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L’indie da scoprire – Inside

Incubo, tensione, sorveglianza. Una situazione che ci fa sentire bloccati in un “Limbo”, proprio come il titolo platform del team Playdead che è precedente all’altro piccolo, grande capolavoro di cui andiamo a parlare. Questa piccola meraviglia indie sbarcato oltre quattro anni fa su console e PC è proprio Inside, che ci racconta una storia distopica. Un viaggio oscuro, non solo per i suoi temi, ma anche per la necessità di dover rimanere nel buio ed evitare i fasci di luce pericolosi. Dopo aver accarezzato le note melodrammatiche di GRIS e quelle nostalgiche di To the moon, in questo speciale de “L’indie da scoprire” andiamo a rispolverare insieme questa narrazione dal gameplay al cardiopalma. Uno dei migliori esempi della produzione indipendente videoludica che va a braccetto con suo “fratello maggiore” e che non merita di rimanere nell’ombra. Questo, al massimo, tocca a noi per salvarci nella storia.

Inside, viaggio nell’inconscio e nella paura

Un titolo dalla tensione che difficilmente viene smorzata, questo ci mette tra le mani il destino di un bambino immerso in tanti ambienti diversi, uno più ostile e atipico dell’altro. Qui ogni minimo rumore potrebbe essere segnale di pericolo imminente e mortale. Siamo abitanti di un mondo dove ci muoviamo all’interno di un progetto oscuro e alienante. Tutto in Inside viene presentato in modo amplificato dalla visione che abbiamo del mondo attraverso gli occhi di questo bambino. Un protagonista così lontano dagli schemi e stereotipi che siamo stati abituati a incontrare in queste situazioni. Qui l’unica possibilità di sfuggire alla morte è quella di nasconderci nel buio o diventare un pezzo senza identità di una catena umana senza fine. Ma da cosa scappare? Playdead ha saputo presentare un gioco che sviscera le paure e le tensioni umane. Le racchiude in questa creazione, dimostrandoci che per sopravvivere conta davvero quello che dimostriamo esternamente, omologandosi e rimanendo impotenti di fronte a uno spettacolo duro e commovente. Vince solo chi rimane fedele alla propria identità, ma lo fa implicitamente, nascondendo questa verità agli altri, e forse un po’ anche a se stessi.

Ambientazioni buie, emozioni vivide

Se la narrazione di per sé ci presenta temi a tratti disturbanti e non sicuramente piacevoli, guardiamo invece al lavoro tecnico e grafico del team. Questo ci offre sì un titolo tanto buio graficamente e narrativamente, quanto brillante per le emozioni che sa suscitare in noi. Come si evince sin dal primo approccio, non si punta su meccaniche di gioco rinnovate, per farci gustare appieno questo capolavoro dalla grafica e dai suoni coinvolgenti. Di fatto, durante il gioco non visualizziamo nessuna barra della vita né punteggi sullo schermo, nemmeno delle icone di alcun tipo. Se giocato su Nintendo Switch inoltre, le dimensioni ridotte dello schermo su cui guardiamo l’ambientazione ci aiutano a riflettere ancora meglio sulle mosse da compiere. Una sensazione che invece perdiamo nel porting su TV. Siamo di fronte a un single-player che ci fa vivere questa esperienza di gioco con il cuore in gola. Questo per via di nemici che non vedono l’ora di ucciderci sguinzagliandoci contro cani affamati e capannoni abbandonati in un panorama post-apocalittico. Un single-player dove però siamo connessi a uomini senza volto, per impartire loro ordini attraverso la nostra mente, eliminando anche la parola. Un altro fattore identitario di cui siamo privati.

Il nostro corpo sarà collegato a quello di altre persone, dando spazio al controllo mentale che ci lega agli altri, nel bene e nel male. Per quanto siamo di fronte a un protagonista piccolo per età ed esile di fisico, la sua forza fisica e interiore saprà stupirci più volte, soprattutto nei momenti di puzzle game. Tutto rende il gioco magnificamente drammatico, senza colonna sonora, dialoghi e voice-over per immergerci appieno in questo mondo.

Perché giocare a Inside ancora oggi

Come avrete percepito in diversi punti della nostra analisi, Inside è ancora oggi un indie valido, anche a fronte di una produzione in questo angolo di mondo videoludico sia sempre più ampia e variegata. Vale la pena riscoprirlo, accanto a Limbo, proprio per la narrazione distopica e coinvolgente che ci offre e per la sua capacità di immergerci in un’atmosfera che ci fa vivere sulla nostra pelle un’esperienza riflessiva. Sa distinguersi ampiamente da tante altre avventure videoludiche, per grafica e per storia complessa e quasi difficile da accettare. Infine sa anche insegnarci che non dobbiamo perderci nel buio del diktat del terrore e del nichilismo, rimanendo abbarbicati al baluardo della nostra identità personale. L’unica luce salvifica in un mondo che invece punta a costringerci a rimanere nell’oscurità, fisica e simbolica.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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