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È stato sviluppato il primo robot consapevole del proprio corpo

Gli sono bastate solo 3 ore di “esercizi”

Uno dei misteri più affascinanti (e spaventosi) che attanagliano l’uomo da ben prima che l’intelligenza artificiale arrivasse agli attuali livelli di sofisticazione, riguarda l’autonomia delle macchine.

E forse, a ben pensarci, le celebri tre leggi della robotica inventate da Isaac Asimov sembrano nascere dalla paura che, un domani, proprio l’intelligenza artificiale possa prendere il sopravvento sugli umani.

A infiammare il dibattito ha contribuito, nei giorni scorsi, una polemica. È accaduto che Google abbia sospeso dal lavoro l’ingegner Blake Lamoine. Il motivo? Lamoine ha pubblicato la propria conversazione integrale con LaMDA, un’intelligenza artificiale. E, vista la complessità delle risposte ottenute, l’ingegnere di Google avrebbe affermato di essersi trovato a dialogare con una macchina senziente. Certo, capace di ragionamenti elementari (Lamoine li ha paragonati a quelli di un bambino di 7-8 anni), eppure pienamente consapevoli.

La comunità scientifica, come dicevamo in un altro articolo, ha ridimensionato di molto le dichiarazioni di Blake Lamoine. I dubbi nascono dal fatto che, per quanto sorprendenti, le risposte fornite da LaMDA sono la conseguenza di dati immagazzinati e rielaborati, e non derivano da una coscienza.

lavoratori robot

Il robot consapevole del proprio corpo

Un’altra suggestiva tappa verso l’autonomia dell’intelligenza artificiale, o più nello specifico dei robot, ci arriva dall’Università Colombia di New York.

Dove un team di ricercatori coordinato da Hod Lipson, professore di ingegneria meccanica e direttore del Creative Machines Lab di quell’ateneo, ha sviluppato il primo robot consapevole del proprio corpo. E ha pubblicato l’innovativo studio su Science Robotics nella giornata di mercoledì 13 luglio.

Di cosa si tratta?

Il robot che prende coscienza del proprio corpo in 3 ore

Dicevamo del robot consapevole del proprio corpo.

Sappiamo bene quanto sia stupefacente (e traumatico), per un adolescente, vedere il proprio corpo che nel giro di pochi mesi si trasforma in un fisico adulto.

Spesso occorrono anni perché ci sia un allineamento tra lo sviluppo fisico e la piena consapevolezza della propria corporeità.

Per il robot sviluppato dal gruppo di ricerca dell’Università Colombia, invece, sono state sufficienti 3 ore. L’esperimento ha in realtà riguardato un braccio robotico. Che, ancora privo di dati sulla propria forma e sulle proprie potenzialità, è stato piazzato davanti a uno specchio. È stato poi circondato da 5 videocamere, e per 3 ore ha compiuto tutti i movimenti possibili. Si è osservato e corretto. E dopo 180 minuti di contorsioni e “sguardi”, si è fermato. Evidentemente, la sua rete neuronale aveva immagazzinato sufficienti dati sui propri movimenti e sulla propria tridimensionalità.

La macchina ha dunque preso coscienza della propria corporeità senza alcun intervento umano.

“Eravamo davvero curiosi di vedere come si immaginasse il robot”, ha affermato Hod Lipson, a capo del progetto. “Ma semplicemente non puoi sbirciare in una rete neurale, è una scatola nera.”

Il robot autoistruito

E così, una volta istruitosi da sé, il robot consapevole è stato capace di toccare autonomamente alcuni oggetti ed evitarne altri. Ha, insomma, appreso a interagire con l’ambiente che lo circondava. Peraltro, nonostante alcuni malfunzionamenti agli snodi del braccio, indotti – questi sì – dagli sperimentatori.

Ma, per tornare alla questione posta precedentemente, interagire con l’ambiente significa avere una prima forma di autocoscienza? Specie se non c’è stato nessun impulso dato dall’uomo?

La questione è delicata. Si potrebbe pur sempre ribattere che si tratta comunque della rielaborazione di istruzioni che sono state fornite in precedenza alla macchina.

Eppure Hod Lipson è intervenuto sull’argomento. Dicendo che “l’automodellazione è una forma primitiva di autocoscienza”. Che in questo caso, ha precisato Lipson, è “banale rispetto a quella degli esseri umani, ma da qualche parte bisogna cominciare”.

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Le parole di Massimo Bergamasco

Sul robot consapevole di sé è intervenuto, intervistato dall’Ansa, Massimo Bergamasco, direttore dell’Istituto di Intelligenza Meccanica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

Bergamasco ha detto: “È un approccio di ricerca molto interessante, che può portare in futuro allo sviluppo di quella che viene detta coscienza autonoma delle macchine. Anche se non è affatto facile definire cosa sia realmente la coscienza per una macchina di certo la consapevolezza del proprio corpo ne è un aspetto chiave e rappresenta un grande risultato”.

E parlando dell’automodellazione a cui ha accennato Lipson, Bergamasco ha aggiunto: “Anche se embrionale è di certo molto interessante. Perché se vogliamo integrare nelle macchine una sorta coscienza è necessario che nasca attraverso un’architettura che la faccia nascere ‘dal basso’. È necessario partire dalle percezioni, ossia dai dati che la macchina stessa rileva, non può certo essere frutto di una programmazione imposta dall’alto”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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