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La pipetta soffia pallina (o come si chiamava). La macchina del tempo

È apparsa anche come soffiasù o schwebend ball

Non so, cari lettori, cosa ne pensiate voi. Ma a nostro parere un gioco, per essere tale, deve anzitutto avere una funzione ricreativa. Deve divertire, insomma, o quanto meno svagare. Perché ciò avvenga, occorre come minimo una condizione imprescindibile: che ci sia qualche possibilità di svolgere il gioco medesimo con profitto. In altre parole: se a quel gioco non vinco mai, e neppure riesco a trarne un po’ di foraggio per la mia autostima, allora è meglio che io torni a lavorare. Almeno mi pagano.

Tutti d’accordo? E allora perché, qualche tempo fa, siamo stati tutti attratti da un gioco di cui nemmeno abbiamo mai saputo il nome?

La pipetta soffia pallina

Davvero: figurarsi quanto può essere affabile un gioco che non ha mai messo d’accordo nessuno nemmeno sul nome.

L’estensore dell’articolo ha fatto un’indagine presso suoi conoscenti, che hanno trascorso l’infanzia in pressoché tutte le venti regioni italiane. Dopo la descrizione dell’oggetto, l’unica risposta pervenuta è stata più o meno la seguente: “Ah, sì! La pipetta soffia pallina”.

Il gioco – siamo quasi pronti a spiegarvi cos’è, anche se tutti avete già capito di cosa si tratti – negli anni è apparso con altri due nomi. Uno, come vedremo, è puro marketing, soffiasù (con un commercialmente furbissimo e grammaticalmente sbagliatissimo accento sulla u). E l’altro è nientemeno che schwebend ball, con un miscuglio di tedesco (schwebend, che significa fluttuante, sospeso) e inglese (ball).

Paperinos soffiasu

Cos’è la pipetta soffia pallina

La pipetta soffia pallina può essere in plastica o in legno. Vi si soffia dentro per tentare l’impossibile: ovvero mantenere in equilibrio aereo una pallina in virtù del getto d’aria da noi prodotto. La pallina dovrebbe, dopo aver lievitato, cadere nel piccolo cestino, o canestro che dir si voglia, posto all’estremità della pipetta.

Alcuni avveduti produttori di questo gioco per masochisti, dopo milioni di lettere di protesta di famiglie disperate perché decine di palline erano scomparse negli angoli più bui e polverosi di casa, ha adottato una miglioria. Ovvero ha legato la pallina alla pipetta per mezzo di una cordicella. Il gioco sarebbe stato comunque impossibile da svolgere con soddisfazione, ma almeno la pallina non si sarebbe persa.

Un gioco impossibile

Perché sì, generazioni di bambini (e adulti, diciamo la verità) hanno giocato a un gioco impossibile.

Funzionava così. Si metteva la pipetta in bocca carichi di ansia. Si iniziava a soffiare dolcemente, e la pallina rimaneva immobile. Dopo di che si aumentava la forza del soffio, e la pallina si limitava a impercettibili movimenti. Allora si gonfiavano i polmoni d’aria, si soffiava con energia e la pallina finiva nella stanza adiacente.

Forse solo alcuni suonatori di launeddas, capaci di dosare il respiro al millimetro e di effettuare la respirazione circolare, erano in grado di tenere la pallina sospesa in aria (per qualche secondo).

La storia (ignota) della pipetta soffia pallina

Non proviamo neanche a fornirvi una qualche cronologia di un gioco che nemmeno ha mai saputo il proprio nome.

Di certo, la pipetta soffia pallina è un passatempo tradizionale, perché di semplice fattura. In realtà, abbiamo un’unica data certa, e anche precisa. Ovvero il 1982, e sicuramente prima del 30 giugno.

E qui ritorna in ballo il nome commerciale di soffiasù. Nei gloriosi anni Ottanta del Novecento, infatti, per convincere i bambini a lavarsi i denti era stato prodotto il dentifricio Paperino’s, al gusto di fragola più intenso che sia mai esistito. Tuttavia, siccome da solo questo espediente non era bastevole a convincere i giovanissimi ad aver cura della propria igiene orale, a Paperino’s erano collegati diversi gadget omaggio. Nella primavera del 1982 è stata appunto la volta del soffiasù, come potete constatare dal reperto pubblicitario scovato per voi.

Idea geniale: il bambino adoperava la pipetta soffia pallina, falliva nell’intento e non gli restava che lavarsi i denti.

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Confessione finale

Cari lettori, tenetevi forte: la fotografia di copertina, con la pipetta soffia pallina in legno su sfondo rosso, è stata scattata dall’estensore di questo articolo. E la pipetta appartiene a sua figlia.

Questo dimostra che, per quanto ingiocabile, il passatempo in questione è ancora oggi vivo e vegeto. Forse perché stimola in qualche modo la parte masochistica di noi, il piacere sottile e misterioso che si prova nel fallire.

O forse perché, senza scomodare interpretazioni psicanalitiche, quella del volo è sempre stata una delle azioni (e immaginazioni) che ci affascina di più.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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