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Renè Ferretti ha creato il suo capolavoro? La spiegazione del finale di Boris 4

Attenzione: l'articolo contiene spoiler mastodontici almeno quanto la vita di Gesù

Dopo ben 11 anni di attesa i fan di Boris, un gruppo di cultori che vive di citazioni assolutamente incomprensibili al resto del mondo, hanno avuto ciò che aspettavano: l’attesissima quarta stagione.

Attraverso 8 spettacolari episodi, la troupe de Gli Occhi del Cuore ritorna sul set per girare La Vita di Gesù. E lo fa in pieno stile Boris, “cambiando tutto per non cambiare niente”. Insomma, volendo citare il regista Renè Ferretti, è “stessa mer*a di sempre, un tanto al chilo”, solo che stavolta è venduta agli americani della fantomatica piattaforma streaming.

È Boris al 100%, almeno fino alla seconda parte dell’episodio finale, quando qualcosa accade, e tutto diventa quasi onirico e surreale. Le ipotesi sono molteplici, quindi bando alle ciance e cerchiamo di dare una spiegazione al finale di Boris 4.

Per prima cosa è importante ricordare che questa quarta stagione è stata caratterizzata da alcune assenze importanti. In particolare due: Roberta Fiorentini (che nelle prime tre stagioni e nel film interpretava il personaggio di Itala) e Mattia Torre, che insieme a Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscono era uno dei tre sceneggiatori e registi reali dello show.

Entrambi sono venuti a mancare, lasciando un grosso vuoto in quel gruppo di attori che per circa 15 anni ha abitato l’universo narrativo di Boris. E mentre Itala è stata omaggiata in modo estremamente commovente nel primo episodio della stagione 4, lo spirito di Mattia Torre aleggia sull’intera serie, grazie al personaggio interpretato da Valerio Aprea. Una delle chiavi di lettura per fornire una spiegazione al finale di Boris 4 risiede proprio nel personaggio dello sceneggiatore.

Cosa succede nel finale di Boris 4?

Negli episodi finali vediamo Renè che, su suggerimento “prensile” di Glauco, decide di andare contro tutto e tutti, voltando faccia tanto agli attori de La Vita di Gesù, quanto alla potentissima piattaforma e alle pericolose fonti di finanziamento illecito della QQQ (Qualità Qualità Qualità), società di produzione fondata da Lopez insieme a suo “zio” Michele. In pratica Renè utilizza il set de La Vita di Gesù per girare del materiale per un suo progetto, con protagonista Tatti Barletta. Dopo un furioso litigio con l’attore/produttore Stanis alla fine dell’ultimo giorno di riprese, il regista si nasconde da sua figlia, dove ultima il montaggio del suo film “abusivo” e lo pubblica in rete.

Le conseguenze non tardano ad arrivare: la piattaforma che aveva investito nel progetto de La Vita di Gesù lo ritraccia e lo convoca a Londra, dove gli avvocati d’accusa gli presentano una mozione di estradizione negli Stati Uniti, dove il regista rischia la galera. A quel punto è il personaggio di Valerio Aprea, che per tutta la stagione aveva dialogato solo con i suoi colleghi sceneggiatori, a suggerire a Renè di “seguire la musica”. In uno sfrontato quanto surreale omaggio a Flashdance, Renè comincia a ballare, convincendo gli avvocati della piattaforma a trovare un accordo.

Nell’ultima sequenza vediamo il cast de La Vita di Gesù riunirsi al cinema per la prima di Io Giuda, il film di Renè Ferretti. Ma qual è il vero significato di questo finale di Boris 4? Le ipotesi sono molteplici.

Il significato del finale di Boris 4: Renè come Giuda

Non è un caso che il film di Renè si chiami Io Giuda. Il regista tradisce, nel corso delle otto puntate, tutti. Comincia orchestrando l’esclusione di Corinna, per poi decidere di far fuori Stanis. Scoperto dai due, getta le colpe su Lopez. Il personaggio di Renè ha, volendo utilizzare un termine caro all’algoritmo, un suo “ghost”. Per tutta la vita il regista ha tentato di realizzare “cose belle”, dovendosi puntualmente rassegnare al fatto che “un’altra televisione non è possibile”.

Renè si porta quindi un carico di frustrazioni accumulate negli anni che, con le riprese de La vita di Gesù, non fanno che aumentare. In primis si rende conto che, ancora una volta, nonostante le ambizioni internazionali del progetto, avrà a che fare ancora con l’egomania Stanis, l’incapacità attoriale di Corinna e i finanziamenti torbidi di Lopez. Poi si ritrova a dover girare una brutta copia di un suo progetto personale, Anni ‘70, che diventa la base per la storia teen di Gesù, imposta dall’algoritmo.

Insomma, ancora una volta, Renè Ferretti si ritrova impotente davanti alla macchina produttiva italiana. Come dirà lo stesso regista, su suggerimento di Valerio Aprea nell’ultima puntata, “noi siamo il contrario di Re Mida: quello che tocchiamo diventa mer*a”.

Ecco perchè Renè diventa il vero Giuda, tradendo tutti pur di realizzare la sua opera. Forse, per la prima volta, riuscendo nell’incredibile risultato di “fare la qualità”. Emblematico è poi il fatto che, sul tappeto rosso di Io Giuda, vengano intervistati tutti (da Stanis a Mariano, che probabilmente neanche compare nel film). Tutti tranne Tatti Barletta, che dovrebbe esserne il protagonista. Questo a simboleggiare che, probabilmente, il protagonista simbolico del film è proprio Renè.

L’interpretazione metaseriale del finale: una commovente lettera d’amore a Mattia Torre

Non abbiamo certamente bisogno di questo articolo per ricordare che Boris è, com’è sempre stata, un’operazione metaseriale. La televisione che critica e parla di sé stessa. In questa stagione più che mai lo show scritto e diretto da Ciarrapico e Vendruscolo sembra raccontarsi senza mai risultare autocelebrativo o autoindulgente, anzi. L’ultimo episodio si apre con i tre sceneggiatori che si interrogano sul futuro del progetto di Renè Ferretti. La risposta la fornisce Valerio Aprea, che nella serie rappresenta lo spirito di Mattia Torre. “Se fai tre su cinque Renè Ferretti fa il capolavoro”, dice Aprea allo sceneggiatore interpretato da Andrea Sartoretti, sfidandolo a fare canestro con delle palline di carta. “Altrimenti farà la mer*a come sempre”. Dopo due canestri falliti e due a segno, l’ultimo tiro rimane in bilico per tutto l’episodio.

Leggendo la scena in chiave metaseriale, è bello immaginarci che gli sceneggiatori abbiano deciso di esternare i propri dubbi sulla quarta stagione di Boris. Dopo più di 15 anni la serie è diventata un fenomeno cult, quindi il rischio di “rovinarla” con una quarta stagione era elevato, soprattutto dopo la prematura scomparsa di Mattia Torre. Ecco quindi che gli sceneggiatori finti ci lasciano in bilico: Boris 4 sarà un capolavoro o “la mer*a”? Alla fine però il canestro entra e nel farlo schiaccia l’algoritmo rappresentato da una scimmia. Boris, sfuggendo a tutte le regole scritte e algoritmo-friendly, riesce a vincere, conquistandosi il suo posto anche “sulla piattaforma” (che in ultima analisi sarebbe Disney+).

L’ultima scena invece, quella del cinema, è quanto di più commovente abbiamo visto nel corso delle quattro stagioni. I due sceneggiatori tengono il posto al loro collega, che ancora solo loro possono vedere, mentre il film inizia. “Quand’ero piccolo volevo cambiare il mondo” dice il Giuda interpretato dal personaggio di Tatti Barletta nell’incipit, “e purtroppo l’ho cambiato”. Immediatamente dopo Boris 4 si chiude prima con un’inquadratura su Valerio Aprea, e poi con una vera foto di Ciarrapico, Vendruscolo e Torre con la scritta “A noi, il mondo, l’hai cambiato. Manchi collega, sempre di più”.

“È la locura Renè, se l’acchiappi hai vinto”

Restano però ancora molti dubbi e domande irrisolte sul finale di Boris 4. In primis: come mai Renè vede e parla con lo sceneggiatore interpretato da Valerio Aprea (che per tutta la stagione si è mostrato solo ai due colleghi)? Cosa vuol dire quella scena surreale in cui Renè balla riprendendo l’iconica sequenza di Flashdance? Perchè i due ragazzi della piattaforma, quelli che accompagnano Allison al bar dove Renè viene “scoperto”, hanno un fare così ambiguo? E l’intera sequenza con gli avvocati perchè ci appare così “strana”?

La risposta, probabilmente, ce l’aveva suggerita lo stesso Valerio Aprea in quello spettacolare monologo in chiusura di terza stagione: la locura. “La tradizione, o mer*a come la chiami te, ma con una bella spruzzata di pazzia. In una parola: Platinette”.

La locura potrebbe davvero essere la chiave di lettura di tutto il finale, non dovendo necessariamente cercare spiegazioni per ogni scena. Del resto quella del ballo non si è neanche preoccupata di mascherare il fatto che a ballare sia una palese controfigura di Pannofino. Non è poi un caso che sia lo stesso Valerio Aprea a suggerire a Renè di “seguire la musica”, proprio come dieci anni prima gli aveva suggerito di “cercare la locura”.

Ipotesi assolutamente non verificate: e se Renè fosse pazzo?

Volendo slegarci dalla spiegazione “ufficiale” del finale di Boris 4, ci piaceva chiudere questo articolo aprendoci a ipotesi e possibilità. Una di queste, decisamente affascinante ma assolutamente speculativa, riguarda la presunta pazzia di Renè, che ad un certo punto nel corso della stagione avrebbe perso il senno, forse ossessionato dalla ricerca della qualità.

Del resto la prima scena della quarta stagione si apre con il regista che cammina per strada mentre sente una donna sussurrare qualcosa. Subito dopo lo vediamo mangiare un panino mentre la boss della piattaforma parla, mentre Arianna lo guarda stupito, come a dire “ma che fai?”. Anche la successiva domanda di Renè ad Allison potrebbe denotare una presunta instabilità. Ad ogni modo è negli episodi finali che questa teoria prende forma.

Negli ultimi episodi Stanis dice ad Arianna che “Renè sono giorni che non è più lo stesso, parla solo con il pesce”. Anche Sergio, durante un colloquio con Lopez che lo aggiorna sul lavoro del regista, dice “Renè? Ma che è matto?”. Questa interpretazione giustificherebbe anche come “visioni” tutto ciò che accade nella seconda parte dell’ultimo episodio, con quell’onirica sequenza di danza, l’incontro con gli avvocati e la scena del cinema. Queste potrebbero, secondo questa interpretazione, essere tutte proiezioni della sua mente.

Infine, che sia voluto o meno, l’ultima scena al cinema ci ha ricordato molto la sequenza finale di Lost. Nella serie americana i personaggi si ritrovano tutti in un tempo e un luogo indefinito, in quella che sembra una chiesa. Nel finale di Boris 4 accade lo stesso, solo che il luogo deputato è invece una sala cinematografica. Sala che, in questo contesto, diventa la casa di tutte le maestranze coinvolte: regista, attori, sceneggiatori. L’opera di Renè non finisce sulla piattaforma, ma diventa la scusa per riunire tutti nella stessa sala, anche quelli come Martellone, che probabilmente neanche compariranno nella pellicola. Non è importante quando, dove e perchè – come del resto non lo era in Lost – ciò che importa è che tutti i personaggi si ritrovino insieme, mettendo fine alle varie frizioni nate nel corso della stagione.

Ora non ci resta che attendere e sperare in una quinta stagione. I presupposti ci sono tutti. E “dai dai dai“.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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