Che nei periodi di guerra non si raggiunga il più alto livello di lucidità è plausibile.
La sensazione, peraltro, è che stia cambiando il modo di comunicare gli eventi bellici. Si stanno moltiplicando le fonti cui attingere: come abbiamo scritto altrove, anzi, proprio sui social si sta consumando una sorta di conflitto nel conflitto.
Ma questa alluvione di notizie veicolate in gran parte proprio dalle piattaforme social, che mettono a disposizione in ingente quantità materiale ufficiale, materiale autoprodotto e fake news, ingenera confusione soprattutto in chi non ha gli strumenti per selezionare i contenuti in base al grado di attendibilità.
Tuttavia, da un ateneo ci si aspetterebbe un comportamento razionale, un atteggiamento equidistante e non inquinato dalle generalizzazioni.
Peccato che la decisione dell’Università Bicocca sia andato nella direzione opposta. E la successiva ritrattazione, giunta evidentemente dopo una selva di critiche, poco la riabilita, dopo un gesto che francamente ha del grottesco. O del ridicolo, come ha detto la vittima della censura poi rientrata, lo scrittore Paolo Nori.
Ma cosa è successo?
Paolo Nori e il corso su Dostoevskij
Paolo Nori, oltre che un noto e piacevolissimo scrittore, è inoltre uno studioso della cultura e della letteratura russe. È traduttore (l’estensore di questo articolo possiede la sua trasposizione in italiano di Oblomov, capolavoro di Gončarov). Ma Nori è anche organizzatore di corsi e incontri in cui, con il suo inconfondibile understatement, insegna (anche) ad amare i capolavori della letteratura russa. In più, lo scorso anno Paolo Nori ha scritto Sanguina ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostoevskij.
Per tutti questi motivi, l’Università di Milano-Bicocca lo ha chiamato a tenere un corso proprio su Dostoevskij, ritenuto da molti il maggiore scrittore di narrativa della storia della letteratura.
Tuttavia, il grande romanziere era (incolpevolmente) russo, e questo pare sia stato percepito come un problema.
La mail della Bicocca a Nori
A raccontarlo è lo stesso Nori in un breve video pubblicato su Instagram.
L’Università di Milano-Bicocca ha inviato una mail allo scrittore, spiegandogli che il suo corso su Dostoevskij sarebbe stato sospeso. Per quale ragione? Per “evitare ogni forma dì polemica soprattutto interna in quanto momento dì forte tensione.”
Il corso sarebbe dovuto cominciare (anzi, come leggerete, comincerà) mercoledì 9 marzo. E sarà articolato in quattro appuntamenti.
Cancel culture o ingenuità?
Verrebbe facile commentare l’inopportuna uscita dell’ateneo. Ma il modo migliore è quello di riprendere le parole di Nori, sintetico e intelligente come sempre.
Il suo ragionamento è inappuntabile: oggi, dice Nori, non è una colpa essere un russo vivo. È una colpa anche essere un russo morto.
Curioso (ma Nori dice “ridicolo”) quanto accaduto. Considerando soprattutto i vertici letterari raggiunti da Dostoevskij, scrittore capace di arrivare a profondità di analisi psicologiche tali che Nietzsche, a cui fu chiesto un parere sull’opera di Freud, rispose: “Il mio psicologo è Dostoevskij”.
Dostoevskij che mai come in questi giorni bui andrebbe letto, studiato, e insegnato da chi ha le competenze per farlo. Nessun altro autore ha spiegato come lui quanto ogni essere umano sia spinto dalle medesime passioni e dai medesimi tormenti.
Il dietrofront
C’è un parziale lieto fine. Su sollecitazione della Ministra dell’università e della ricerca Maria Cristina Messa, ma anche dopo le numerosissime critiche ricevute, la rettrice della Bicocca Giovanna Iannantuoni è tornata sui suoi passi.
La nota dell’ateneo recita così: “Milano-Bicocca è un ateneo aperto al dialogo e all’ascolto anche in questo periodo molto difficile che ci vede sgomenti di fronte all’escalation del conflitto. Il corso dello scrittore Paolo Nori si inserisce all’interno dei percorsi Bbetween writing, percorsi rivolti a studenti e alla cittadinanza che mirano a sviluppare competenze trasversali attraverso forme di scrittura. L’ateneo conferma che tale corso si terrà nei giorni stabiliti e tratterà i contenuti già concordati con lo scrittore. Inoltre, la rettrice dell’Ateneo incontrerà Nori la prossima settimana per un momento di riflessione.”
Ma a questo punto è lo stesso Nori a non essere più sicuro di voler tenere il corso. Lo scrittore ha detto all’Ansa di non sentirsi troppo lieto di andare ospite in un luogo che ha reputato Dostoevskij potenzialmente pericoloso.
Quando la superficialità diventa censura
Al di là di come finirà la querelle, spiace e spiazza constatare quanto facilmente si possa cadere in atteggiamenti semplificatori, frettolosi e manichei. Oggi tutto servirebbe, fuorché esibire comportamenti e azioni che dividano superficialmente il mondo in buoni e cattivi. Non è certo appoggiando in modo indiscriminato tutto ciò che proviene dall’Ucraina, o tacitando quanto deriva dalla Russia, che si rende un buon servizio alla verità.
Spiace ancor più che un simile atteggiamento sbrigativo provenga da un luogo della cultura. Dovendo essere la cultura, in teoria, terreno di incontro e dialogo costruttivo, ma mai di censura preventiva.
La cultura, inoltre, è complessità. Per conoscere un fenomeno occorre studiarlo a fondo, ed esporre le proprie opinioni in modo che esse siano criticate, integrate, aggiornate.
Leggere Dostoevskij fa bene ai russi, agli ucraini, agli italiani e a tutti gli abitanti del pianeta. Insegna a capire, appunto, la complessità del mondo.
Come ha scritto il drammaturgo Giulio Cavalli in un tweet, “la pericolosa abitudine di confondere i popoli con i loro governi è utile per infiammare il tifo ma diseduca alla complessità. Solidarietà a Paolo Nori (e a #Dostoevskij)”.
Chissà cosa avrebbe detto lo scrittore russo, profondo conoscitore dell’animo umano, di fronte a una mail come quella ricevuta da Nori. Forse avrebbe sorriso con un piccolo compiacimento, dopo aver constatato che le paure degli esseri umani non cambiano mai.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API