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Il Ceo Sam Altman ci ripensa: OpenAI non lascerà l’Ue

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Nonostante i suoi trentotto anni, Sam Altman – cofondatore e Ceo di OpenAI – ha del tutto chiare le potenzialità e soprattutto l’appeal della sua azienda.

È OpenAI, infatti, che dal 30 novembre del 2022 (giorno del lancio di ChatGPT) sta popolando il mercato di chatbot conversazionali sempre più raffinati. E sono ormai innumerevoli i nostri articoli su quanto l’intelligenza artificiale generativa (ovvero in grado di produrre nuovi contenuti) sia già, e sempre più sarà, pervasiva delle nostre vite.

Prima questione, dunque: l’IA, che piaccia o spaventi, è destinata ad avere un ruolo sempre più centrale nella nostra quotidianità.

Seconda e delicatissima questione, anch’essa da noi affrontata in svariati articoli: il rapporto tra le mirabolanti prestazioni dell’intelligenza artificiale generativa e la necessità di darsi – anzi, darle – delle regole.

E qui, la spiccata attenzione dell’Europa nell’ambito della salvaguardia dei diritti degli utenti ha urtato Sam Altman.

Al punto che, in un primo momento, avrebbe minacciato di escludere OpenAI dall’Ue. Salvo poi aver fatto dietrofront. Ricostruiamo la cronologia della vicenda.

OpenAI minaccia di lasciare l’Ue

Il problema, se così vogliamo chiamarlo, è l’Artificial Intelligence Act, abbreviabile in EU AI Act.

Che, come leggiamo nella home page del sito ufficiale, è “una proposta di legge europea sull’intelligenza artificiale, la prima legge al mondo sull’IA da parte di un importante organismo regolatore. La legge assegna le applicazioni dell’IA a tre categorie di rischio.”

Anche se difficilmente la proposta diventerà legge entro il 2023, l’EU AI Act ha già destato “forti preoccupazioni” ai vertici di OpenAI.

Perché certamente tra i suoi obiettivi c’è la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. Che si declinerà in una serie di obblighi di trasparenza per le aziende del settore. Trasparenza sia per quanto riguarda la progettazione che soprattutto il trattamento dei dati degli utenti.

Sembra bizzarro alle orecchie di noi europei, ai quali paiono naturali entrambe le richieste. Ma ricordiamoci che oltreoceano le regole in questo ambito sono molto meno severe.

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Le dichiarazioni di Sam Altman

Ecco dunque che Sam Altman, come abbiamo scritto altrove, sarebbe pronto a rendere inagibile OpenAI nell’Ue se il quadro normativo dell’EU AI Act fosse particolarmente penalizzante per la sua società.

Diciamo sarebbe, perché successivamente è arrivata una sorta di dietrofront. Curiose, le preoccupazioni palesate da Altman al Financial Times contro la proposta di legge europea. Perché lo stesso Ceo, pochi giorni prima, al Senato americano si era espresso in modo del tutto differente.

Le parole di Altman al Senato Usa

In un articolo del 17 maggio vi abbiamo riportato le dichiarazioni di Sam Altman al Senato americano.

Dove il Ceo di OpenAI ha addirittura detto che per l’intelligenza artificiale serve la stessa cautela adottata per il nucleare, per “ridurre i pericoli” di questa tecnologia.

Secondo quanto detto da Altman al Senato, l’IA “ha il potenziale per migliorare praticamente ogni aspetto della nostra vita, ma crea anche seri rischi. Uno dei miei più grandi timori è che questa industria, questa tecnologia, possa causare danni significativi alla società. Se questa tecnologia va nella direzione sbagliata, può avere conseguenze imprevedibili.”

Il dietrofront

Poco comprensibile, dunque, che dopo le scrupolosissime dichiarazioni al Senato americano Sam Altman si sia opposto a regole che… lui stesso avrebbe caldeggiato poco prima.

Ma sull’ipotetico stop di OpenAI in Ue è arrivato il dietrofront dello stesso Altman, peraltro impegnato nelle scorse ore proprio in un tour europeo. Dove, aggiungiamo, pare sia stato accolto come una star.

Il Ceo ha tranquillizzato tutti: OpenAI non lascerà l’Ue. Quello che l’amministratore delegato auspica è il “giusto equilibrio tra protezione e impatto positivo dell’IA”.

Che è poi il punto centrale dell’intera questione.

Era del tutto evidente che le minacce di Altman non si sarebbero ma concretizzate. Ma sono state un segnale di almeno due aspetti: la già citata differenza di attenzione alla trasparenza tra Europa e Stati Uniti, e l’inguaribile tendenza delle grandi aziende del comparto tech a scrollarsi di dosso regole e limiti. O almeno a provarci.

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Il precedente

Le dichiarazioni (e la successiva pronta smentita) di Altman riportano alla mente un caso analogo del febbraio del 2022.

Allora erano stati i vertici di Meta, spaventati dal GDPR che vieta il trasferimento dei dati degli utenti europei negli Usa, a minacciare l’uscita di Facebook e Instagram dall’Ue.

Salvo poi tornare sui propri passi nelle ore successive all’uscita un po’ troppo precipitosa.

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