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One Piece: com’è la nuova serie live action su Netflix

Tanto attesa dai fan, e con altrettanta paura di un flop o di un prodotto che non fosse in grado di rendere onore al titolo manga e anime originale. L’ora è giunta: il 31 agosto sono arrivati sugli schermi degli abbonati Netflix tutti gli 8 episodi della nuova serie live action One Piece, avvicinabile sia ai neofiti della serie, sia chiaramente ai più grandi fan. Un’opera perfetta, o con qualche difetto e complicazione? Senza indugiare oltre vi raccontiamo tutte le nostre impressioni in questa recensione.

One Piece: la recensione della serie live action

Per tutti quelli che non hanno mai solcato i mari dei pirati di questa storia, la serie TV prodotta da Netflix è sicuramente un’occasione perfetta per cominciare a farne la conoscenza. La più grande domanda per i fan però è: quale parte della storia ci viene raccontata, considerando l’ampiezza raggiunta ora dal franchise? Lo specifichiamo subito, non dovete aspettarvi niente di nuovo e originale, nessun colpo di scena o rivelazione in questo nuovo prodotto dedicato ai personaggi invincibili di One Piece.

Vero è anche però che la regia di Marc Jobst, Emma Sullivan, Tim Southam e Josef Wladyka è riuscita a creare qualcosa di godibile e aderente alla serie, al netto di qualche scivolone che vedremo a breve. La scrittura ha così dimostrato una sincera fedeltà nei confronti dell’opera di riferimento, in quanto sono state ricostruite perfino le stesse inquadrature del manga e ripresi a puntino costumi, dialoghi e situazioni. Ma fedeltà non è per forza sinonimo di qualità. Ne parliamo tra poco.

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Torniamo dunque alla trama, che riepiloga la saga dell’East Blue in otto puntate da un’ora circa ciascuna e ne riprende buona parte degli archi narrativi. Si parte da Gol D. Roger giustiziato, alla partenza di Luffy, che ci racconta di sé con lo sguardo direttamente in camera, fino a un necessario taglia e cuci per unire vari flashback ed evitare qualche momento più lento.

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Ottimi pirati, ma si imbarca anche un po’ d’acqua

Proprio il ritmo e la struttura del racconto sono uno dei punti di attenzione di One Piece, che a tal proposito rischiano di non essere sempre troppo bilanciati. Un problema non tanto per i neofiti, quanto per i fan, che conoscendo già ampiamente la vicenda, assistono alla costruzione dei rapporti tra personaggi e alla conoscenza dei vari protagonisti sullo schermo.

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Non mancano di certo scene d’azione e momenti cruciali, scritti e girati in modo da trasmettere comunque un palpabile impatto emotivo e sancendo un ulteriore legame forte con manga e anime. Inoltre, l’ambientazione nel villaggio di Usop o Arlong Park risulta fedele e utile a smorzare la tensione generata nei momenti precedenti.

Quanto invece è stato rivisto è il profilo di Koby (Morgan Davies), che si prende ampio spazio e snoda molto di più la sua sottotrama, insistendo quasi in maniera eccessiva sul rapporto con il viceammiraglio Garp.

Punti di forza e debolezza dei pirati su Netflix

Quest’ultima vicenda presente nell’adattamento è un esempio lampante della trasformazione delle microstorie in una sottotrama più complessa, in grado anche di proporre la messinscena con un gusto e un tono sicuramente più vicino al prodotto televisivo. Un punto a favore della serie TV è anche la capacità di cambiare spesso prospettiva, mostrandoci quanto accade anche a distanza dai protagonisti, con antagonisti e comprimari in grado di portare sullo schermo un cast vario e numeroso.

Anche i manifesti che compaiono in sovrimpressione ogni volta che appare un nuovo pirata, ci ricordano che servono a ricordarci costantemente che One Piece vuole essere tutto tranne che realistico. E lo si evince parecchio anche da alcuni costumi e realizzazioni di imbarcazioni, a testimonianza di quanto anticipato sopra: fedeltà non corrisponde necessariamente a qualità.

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Ed è qui che casca l’asino, perché alcune parrucche, dettagli dei costumi e delle scenografie sono oltremodo fittizi, mettendo in evidenza quanto lo stile artificioso degli adattamenti giapponesi, ma in maniera non troppo curata e financo “eccessiva nell’eccesso”. Anche alcuni personaggi non sono risultati prettamente centrati nella recitazione: lo stesso protagonista, interpretato da Iñaki Godoy, per via del suo modo di fare purtroppo sopra le righe un po’ troppo spesso. Ed essendo uno dei maggiori personaggi della vicenda, non è facile a volte ricalibrare il tutto, seppur in un contesto già di per sé frizzantino.

La recensione di One Piece in breve

Nel suo complesso, la serie live action di Netflix riesce nel suo intento, soprattutto per coloro che non conoscono in maniera approfondita la storia e riescono ad avvicinarvisi senza troppe aspettative e difficoltà. Questo non significa che non si possano cogliere comunque delle pecche anche piuttosto evidenti, a partire dalla rappresentazione fittizia nell’estetica dei personaggi e di alcuni scenari, sì fedeli, ma talvolta simili a cosplay e ad ambientazioni ben poco realistiche. La trama è però aderente a quanto narrato nella serie manga e anime, così come il ritmo è complessivamente buono, fatto salvo per alcuni momenti morti. I pirati forse non sono riusciti a portarsi a casa il tesoro che stavano cercando, ma la ciurma guidata da Cappello di Paglia ha comunque saputo dominare abbastanza bene le acque dei suoi mari.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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