizione indispensabile per la costruzione di un sapere più ricco e strutturato, e un apparato d’indagine più robusto” (ibid.)

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