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SIC: com’è il documentario su Marco Simoncelli

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Sbattiamocene i coglioni. Per chi non lo sapesse, è questo il significato che si cela dietro l’acronimo SIC, con cui era conosciuto e ancora oggi è ricordato Marco Simoncelli, centauro romagnolo tragicamente scomparso nel 2011 durante il Gran Premio della Malesia disputato sul circuito di Sepang, noto anche come Sepang International Circuit. Un cortocircuito di coincidenze ed emozioni contrastanti, su cui Alice Filippi impernia il suo documentario su Marco Simoncelli, intitolato proprio SIC e disponibile attualmente su Sky e Now. Un’opera inevitabilmente commovente ma anche estremamente vitale, che compie la coraggiosa scelta di tagliare fuori dal racconto l’ultimo maledetto giorno di Simoncelli per concentrarsi sul momento più felice della sua carriera, cioè il titolo mondiale della classe 250 da lui conquistato nel 2008 proprio a Sepang.

SIC: Marco Simoncelli rivive nel documentario di Alice Filippi

Con SIC, Alice Filippi si imbarca nella difficile impresa di descrivere una vita nel corso di poco meno di 90 minuti. Per farlo, si avvale soprattutto delle immagini del diretto interessato, di cui possiamo apprezzare la tipica schiettezza romagnola sia negli attimi rubati alla vita privata, sia a margine delle varie piste, dove si è distinto come uno dei motociclisti più apprezzato dai tifosi di tutte le nazionalità. Non mancano però contributi particolarmente sentiti e importanti, come quello del “babbo” Paolo Simoncelli, della “morosa” Kate Fretti, dell’idolo e amico Valentino Rossi e di altri personaggi particolarmente importanti per la carriera di SIC, fra cui l’avversario Alvaro Bautista, il Dottor Claudio Costa e il manager Carlo Pernat. Il risultato è il ritratto di un personaggio sempre fedele a se stesso, capace di infondere la sua simpatia e la sua vitalità al prossimo, sia in pista sia nel privato.

Un ragazzo indissolubilmente legato alla sua terra, che SIC omaggia ripetutamente attraverso immagini di repertorio e suggestive riprese dei luoghi a lui più cari, ma anche un pilota di rara tempra, pronto a dare vera battaglia in pista e letteralmente ossessionato dal sogno di diventare campione del mondo. La trionfale stagione del 2008 è effettivamente la descrizione perfetta della vita e della carriera di Marco Simoncelli, costellate da imprese inaspettate e ondate di allegria, ma anche da momenti di sconforto e incredibili colpi di sfortuna. Nella sua rincorsa al titolo della 250 e nelle parole di chi gli ha voluto bene, abbiamo così modo di ricordare il Marco più felice e spensierato, nonché quello che lui stesso avrebbe voluto ricordare: quello in sella a una moto che faticava a contenere sia la sua notevole stazza fisica, sia la sua impetuosa caratura umana.

L’ultimo sorpasso di Marco Simoncelli

Prevedibilmente, non mancano i momenti in cui è difficile trattenere le lacrime, come i festeggiamenti per la vittoria al Mugello insieme alla sorellina o la commozione trattenuta a stento da babbo Paolo, che si dimostra ancora una volta uomo di invidiabile dignità e di ineguagliabile caratura umana, regalandoci il miglior ritratto possibile di suo figlio, sincero e appassionato come Marco.

Mentre la continuità fra immagini di repertorio e interviste è garantita da un notevole lavoro della regista con lenti anamorfiche e modifica dell’aspect ratio, a lasciare a desiderare, come spesso avviene in progetti di questo tipo, sono invece le scene di finzione, che nulla aggiungono alla descrizione di uno sportivo la cui vita è già pura epica, e non necessita di alcun artificio volto a enfatizzarne determinati aspetti.

Anche se è impossibile seguire il motto di Marco Simoncelli e “sbattersene i coglioni” del cinismo con cui il destino ha portato via al motomondiale e al mondo intero un campione di soli 24 anni, SIC riesce nell’intento di rendere omaggio alla sua memoria, dandoci anche solo per un attimo l’illusione che lui sia ancora qui e regalandoci così il migliore dei suoi sorpassi, quello alla morte e all’oblio.

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