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Gli Editoriali di Tech PrincessRubriche

Il caso Instagram Kids e il rapporto tra social e adolescenti

Le polemiche con il Wall Street Journal, la chiusura della piattaforma. Ma i social media fanno male o bene ai giovani?

Da qualche giorno tiene banco, e riempie le pagine dei quotidiani, una polemica che ha visto contrapporsi da un lato il Wall Street Journal e dall’altro Instagram. Con ricadute sul progetto Instagram Kids, dedicato agli utenti più giovani.

Il caso è interessante anzitutto di per sé, e proveremo a ricostruire la cronologia della vicenda. Ma le accuse rivolte dal celebre quotidiano newyorchese alla piattaforma di Mark Zuckerberg, e la pronta risposta del gruppo Facebook, aprono anche a ragionamenti più ampi.

È tornata insomma attualissima la questione del rapporto tra social e adolescenti, e le fazioni sono molteplici. Le due posizioni massimaliste (i social per gli adolescenti sono da demonizzare e vanno vietati, i social per gli adolescenti sono indispensabili strumenti di conoscenza e vanno incoraggiati) attirano perché semplificano.

Ma occorre forse provare a fare un ragionamento più complesso e sfumato, guardando il fenomeno nella sua interezza.

Partiamo però dalla diatriba tra il Wall Street Journal e Instagram Kids, che può aiutarci a introdurre il discorso.

Instagram

Il Wall Street Journal accusa Instagram

Secondo il Wall Street Journal, senza tante perifrasi, Instagram è un social tossico per gli adolescenti.

O meglio, lo è secondo Facebook (gruppo di cui Instagram fa parte), e il quotidiano non ha fatto altro che scoprirlo.

Il Wall Street Journal ha infatti ottenuto gli esiti di un’approfondita ricerca non ancora pubblicata, secondo cui Instagram avrebbe effetti deleteri sugli adolescenti. Ingenera ansia e depressione oltre a “complessi relativi all’aspetto fisico”.

L’articolo è uscito lo scorso 14 settembre e fa riferimento a dati interni al gruppo Facebook del marzo 2020.

I ricercatori avrebbero scritto che “Il 32% delle ragazze adolescenti ha detto che quando si sentivano male con il loro corpo, Instagram li faceva sentire peggio”.

Addirittura, il 13% dei giovani britannici con pensieri suicidi, e il 6% dei giovani americani con problemi analoghi, avrebbero individuato in Instagram il colpevole.

La ricerca spiega come, tra i social media, Instagram sarebbe il più nocivo perché si basa quasi esclusivamente sulle immagini (e quindi sulla comparazione tra il proprio aspetto fisico e quello altrui).

La risposta di Facebook

A distanza di qualche giorno dall’articolo del Wall Street Journal arriva la replica del gruppo Facebook.

Che, tanto per iniziare, non smentisce la veridicità della ricerca svolta internamente, ma parla di una ricostruzione parziale da parte del quotidiano. L’articolo è apparso domenica 26 settembre sul blog ufficiale, a firma di Pratiti Raychoudhury, responsabile delle ricerche.

In estrema sintesi, il Wall Street Journal avrebbe omesso una parte cospicua del report, in cui si evidenziava come proprio Instagram venga avvertito dai giovani come un valido alleato contro una serie di problemi: dall’ansia alla solitudine, dalla tristezza ai disordini alimentari.

L’altra accusa al quotidiano è quella di aver sottolineato gli aspetti più negativi del social, prendendo come esempio una ricerca svolta su appena 40 adolescenti.

Intanto, Zuckerberg è stato convocato dal Senato, dove dovrà presentare il report integrale.

wall street journal

La chiusura di Instagram Kids

Nonostante il post di parziale smentita, il gruppo Facebook ha valutato opportuno sospendere il progetto Instagram Kids, destinato agli utenti under 13.

Adam Mosseri, a capo di Instagram, ha detto che la pausa “ci darà il tempo di lavorare con genitori, esperti, politici e regolatori, di ascoltare le loro preoccupazioni e di dimostrare il valore e l’importanza di questo progetto per i giovani adolescenti online oggi”.

Nei confronti dei più critici ha aggiunto che “i ragazzi sono già online, e crediamo che lo sviluppo di esperienze adeguate all’età progettate specificamente per loro sia molto meglio per i genitori di dove siamo oggi”.

Social e adolescenti: vietare, incoraggiare o…?

Le parole finali di Mosseri, qualunque sia il nostro punto di vista, sono indiscutibilmente vere.

Dal momento che giovani e giovanissimi hanno sempre più accesso ai social, negare le piattaforme porterebbe al rischio di trasgressioni inopportune, magari anche in orari notturni (è il cosiddetto fenomeno del vamping, in continua crescita).

Per questo non ci sentiamo di condividere un recente approfondimento del New York Times, che vedrebbe i social come strumenti unicamente per adulti, da vietare ai ragazzi.

A noi piace illuderci che un concorso di fattori possa permettere un accesso moderato, consapevole e controllato alle piattaforme social anche da parte degli adolescenti.

Il primo compito spetta alle aziende, che devono essere in grado di inserire nei social una serie di strumenti di supervisione. Strumenti che i genitori hanno il dovere di conoscere e applicare. Ma non solo: dai genitori ci si aspetta anche esempi virtuosi di comportamento, quindi un uso ragionevole e non ossessivo dei social.

Infine, la società tutta – dalla scuola alle amministrazioni – dovrebbe adoperarsi in modo permanente per sensibilizzare i cittadini di tutte le età a conoscere i social (nelle loro virtù e nei loro rischi) e a farne un uso responsabile.

L’alternativa, non ci sono dubbi, è proibire. Ma sarebbe lo specchio di una società che ci piace poco.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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