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The Curse: com’è la serie Paramount+ con Emma Stone

The Curse è disponibile dall'11 novembre su Paramount+.

In un panorama seriale in cui si faticano a scorgere lampi di originalità e sana corrosività narrativa, arriva una nuova sconcertante serie, che difficilmente vi lascerà indifferenti. Stiamo parlando di The Curse, serie con Emma Stone, Nathan Fielder e Benny Safdie, disponibile dall’11 novembre su Paramount+ con la pubblicazione di un nuovo episodio a settimana. Uno show sconcertante, co-creato dagli stessi Nathan Fielder e Benny Safdie e incentrato sulla satira politica, sociale e televisiva, che prende di mira soprattutto la cosiddetta real TV e l’ipocrisia che si cela sotto la sua patina di falsa perfezione.

Nel bene e nel male, The Curse è un prodotto di rottura. Rottura nei confronti dell’imperante narrazione ovattata e standardizzata, che qui viene distorta verso coordinate lynchane, dilatando fino allo sfinimento eventi e dinamiche interpersonali; rottura verso la società dell’apparenza e del personal branding, smascherata soprattutto dal perfido personaggio della solita strepitosa Emma Stone; rottura delle nostre stesse abitudini di visione, in quanto siamo continuamente forzati a osservare gli eventi con inquadrature sghembe, con oggetti e vari tipi di filtri continuamente frapposti fra noi e i personaggi, a sottolineare l’incapacità di avere un quadro chiaro e preciso delle persone nella società contemporanea.

The Curse: una strepitosa Emma Stone al centro della nuova sconcertante serie Paramount+

The Curse

Al centro di The Curse c’è la coppia formata da Whitney (Emma Stone) e Asher (Nathan Fielder) Siegel, protagonisti di uno show televisivo infarcito di buoni propositi e solidarietà. Nello specifico, Whitney e Asher si occupano della comunità di Española in Nuovo Messico, dove aiutano a sviluppare case eco sostenibili in una zona a forte rischio di gentrificazione. Ovviamente, la realtà è ben diversa dall’apparenza. Lei è una sociopatica in cerca di visibilità e soddisfazione per il proprio ego, mentre lui è frustrato, represso e servile nei confronti della compagna. I due vivono un rapporto e una sessualità disfunzionali, sotto gli occhi del loro amico e produttore Dougie Schecter (Benny Safdie), che cinicamente cerca di trasformare ogni attimo di vita intorno a lui in materiale per lo show. Mentre una maledizione incombe su Whitney e Asher, la situazione degenera sempre di più.

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Non è difficile scorgere nel perturbante alla base di Twin Peaks e di tutto il cinema di David Lynch il manifesto punto di riferimento di The Curse. L’operazione di satira alla base della serie è infatti analoga a quella compiuta nei confronti delle soap opera dal maestro statunitense, e la doppiezza dei personaggi è un elemento comune ai due progetti. Mentre Twin Peaks riusciva però a costruire un suggestivo mosaico di misteri ed elementi soprannaturali, dando vita a momenti di struggente umanità, The Curse fatica enormemente a creare il proprio universo, proponendo paradossalmente allo spettatore per lunghi tratti la stessa overdose di squallore, buonismo e falsità alla base di qualsiasi reality show. Le quasi 10 ore di durata si sentono, dal momento che senza un vero mistero di fondo e uno scampolo di umanità risulta difficile affezionarsi ai personaggi. Aspetto solo parzialmente mitigato dalla programmazione settimanale degli episodi.

The Curse: fra David Lynch e la real TV

Ma l’intento di The Curse in fondo è anche quello di farsi odiare e farci odiare questo mondo all’insegna della menzogna che ha molti punti di contatto non solo coi reality, ma anche con l’ostentazione di cui si cibano i social network. Emma Stone incarna perfettamente tutto questo, facendo emergere il bisogno di spettacolarizzare ogni dettaglio, camuffando l’ossessiva ricerca di attenzione da dedizione al prossimo e trasformando l’arrivismo in ecologismo. Se non fosse una stella della real TV, Whitney sarebbe una perfetta influencer: ma c’è davvero differenza?

La sua abilità di manipolatrice è resa ancora più evidente dalla personalità dimessa di Asher, che sfocia a più riprese nella rabbia e nella totale meschinità. Con l’aggiunta della spregiudicatezza di Dougie (nome non a caso familiare ai fan di Twin Peaks), abbiamo un perfetto tris di narcisismo, sociopatia e bassezza morale, perfettamente in linea con ciò che occupa abitualmente i palinsesti televisivi generalisti, forgiando la regressione culturale ed etica di intere nazioni. Un’operazione spesso diluita dalla durata esagerata di The Curse, ma non per questo meno potente o meno condivisibile.

Un epilogo spiazzante

The Curse

Chi riuscirà a superare una parte centrale della stagione decisamente sfiancante e ridondante sarà ripagato da degli episodi conclusivi ben più efficaci e centrati, che enfatizzano la feroce critica alla televisione (splendido il contrasto fra le immagini perennemente offuscate del privato di Whitney e Asher e la fotografia patinata dello show che li ospita) e sterzano bruscamente verso il soprannaturale, fino a un epilogo spiazzante e dalle atmosfere kafkiane.

Disprezzerete i protagonisti di The Curse, odierete i suoi passaggi meno riusciti e arriverete persino a rimpiangere visioni più rassicuranti. Ma al tempo stesso in questa serie troverete momenti di grande serialità, nonché immagini che ci parlano del nostro presente e di ciò da cui ci stiamo lasciando condizionare. E alle immagini bisogna sempre credere, perché in un mondo di falsità sono gli unici appigli per intravedere un briciolo di verità.

The Curse è disponibile dall’11 novembre su Paramount+.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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