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Dal Senato Usa pesanti accuse ai social. E Zuckerberg chiede scusa in aula

Le Big Tech a processo

La recentissima notizia che riguarda Neuralink, e il suo primo impianto cerebrale installato su un essere umano, ci sta facendo porre (legittimi) dubbi etici.

Nel frattempo, i social sono andati a processo al Senato Usa, e le accuse fioccate nei confronti delle big tech sono pesantissime. Sono state pronunciate frasi non certo eufemistiche: “Avete le mani sporche di sangue”, ha affermato un senatore. E Mark Zuckerberg si è scusato con i parenti dei giovani che si sono suicidati per mezzo (ma non per colpa, che è cosa ben diversa) dei social. Vediamo cosa è accaduto.

I social a processo al Senato Usa

I social a processo al Senato Usa, dicevamo. Per essere un po’ meno sintetici, alcuni vertici delle big tech sono stati ascoltati alla commissione Giustizia del Senato Usa nella giornata di mercoledì 31 gennaio. Le persone convocate dovevano rispondere alle accuse sui danni provocati dalle loro aziende agli utenti minorenni.

Oltre a rappresentanti di X, TikTok, Discord e Snapchat, c’era Mark Zuckerberg in persona a nome della propria azienda, Meta. Google non ha inviato nessun dirigente.

social

L’atmosfera dell’aula

Basterebbero alcune immagini che stanno facendo il giro del mondo, a suggerire l’atmosfera che si è respirata durante il processo ai social al Senato Usa.

L’aula era colma di parenti e conoscenti di giovani vittime, di cui esibivano fotografie in formato gigante. E c’è stato un fuoco di fila dei senatori nei confronti dei rappresentanti delle big tech.

Tra i più aggressivi, il senatore repubblicano del South Carolina Lindsey Graham. È lui ad aver affermato che le aziende chiamate a difendersi avrebbero “le mani sporche di sangue”. E ad aver aggiunto frasi come: “Stanno distruggendo vite umane e minacciando la democrazia. Queste aziende vanno domate e il peggio deve ancora venire.”

Altri senatori, come il repubblicano Josh Hawley, hanno a più riprese incalzato Zuckerberg. Che, in uno dei momenti più teatrali del processo, ha smesso di difendersi e si è scusato con i parenti delle vittime. Il numero uno di Meta ha detto: “Mi dispiace per tutto quello che avete passato. Nessuno dovrebbe passare attraverso le cose che le vostre famiglie hanno sofferto. È per questo che abbiamo investito così tanto per assicurare che altri non debbano vivere quello che avete vissuto voi”.

Le accuse

Le accuse ai social non sono state generiche. Come dicevamo, in aula erano presenti genitori di giovani morti in diverse circostanze, sempre in qualche modo inerenti ai social. Come la madre di un ragazzo che ha acquistato del fentanyl su Snapchat, ed è stato vittima di un’overdose.

Si sono portati numerosi casi, esplicitati numeri, e i senatori repubblicani e democratici sono stati unanimi nel condannare senza appello le aziende convocate. I cui dirigenti non hanno potuto fare altro che scusarsi, e spiegare le contromisure adottate.

Social divisi sul Kosa

Tutti i rappresentanti delle big tech, incalzati in modo così veemente, si sono trovati d’accordo sulla necessità di impegnarsi di più a tutela degli utenti giovani e giovanissimi.

Tuttavia, non c’è stata unanimità sul Kosa, acronimo di Kids Online Safety Act. Si tratta di un disegno di legge, in via di approvazione definitiva, che contiene diverse misure per  prevenire danni psicologici, bullismo, sfruttamento sessuale e marketing predatorio. Il disegno di legge è stato sostenuto in aula solo da Linda Yaccarino di X e Evan Spiegel di Snapchat. Per le altre aziende, il Kosa contiene restrizioni eccessive, che confliggerebbero con la libertà di espressione.

Regolamentazione e buon senso

Al di là dei toni eccessivi del processo ai social al Senato Usa, certamente occorre una regolamentazione univoca e severa a protezione degli utenti minorenni.

Anche se, altrettanto certamente, il grosso problema intrinseco ai social è quello di trovare il felice punto di equilibrio tra norma e libertà di espressione.

Al di là di ciò, reputiamo sempre eccessivo (e autoassolutorio) il lancio di strali contro una qualunque tecnologia, con l’accusa implicita che essa sia “cattiva per natura”.

I genitori, e più in generale gli adulti, dovrebbero educare a un uso consapevole della rete i figli. Spiegando loro limiti e virtù del mondo virtuale, e mostrando tutte le alternative… reali alla sovraesposizione ai device. Per farlo, nulla è prezioso quanto l’esempio: un genitore che, mentre sgrida il figlio per l’eccessivo tempo speso sui social, sta mandando un messaggino o leggendo le news allo smartphone, non risulterebbe troppo credibile.

Ma è senza dubbio più facile additare a colpevole qualcun altro, o qualcos’altro, piuttosto che assumersi la propria parte di responsabilità.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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