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Pearl: com’è il film horror con Mia Goth

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Timori per la recrudescenza della pandemia. Mascherine come inevitabile accessorio alle visioni in sala. Mariti assenti. Donne in cerca di libertà e affermazione. Non siamo nel 2022, ma nel 1918 in Technicolor di Pearl, prequel del gioiellino X: A Sexy Horror Story ancora con protagonista Mia Goth, presentato fuori concorso a Venezia 79. Un’opera stordente, avvincente e a tratti raccapricciante, che non delude le attese e conferma la bontà del piccolo franchise partorito da Ti West grazie anche alla libertà creativa concessa dalla casa di produzione A24, sempre più importante per il cinema di genere odierno.

Dopo esserci gustati la mattanza sul set improvvisato di un film porno nel corso del precedente capitolo, ci concentriamo sulla villain Pearl, interpretata stavolta nel pieno della sua gioventù dalla formidabile Mia Goth. Ritroviamo alcune delle atmosfere e dei temi del primo capitolo: l’ancora accennata ninfomania di Pearl, gli orrori contenuti nella sua fattoria (come il famelico alligatore) e soprattutto la fascinazione della protagonista per il sangue e per la violenza. Ma soprattutto Pearl è una donna in cerca della propria indipendenza, stanca di essere la serva di famiglia, annoiata per l’assenza del marito Howard (partito per il fronte) e desiderosa di una carriera nel mondo dello spettacolo. Una situazione esplosiva che deflagra quando la protagonista incontra un affascinante proiezionista (David Corenswet). Passione e velleità artistiche si intrecciano in un vortice di pazzia e orrore.

Pearl: Mia Goth alle origini dell’orrore

Si apre con un’esplicita citazione a Sentieri selvaggi questo folle progetto di Ti West, realizzato in segreto in contemporanea al fortunato predecessore. Una vera e propria dichiarazione di intenti, dal momento che il cinema classico americano diventa il filo conduttore del viaggio di Pearl, che sogna di interpretare un musical e abbraccia uno spaventapasseri che sembra uscito da Il mago di Oz prima di imprimere una svolta in stile Psyco alla sua vita familiare. Ripercorrendo la storia del cinema nordamericano e attraversando le opere di Wes Craven e Tobe Hooper, ampiamente omaggiate da X: A Sexy Horror Story, arriviamo poi ai nostri giorni, dal momento che la Pearl di Mia Goth sembra una versione torbida e perversa della Mia Dolan di La La Land, anch’ella all’inseguimento di emancipazione e gloria nel mondo dello spettacolo.

Lungo queste direttrici, Ti West mette in scena un nuovo spaventoso e attuale spettacolo, che non si limita alla costante tensione e alle scariche puramente gore. Il regista americano si prefigge infatti anche l’obiettivo di parlare delle paure di oggi attraverso un passato apparentemente lontano ma per certi versi indistinguibile dai nostri confusi tempi. Lo spettro di una guerra nel pieno dell’Europa, le mascherine di stoffa (non era ancora tempo di FPP2) per difendersi da una nuova ondata di influenza spagnola, le sale cinematografiche rappresentate come ultimo avamposto per la ricerca di un proprio posto nel mondo: spunti e suggestioni tutt’altro che casuali, a cui si aggiungono bizzarri ma efficaci divertissement, come la proiezione di un breve e rudimentale film porno, chiaro aggancio al film precedente e alla controversa sessualità della protagonista.

Pearl e l’interpretazione di Mia Goth

A brillare in questa origin story dell’orrore è soprattutto la stella di Mia Goth, alle prese con una prova ancora più sfaccettata e sopra le righe di quella offerta in X: A Sexy Horror Story. La vediamo cimentarsi in pregevoli numeri di canto e ballo, tratteggiare deliziosamente il desiderio di ribellione di Pearl e svelare lentamente il lato più oscuro e sinistro del suo personaggio, fino al conclusivo climax splatter. Una prova da attrice completa ed estremamente carismatica, capace di rendere credibile e per certi versi comprensibile il disagio psichico ed esistenziale della protagonista, a cui viene continuamente negata ogni possibilità di riscatto e rivincita personale.

Mentre X: A Sexy Horror Story rifletteva sul rimpianto per la giovinezza perduta e sul malcelato odio fra diverse generazioni, Pearl viaggia nel tempo fino a un secolo fa per dipingere la paura per un incerto futuro che sembra chiudere tutte le porte in faccia alla protagonista. Ciò che non cambia è invece la perizia del regista col genere, declinato ancora una volta in salsa rurale ma senza scadere nel banale e nel già visto. Gli animali della fattoria, gli strumenti del mestiere contadino, gli ampi spazi della campagna e il famigerato laghetto già visto nel film precedente si trasformano in strumenti al servizio della suspense, del raccapriccio e della nascita di una nuova spaventosa Pearl.

Una origin story horror

È indubbiamente presto per stabilire se il pazzo mondo creato da Ti West lascerà veramente un segno indelebile nella storia del cinema horror. In un panorama asfittico e carente in termini di originalità, il lavoro di questo regista 41enne regista spicca però per coraggio produttivo e consapevolezza del genere e dei propri punti di riferimento, regalando allo spettatore un’esperienza unica e forte di diversi livelli di lettura. Il prolungato e spassoso sguardo finale chiude nel migliore dei modi Pearl, lasciandoci soddisfatti per quanto visto ma con il desiderio di esplorare ancora questo inquietante universo.

Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API

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