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The Blair Witch Project di Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez – Il filo nascosto

Per il nuovo appuntamento con Il filo nascosto, parliamo di un altro cult dell'horror stregonesco.

«The Blair Witch Project non è una storia vera, decidi tu se ne vale la pena», cantava Caparezza nella sua Kevin Spacey, il più celebre e spassoso ricettacolo di spoiler cinematografici della musica italiana. Una bonaria presa per i fondelli, dietro cui si cela però il fattore determinante del successo di questo cult del filone horror stregonesco del 1999, arrivato in un periodo in cui Internet era sufficientemente diffusa per fare da cassa di risonanza a un evento o a un prodotto potenzialmente virale, ma era ancora lontana dall’essere lo strumento di divulgazione, dibattito e ricerca che conosciamo oggi. Un’epoca scevra dalla disinformazione organizzata odierna, dove però era ancora possibile inventarsi di sana pianta una leggenda e costruisci sopra un clamoroso successo commerciale. Lo sapevano bene Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez, sconosciuti registi esordienti statunitensi autori del fenomeno The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair.

Attingendo a leggende popolari ed esperienze personali, mescolate con la brillante intuizione della tecnica del found footage, già portata al successo nell’horror da Ruggero Deodato con Cannibal Holocaust, i due mettono in scena un’idea semplice ma tremendamente efficace: un finto documentario su tre registi intenti a indagare sul mistero della Strega di Blair, trascinati lentamente in una spirale di paura e sangue. A corroborare questa già solida base, arriva poi un’idea di marketing ancora migliore, cioè fingere che tutto ciò sia successo realmente, inondando il web di nozioni sulla mitologia della strega e diffondendo volantini con cui si dichiarava la scomparsa dei protagonisti. Un micidiale mix di impreparazione al riconoscimento delle fake news, potere del passaparola e pura curiosità nei confronti di una splendida bugia portarono a un risultato che ha ancora oggi dell’incredibile: quasi 250 milioni di dollari di incasso a fronte di un budget di appena 60.000.

The Blair Witch Project: il potere della suggestione in un cult dell’horror stregonesco

The Blair Witch Project

Dopo aver celebrato la stregoneria al cinema nel precedente appuntamento de Il filo nascosto dedicato a Suspiria di Dario Argento, proseguiamo nel medesimo filone con un’opera diametralmente opposta, che non può contare né sulle sontuose scenografie di Giuseppe Bassan, né sull’abbagliante fotografia di Luciano Tovoli, né sulle ipnotiche musiche dei Goblin. The Blair Witch Project infatti non si basa su una minuziosa tecnica al servizio di una storia articolata, ma sul soggetto più semplice e abusato di tutti (un gruppo di protagonisti persi in un bosco) al servizio di un’impresa ardua e tutt’altro che scontata, che costituisce l’ossatura stessa del cinema: mettere lo spettatore nelle condizioni di credere a ciò che non esiste e di vedere anche quello che sullo schermo non c’è.

Una missione portata avanti anche ai danni dei protagonisti (Heather Donahue, Joshua Leonard e Michael C. Williams, nelle parti di se stessi), dal momento che questi ultimi furono spinti all’immedesimazione durante le riprese, attraverso deliberate bugie sulla mitologia legata alla strega (fatta passare per vera), divieti pressoché totali di uscire dai rispettivi personaggi e progressiva diminuzione delle razioni di cibo. Dove non arrivano le già citate operazioni di marketing ci pensano poi gli scarni titoli di testa, che ci informano del fatto che ciò che stiamo per vedere non è altro che il filmato ritrovato a un anno di distanza dalla misteriosa scomparsa degli aspiranti documentaristi.

Sulle tracce della strega

Con la sintesi che contraddistingue The Blair Witch Project (appena 77 minuti di durata), veniamo subito coinvolti nella pericolosa ricerca dei tre protagonisti, decisi a fare luce sulla vita di Elly Kedward, vissuta nella piccola cittadina di Blair alla fine del ‘700 e accusata di numerose atrocità nei confronti di bambini. Le sue terribili azioni si incrociano poi con quelle del serial killer Rustin Parr, che fino alla sua condanna a morte negli anni ’40 si macchiò di numerosi crimini, spinto a suo dire proprio dalla famigerata strega di Blair.

Dopo aver intervistato alcuni abitanti della zona, ottenendo reazioni in bilico fra curiosità, paura e sfrontata ironia, i tre documentaristi si spingono nei meandri del bosco locale, dove secondo la leggenda sono stati commessi i delitti sopracitati. La loro avventura si trasforma ben presto in un viaggio di sola andata in un incubo a occhi aperti: prima trovano sul loro cammino cumuli di pietre e rami intrecciati a formare simboli esoterici; poi iniziano a sentire rumori sinistri e misteriose presenze fuori dalla loro tenda; infine perdono completamente sicurezza e orientamento girando per ore in tondo, con intorno la crescente minaccia portata da secoli di credenze popolari e magia nera.

Le teorie su The Blair Witch Project

Macchina traballante, fotografia granulosa, continui rumori ambientali e inquadrature sghembe. Dal punto di vista registico, The Blair Witch Project è un programmatico caos, creato con lo scopo di favorire l’immedesimazione dello spettatore all’interno di questo scarno ma spaventoso mondo. Non ci sono svolazzi registici o jump scare a indirizzare le nostre emozioni, ma è tutto affidato al sempreverde potere della suggestione, che grazie al contributo del miglior sceneggiatore al mondo (la fantasia dello spettatore) riesce a colmare nel migliore dei modi i vuoti lasciati volutamente scoperti dalle immagini.

Mentre la paranoia si diffonde all’interno del trio, assistiamo a un crescendo di tensione e mistero, esaltato da tanti piccoli dettagli in sottrazione (le grida nella notte, le menzioni a entità che non si vedono mai) e da veri e propri colpi di genio, come la sparizione e la successiva ricomparsa (ma lo sarà davvero?) di Josh, la celeberrima confessione con la torcia puntata in faccia di Heather (spunto per numerose parodie) e l’agghiacciante epilogo, con quella duplice caduta a terra della telecamera indelebilmente scolpita nella storia del cinema.

Un climax durante il quale non importa cosa vediamo (quasi nulla), ma cosa crediamo di aver visto. Un’ambiguità tale da trasformarsi in terreno fertile per le svariate teorie dei fan sugli eventi, che non escludono del tutto né la pista soprannaturale né quella puramente terrena. A seconda della nostra sensibilità e della nostra percezione, possiamo infatti credere che la mattanza sia totalmente opera della Strega di Blair perennemente fuori campo o che sia invece frutto degli stessi elementi del gruppo, sempre più rancorosi e deliranti. A ben vedere, la già citata scena di Heather potrebbe essere in realtà una confessione, resa meno inquietante dalla magia del montaggio.

Il finale e il significato di The Blair Witch Project

The Blair Witch Project

A prescindere da cosa crediamo, se dopo quasi 25 anni siamo ancora qui a ragionare e riflettere su questo piccolo grande film, nato quasi per gioco e nella totale ristrettezza economica, significa che la risposta alla spiritosa provocazione di Caparezza è che sì, ne valeva e ne vale ancora la pena. Con la sua ostentata imperfezione, con le sue pretese in termini di sospensione dell’incredulità e con la sua spregiudicata orchestrazione a livello di marketing, The Blair Witch Project è qui per ricordarci che nulla può contrastare la forza di una bella storia e il fascino di un mistero sufficientemente originale e complesso.

Tornano così alla mente le parole di Stephen King (uno che di orrore se ne intende) in apertura del suo capolavoro It: «il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste». Parole valide anche per The Blair Witch Project, che sulla magia (in questo caso nera) ha saputo costruire un arcano che ancora oggi ci spaventa e ci attrae.

The Blair Witch Project

«Ho paura di chiudere gli occhi. E ho paura di aprirli».

Il filo nascosto nasce con l’intento di ripercorrere la storia del cinema nel modo più libero e semplice possibile. Ogni settimana un film diverso di qualsiasi genere, epoca e nazionalità, collegato al precedente da un dettaglio. Tematiche, anno di distribuzione, regista, protagonista, ambientazione: l’unico limite è la fantasia, il faro che ci guida è l’amore per il cinema. I film si parlano, noi ascoltiamo i loro dialoghi.

The Blair Witch Project
  • Donahue/Williams (Attore)

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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