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I The Public Radar ci raccontano Neon Rain, la loro lettera d’amore agli anni ’80

Un viaggio nel tempo senza Delorean. È questo quello che abbiamo pensato ascoltando Neon Rain, secondo album dei The Public Radar, duo romano composto da Max Alto e Francesco Conte. Ed è proprio con Max Alto che abbiamo intavolato una piacevole chiacchierata musicale (e non solo) tra Duran Duran, console Atari e spade laser.

Del resto A Neon Rain è si un album pubblicato nel 2024, ma è anche una gigantorme lettera d’amore agli anni ‘80, sia nelle sonorità che nell’estetica. Un album quasi interamente prodotto da chi quel mondo lo conosce bene, come Steve Lyon (Depeche Mode, Cure, ma che ha anche firmato album per Roberto Vecchioni e Pino Mango).

Insomma, con Max abbiamo molto di cui discutere, quindi saliamo sulla Delorean targata The Public Radar e partiamo.

I The Public Radar ci parlano di Neon Rain, tra spade laser e sintetizzatori

Rispetto al primo album (A New Sunrise), Neon Rain sembra molto più a fuoco, soprattutto dal punto di vista dell’imprinting sonoro. Mi racconti l’evoluzione?

“Sono cambiate tante cose, del resto sono passati quasi dieci anni tra i due lavori. Sicuramente per Neon Rain abbiamo avuto una spinta più emotiva in fase di scrittura. Alla fine uno dovrebbe fare musica quando ha un motivo per farlo, quando c’è la famosa ispirazione. L’evoluzione, quindi, c’è stata perchè c’è stata una maggiore maturità, sia a livello umano che di composizione”

E in questi 10 anni sono cambiati anche gli strumenti. Com’è stato riprendere sonorità anni ‘80 con tutta la tecnologia che c’è nelle produzioni oggi?

“Il grande vantaggio per questo disco è che avevamo già in mente il tipo di suono che ci interessava, quindi non siamo andati a sperimentare troppo con sonorità diverse da quelle che volevamo ottenere. Un altro vantaggio è stato coinvolgere Giuseppe Colavolpe (a.k.a. DJ Muf) per quanto riguarda il mix e l’aspetto elettronico. Giuseppe ci ha aiutato a dare un imprinting più moderno, essendo più giovane di noi e più proiettato verso sonorità elettroniche”

Domanda cattiva, schietta, senza via d’uscita: analogico o digitale?

“Non vorrei uccidere il romanticismo, ma per Neon Rain abbiamo lavorato quasi interamente in digitale. Le chitarre, ad esempio, sono state quasi tutte registrate in diretta, passando per amplificatori virtuali. Ci sono degli strumenti analogici, come microKorg, Novation, la DeepMind della Behringher o il Moog Mother-32, ma la gran parte di quello che c’è nel disco è virtual”

Oltre a DJ Muf avete coinvolto anche Steve Lyon, che tra gli altri ha prodotto un bel po’ di album dei Depeche Mode negli anni ‘90. Una firma di prestigio, soprattutto considerando l’universo musicale che vi caratterizza.

“Avendo amato i Depeche Mode è stato entusiasmante. Steve ci ha prodotto 10 brani, poi abbiamo voluto fare l’undicesimo da soli, con un video annesso”

Stai parlando di Endless, che avete prodotto voi e che – ironia della sorte – è quello che più ricorda le sonorità dei Depeche Mode. 

“Per quanto mi riguarda volevo realizzare una sorta di sintesi musicale di quegli anni, e anche il video riprende quel concetto. Anche la scelta dei passaggi armonici, ad esempio, è un chiaro riferimento a quell’epoca. In realtà non penso neanche ai Depeche Mode, che erano più moderni, quanto agli Alphaville e i Duran Duran”

Nelle melodie sento anche molto Talk Talk, Ultravox e Pet Shop Boys. Gli omaggi e i riferimenti sono tanti

“Assolutamente si. E poi ancora Dead or Alive per poi arrivare alla stessa Madonna”

Anche il video di Endless, così come la canzone, è una lettera d’amore agli anni ‘80, me ne parli?

“Lo spunto per la clip è arrivato da Luca Bramanti, responsabile del nostro ufficio stampa. Abbiamo voluto ricreare quelle atmosfere ma senza essere troppo nostalgici. Ne abbiamo parlato con Giulio Dell’Aquila e Pierfrancesco Bigazzi che hanno curato il video, e dentro ci abbiamo messo quegli elementi caratteristici. L’idea era ‘facciamo vedere che figo che era quel periodo’, con il bambino che aspetta il videogioco. Tutte cose che personalmente ho vissuto, e quindi ci abbiamo messo l’Atari, il videogioco, la cartuccia…”

…e le spade laser

“Pensa che io ho visto Star Wars al cinema nel ‘77, quindi puoi immaginare quante volte ho sognato di impugnarla davvero una spada laser”

Guardando il video mi sono anche chiesto: “chissà cos’ha pensato quel bambino di oggi nel vedere come funziona una console Atari”

“Ti posso rispondere facilmente perchè quel bambino è mio figlio. Lui ha a casa la sua console PlayStation 5, proprio di fianco alla mia Atari. Quindi, almeno lui, quel mondo un po’ lo conosce”

Quindi console Atari e film di Star Wars. E dal punto di vista musicale? Quali sono gli album che hanno forgiato i The Public Radar?

“In realtà sia io che Francesco siamo cresciuti col metal. Probabilmente Duran Duran e Talk Talk sono arrivati dopo, anche se sono i più evidenti nel progetto The Public Radar. Se devo citarti un artista in particolare ti dico Prince. Pensa che Francesco ha addirittura un tatuaggio di Prince. Per me lui era quello che racchiudeva tutto: la chitarra, il canto, l’immagine, il pop, il funk”

In effetti in Neon Rain ci sono non poche chitarre a là Prince. E nella closing track Human Rights c’è anche una spettacolare voce femminile. Chi è?

“È Durga Mc Broom, che è stata anche la corista dei Pink Floyd. In passato aveva collaborato con Francesco, quindi le abbiamo chiesto di partecipare per dare un sapore diverso al brano. Quando lei l’ha sentito le ha ricordato delle sonorità di Madonna, quindi le abbiamo dato carta bianca dal punto di vista interpretativo, ed è stata bravissima. Quando abbiamo riascoltato le take c’era solo l’imbarazzo della scelta, erano tutte meravigliose”

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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