Vi abbiamo parlato molto spesso di sostenibilità, una causa presa a cuore – fortunatamente – da moltissime aziende nell’ultimo periodo. Setai è un’applicazione tutta italiana, sviluppata da due ricercatori con il supporto scientifico di eAmbiente, che permette di scoprire quanto è davvero sostenibile il cibo che intendiamo acquistare calcolandone l’impatto ambientale.
Setai permette di scoprire l’impatto ambientale dei prodotti
Sempre più consumatori si impegnano ad acquistare alimenti sostenibili, che abbiano il più basso impatto ambientale possibile. Ma non sempre è semplice scoprire quanto un prodotto possa essere nocivo per il nostro pianeta. Setai, però, può aiutarci. Si tratta di un’applicazione sviluppata da due ricercatori italiani, Edoardo Danieli e Andrea Longo, con l’aiuto di eAmbiente, una realtà veneta di ingegneria e consulenza ambientale ed energetica.
Come funziona? Basta scaricare l’applicazione nel proprio smartphone, inquadrare il codice a barre del prodotto che si intende acquistare e scoprire quanto davvero è sostenibile quel determinato alimento. Infatti l’app calcola il suo impatto ambientale, ovvero la carbon foodprint: le emissioni di gas serra generate durante tutta la fase di produzione.
Setai utilizza le informazioni presenti in alcuni database certificati dall’Unione Europea e dalle principali università, che hanno lo scopo di assegnare una categoria di riferimento al prodotto finito, in base alle emissioni di anidride carbonica. A ciò, poi, l’applicazione Setai unisce altri parametri legati al processo di trasformazione industriale e al metodo di trasporto utilizzato. In pratica traccia il prodotto dalla sua nascita all’arrivo sugli scaffali. Il voto di sostenibilità è espresso da 1 a 10, per facilitare la fruizione dell’applicazione e capire a colpo d’occhio quanto quel prodotto possa danneggiare l’ambiente. L’applicazione, poi, mostra anche la qualità dei valori nutrizionali.
Sostenibilità, un futuro sempre più plant-based
Quando si parla di sostenibilità, si menziona spesso quanto gli allevamenti intensivi siano una delle minacce principali per l’ambiente. Proprio a questo proposito, secondo un report pubblicato recentemente dal Boston Consulting Group, il consumo di carne avrà un picco nel 2025 per poi diminuire gradualmente per far posto alle proteine vegetali. Secondo le stime, nel 2035 le alternative vegetali costituiranno l’11% del mercato mondiale delle proteine.
Il cibo plant-based sta diventando la scelta di sempre più consumatori, che nel 2020 hanno consumato circa 13 milioni di tonnellate di alternative vegetali. Questo è dovuto a molteplici fattori. Con il passare del tempo, le persone sono sempre più consapevoli delle enormi quantità di emissioni dovute al processo produttivo della carne; e allo stesso tempo sul mercato si trovano sempre più cibi vegetali, soprattutto le cosiddette fake meat, che ricordano in tutto e per tutto la carne e sono adatte ad un pubblico onnivoro che non è ancora pronto a rinunciare al sapore e alla consistenza di un burger di carne.
Le varianti veg si stanno diffondendo e, con lo sviluppo di nuove tecnologie e supportando le giuste politiche, il settore delle proteine vegetali potrebbe ricoprire addirittura il 22% del mercato in meno di 15 anni.
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