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Dentro la Canzone – La controversa storia di Bitter Sweet Symphony dei The Verve

"It's just sex and violence, melody and silence"

Ammettiamolo, lo abbiamo fatto tutti. Camminare per strada con gli auricolari nelle orecchie, totalmente noncuranti del mondo intero, sentendoci come Richard Ashcroft nell’iconico video ufficiale di Bitter Sweet Symphony, mega hit dei The Verve. Sicuramente la canzone più memorabile della band di Wigan, cittadina a metà strada tra la Manchester degli Oasis – grandi amici del gruppo, al punto che dedicheranno a Richard Ashcroft la canzone Cast No Shadow – e la Liverpool dei Beatles. Mica male per una band britannica.

In realtà il singolo di maggior successo dei The Verve sarà, paradossalmente, quello che gli frutterà di meno dal punto di vista economico. Dietro questa storia c’è infatti una controversia che definire ingombrante sarebbe un eufemismo. Potremmo quasi azzardarci a scomodare la dicitura “ricatto discografico”. Ma procediamo con ordine. Benvenuti in un nuovo episodio di Dentro la Canzone, dedicato questa volta all’agrodolce sinfonia della vita dei The Verve: Bitter Sweet Symphony.

Quel riff di archi: croce e delizia di Bitter Sweet Symphony

La canzone è caratterizzata, fin dall’inizio, da un riff di archi decisamente ipnotico e sognante. Si tratta in realtà di un campionamento (o sample, come dicono i britannici) di una versione orchestrale di The Last Time dei Rolling Stones. Non una versione popolarissima della canzone, che passò abbastanza sotto silenzio nel 1966, quando uscì come ultima traccia di un intero disco orchestrale chiamato The Rolling Stones Songbook, arrangiato da Andrew Oldham, all’epoca produttore e collaboratore degli Stones. Oldham arrangiò alcune delle più popolari canzoni della band sotto licenza, e per le registrazioni si affidò ad un’orchestra che, nelle varie canzoni, vedeva la partecipazione anche dei Rolling Stones stessi. La versione di The Last Time, appunto, conteneva questo riff di archi che, più di 30 anni dopo, i The Verve campioneranno per la loro hit.

In realtà, come si può ben notare, i The Verve campionarono solo parte del riff. La restante parte è stata interamente rieseguita in studio da un’altra orchestra, pur riprendendo la partitura di Andrew Oldham.

I The Verve erano ben coscienti della paternità dell’opera, così come erano coscienti che per utilizzare il sample avrebbero necessitato delle dovute autorizzazioni. La band si rivolse alla Decca Records, che deteneva i diritti sulle registrazioni di Oldham, la quale diede il consenso. Ciò che però i Verve inizialmente non sapevano e che c’era un altro attore coinvolto, che deteneva i diritti di pubblicazione dell’opera. Diritti necessari affinchè il sample potesse essere utilizzato in opere con finalità commerciali. Il detentore di questi diritti era Allen Klein.

Il ricatto discografico

Chi conosce la storia dei Rolling Stones – e anche l’ultima fase di carriera dei Beatles – sicuramente conoscerà la figura di Allen Klein e della sua società: la ABKCO. Allen Klein era uno squalo della discografia. Uno “spietato arraffone”, come lo definirà anni dopo persino John Lennon, che pure ne era stato affabulato quando i Fab4 erano alla ricerca di un nuovo manager dopo la morte di Brian Epstein, storico manager dei Beatles (per approfondire vi consigliamo la visione di Get Back, dove Klein è mostrato più volte come una delle causa della rottura dei Beatles). Klein però, oltre alla dubbia moralità, era considerato l’artefice del successo dei Rolling Stones. E scusate se è poco.

Ad ogni modo la storia ce la racconta il libro Allen Klein: The Man Who Bailed Out the Beatles, Made the Stones, and Transformed Rock & Roll. Jazz Summers, manager dei The Verve, contatta Klein per ottenere i diritti per il sample di The Last Time. Gli offre il 15% degli introiti, a vita. Klein rilancia: vuole il 100%. Klein ha intuito che i The Verve stanno per tirare fuori un piccolo capolavoro, una hit destinata a fruttare molto, e sa che il brano è praticamente pronto per essere pubblicato. In pratica sa che, volente o nolente, i The Verve non hanno forza contrattuale: “o il 100% o la canzone non sarebbe mai uscita”. Summers cede, non che avesse molta scelta.

Mai sottovalutare le conseguenze di un contratto scapestro

La cessione del 100% dei diritti di pubblicazione voleva dire due cose: in primis Klein avrebbe avuto totale controllo sull’editoria del brano. Questo vuol dire che avrebbe potuto, arbitrariamente, vendere la canzone per spot pubblicitari e opere cinematografiche, come poi in effetti fece, traendone i relativi compensi. In secondo luogo l’accordo prevedeva la cessione di parte dei diritti di autore. Ashcroft, dovette così spartire le proprie royalties con gli stessi Rolling Stones, tra cui Mick Jagger e Keith Richards. Secondo la rivista Mojo, Klein ha ottenuto 9/24 sui diritti di autore e Mick Jagger e Keith Richards si sono divisi 9/24. Ulteriori 3/24 sono andati alla Westminster Publishing, società editoriale degli Stones nel 1966. Se ciò fosse vero significherebbe che Ashcroft avrebbe avuto solo 3/24 dal suo brano.

Lo stesso Richard Ashcroft, in aperta polemica, dichiarò: “Si tratta comunque della migliore canzone che Jagger e Richards abbiano scritto in 20 anni”, alludendo al fatto che, in effetti, non l’hanno scritta loro. Fortunatamente però la storia ha un lieto fine. Dopo anni di battaglie legali, il 23 maggio 2019 Mick Jagger e Keith Richards hanno rinunciato alla loro parte di royalties, dando a Richard ciò che, in effetti, era di Richard.

Il controverso ma redditizio spot di Nike

Se è vero che nel 2019 tutto si è risolto, è anche vero che nel 1998 la canzone aveva ottenuto un enorme successo nel Regno Unito e Allen Klein, come anticipato, non si fece sfuggire l’occasione di sfruttare il controllo sul brano. Nel 1998 vende la canzone a Nike, che offre più di Coca-Cola e Budweiser e si assicura di poter utilizzare la canzone per un celebre spot chiamato I Can. I The Verve però sono contrari. La canzone, del resto, parla di opposizione al sistema capitalista, e Nike rappresenta proprio una grande multinazionale. Ancora una volta però è Klein a dettare le regole: “se vi opponete a prestare il vostro brano, lo faccio ri-registrare ad altri musicisti”. È nelle sue facoltà, in quanto detiene il controllo della proprietà intellettuale di quello specifico sample: quel riff. Ancora una volta i The Verve cedono.

Secondo quanto riferito, i Verve furono stati pagati solo 175.000$ per l’utilizzo della canzone nello spot, denaro che la band decise di devolvere alla Croce Rossa. Gran parte degli introiti andarono invece alla ABKCO di Allen Klein. Non tutti i mali vengono per nuocere però: grazie al successo dello spot i The Verve arrivarono prepotentemente anche negli Stati Uniti, dove il gruppo faticava ad imporsi. Dopo la messa in onda di I Can, le radio e MTV cominciarono a mandare in onda Bitter Sweet Symphony. La canzone raggiunse la 13ma posizione della Hot 100, restando in classifica per le successive 18 settimane. Probabilmente, se avessero rifiutato l’accordo, lo spot Nike non sarebbe mai uscito e i The Verve non avrebbero mai raggiunto il successo internazionale. Ma con i se e con i ma non si fa la storia (della musica).

Il significato di Bitter Sweet Symphony: l’agrodolce sinfonia della vita

La canzone, come anticipato, parla del fatto che la vita è un continuo susseguirsi di gioie fugaci e dolori strazianti. Una sorta di – volendo parafrasare e scomodare Arthur Schopenhauer pendolo che oscilla tra la noia e il dolore. Il testo di Bitter Sweet Symphony riflette sul ruolo del denaro che promette felicità, anche se futile. “Sei schiavo del denaro e poi muori”, canta Richard Ashcroft.

Nel corso di un’intervista a SongsFacts, Ashcroft ha spiegato: “Alle persone è stato venduto il sogno che i soldi risolvono i problemi di tutti. Improvvisamente guardi le persone e pensi: ‘So che hanno bisogno di X, ma se gli do X avranno poi bisogno di altro ancora”.

Il padre di Richard Ashcroft si chiamava Frank, ed era un impiegato d’ufficio, un lavoro insoddisfacente che gli faceva guadagnare appena i soldi per tirare avanti. Morì improvvisamente per un’emorragia cerebrale, nel 1982, quando Richard aveva 11 anni e le sue sorelle, Victoria e Laura, erano anch’esse molto giovani. “Lavorava dalle nove alle cinque, e la vita non lo ha condotto da nessuna parte”, ha detto Ashcroft a Select. “Ho subito capito che quella vita non faceva per me”.

Nel ritornello il brano sembra dare un senso di speranza, ripetendo la frase: “Io so che posso cambiare”. Infine, nell’outro, Ashcroft cerca di riassumere la vita stessa, in modo assolutamente cinico e ossimorico, ripetendo in modo ossessivo che: “è solo sesso e violenza, melodia e silenzio”, come a voler rimarcare che la vita, per quanto la si voglia cambiare, resta un circolo vizioso di elementi contraddittori che si ripetono inesorabilmente, fino all’inevitabile morte.

Quando nel 2008 i The Verve si sono riuniti per fare da headliners al prestigioso Glastonbury Festival, Ashcroft ha presentato la canzone dicendo: “La vita è una lotta. Il lunedì mattina potrebbe essere una lotta per molti di voi che fate un lavoro che disprezzate, lavorando per un capo che disprezzate. Quando diventiamo chiavi del denaro, allora moriamo”.

L’iconico video di Bitter Sweet Symphony avrebbe dovuto essere diverso

In un video divenuto leggendario, vediamo Richard Ashcroft camminare per strada. Capelli sopra la fronte, giacca di pelle e assolutamente indifferente al mondo intero. Un vero manifesto della scena musicale indie britannica. Ashcroft cammina e canta il brano lungo Hoxton Street, un’affollata zona commerciale di Londra, scontrandosi ripetutamente con altri passanti. Il cantante prosegue per la propria strada, noncurante delle persone che, in modo sempre più aggressivo, contestano il suo atteggiamento (un’allegoria allo stile di vita fuori dagli schemi della società). Alla fine del video vediamo gli altri membri dei The Verve che si uniscono a lui nella camminata.

L’idea nasce in realtà da un altro video ufficiale, quello di Unfinished Symphaty dei Massive Attack, nel quale Shara Nelson cammina allo stesso modo a Los Angeles, su West Pico Boulevard. Non a caso il regista del video dei The Verve è Walter Stern, che ha collaborato con numerosissimi artisti britannici, tra cui proprio la band di Bristol.

Ciò che probabilmente non tutti sanno è che l’idea originale alla base del video di Bitter Sweet Symphony era ben più violenta. In questa versione Ashcroft avrebbe dovuto subire delle conseguenze fisiche del suo atteggiamento, venendo pestato da un gruppo di ragazzi dopo che, come accade anche nel video ufficiale, il cantante li aveva urtati con indisponenza. Alla fine si decise, anche per le politiche contro la violenza di MTV, di eliminare le scene del pestaggio. Incredibilmente però esiste un versione montata di questa idea, resa pubblica solo pochi anni fa dal regista Walter Stern. La trovate di seguito.

Versioni live e omaggi

Oltre che essere oggetto di numerosissime cover, Bitter Sweet Symphony è stata utilizzata in diversi spot pubblicitari. In Italia, ad esempio, si ricorda quello di Opel Astra, in rotazione sulle reti nazionali sul finire degli anni ‘90. Anche programmi televisivi italiani hanno utilizzato il brano come sigla, basti pensare al talk di Canale 5 Il Senso della Vita e al tema introduttivo di Rai Parlamento. 

Nel film Cruel Intention (1999) la canzone viene usata per rimarcare l’altalenante vita del personaggio di Sebastian (Ryan Phillippe), e non diciamo altro altrimenti incorriamo in un enorme spoiler. Gli appassionati dei Simpson possono ascoltarla nell’episodio 11 della 19ma stagione chiamato Lo Show degli anni ‘90, mentre gli amanti delle serie Netflix la ritroveranno nel finale della stagione 6 di The Elite e nel trailer della quinta stagione di The Crown (sebbene in versione remixata).

Vogliamo chiudere questo mastodontico omaggio alla musica dei The Verve con una speciale versione live. Il 2 luglio 2005, nel mezzo del megaconcerto di beneficenza Live 8 (sullo stesso palco che qualche ora dopo avrebbe ospitato l’inaspettata reunion dei Pink Floyd con Roger Waters), Richard Ashcroft si unì ai Coldplay per cantare il brano. All’epoca i The Verve erano ufficialmente sciolti, e Ashcroft era nel pieno della sua altalenante carriera solista.

Nell’introdurre Ashcroft sul palco, Chris Martin disse: “Questa è probabilmente la più grande canzone mai scritta e lui il più grande cantante al mondo. Date il benvenuto a Mr. Richard Ashcroft”. Questi si presenta sul palco scalzo, pronto a far cantare le 250mila persone riunitesi ad Hyde Park, Londra. Tutti insieme per cantare a squarciagola questo incredibile inno alla vita.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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