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Narcisismo digitale: il “selfie etico” è possibile?

Il 21 giugno sarà la giornata internazionale del selfie

Cari lettori, abbiamo uno scoop: esisteva un’epoca in cui non c’erano i selfie. Si poteva cenare serenamente, senza che nessuno tirasse fuori un’asta telescopica e obbligasse 48 commensali a schiacciarsi come sardine, per stare tutti dentro un’inquadratura minuscola.

Perché il selfie, nato appunto come pratica dell’autoscatto, è presto diventato l’emblema del narcisismo digitale, singolo o di gruppo. E “Ce lo facciamo un selfie?” è da anni – probabilmente – una delle frasi più pronunciate dagli under 40.

A testimonianza della diffusione e pervasività di questa pratica, dimentichiamoci che il 21 giugno sia l’inizio dell’estate. Cioè: lo è ancora, sia chiaro, ma è anche la giornata internazionale del selfie.

Selfie e narcisismo digitale

La tentazione immediata è quella di bollare il selfie come punta dell’iceberg del narcisismo digitale.

Imbarazza (ma, se il soggetto è adulto, indigna) vedere qualcuno che si prepara e agghinda per un tempo infinito, allo scopo di essere rappresentato da un selfie meglio di come realmente appare.

Quindi il selfie è da bollare senza appello?

laura chouette vsAd6PFDhbc unsplash

C’è selfie e selfie?

Andiamoci piano. Questo è in un certo senso il punto di vista di Cheerz, azienda di stampa per fotografia digitale.

Cheerz ha interpellato Ilaria Merici, psicologa e psicoterapeuta a Milano, per indagare i risvolti socio-psicologici del selfie.

La questione è: bisogna davvero apparire sempre in perfetta forma nelle immagini diffuse sui social media?

La selfie dysmorphia

La società attuale è minacciata da un duplice problema. Quello di una richiesta sempre più ossessiva di bellezza, gioventù ed energie psicofisiche da profondere. E quello del costante rischio di cortocircuito tra realtà e finzione, o meglio tra reale e virtuale.

Entrambi i problemi sono alla radice di ciò che viene chiamato selfie dysmorphia, ovvero una percezione  distorta di sé dovuta all’abuso di filtri e fotoritocco nei selfie.

Spiega Ilaria Merici: “Il selfie è un po’ lo specchio della società. Cerchiamo di rappresentare noi stessi al meglio nel contesto sociale attuale, in cui il successo personale viene definito da un’immagine e dalle interazioni social che ne derivano”. 

I cattivi maestri

Il narcisismo digitale ha i suoi cattivi maestri.

Spesso infatti vip e influencer mostrano di vivere in un Olimpo da cui è bandita ogni imperfezione. E figurarsi se i più giovani e i più influenzabili non cerchino di imitare i propri beniamini.

I selfie nature

Siamo dunque senza scampo?

Pare di no. C’è chi si sta ribellando. Esiste addirittura il movimento #nomakeup, che chiede esplicitamente di mostrarsi sui social in modo naturale, occhiaie e rughe comprese.

È un modo creativo per erodere il narcisismo digitale. E con lui i malsani modelli che mostrerebbero una (non umana, peraltro) perfezione alla quale tutti dovrebbero conformarsi.

La normalità, la verità, è altra. Come spiega sempre Ilaria Merici: “Essere naturali, spontanei e a volte un po’ sfatti sui social può diventare la normalità, perché non siamo soli, non dobbiamo solo vedere la perfezione e questo ci spinge a farci domande che non dovremmo, a imporci delle regole che non esistono, ad accettarci solo se è la società a farlo per prima.

La verità è che i social possono essere uno strumento utile se usato con il giusto peso: è incoraggiante sapere che sempre di più la filosofia di un autoscatto fatto e pubblicato con impulso, senza pensarci, sia sempre più diffusa al giorno d’oggi. Siamo sicuramente sulla giusta strada.”

Diffondere le diversità e non l’omologazione

I social, quindi, possono avere il potere di mostrare le diversità, le particolarità di ciascuno, e non la desolante omologazione a cui troppi utenti oggi tendono.

Ognuno ha i propri gusti e le proprie passioni, ma anche le proprie peculiarità fisiche. Se no come riconosceremmo già in lontananza, magari da un’andatura un po’ sbilenca, un nostro amico?

Ognuno ha i propri gusti ma anche la propria fisicità. Mostrarsi per come significherebbe quindi, per alcuni, compiere un grande gesto di coraggio, dimostrare un’emancipazione emotiva.

Dice Ilaria Merici: “Sta tutto nell’accettarsi e nel sentirsi liberi emotivamente parlando. Dopo anni di utilizzo compulsivo dei social network dovremmo aver imparato che ciò che vediamo su Instagram, o su TikTok, o su qualsivoglia social esistente, difficilmente rappresenta la realtà.

Perché non iniziare a preoccuparsi di meno e a diffondere messaggi positivi anche con una semplice foto? il potere dei social network è ancora grande e di impatto sulla vita di tutti, credo sia tempo di dare spazio a forme di ‘esibizionismo mediatico’ che siano positive e vantaggiose per tutti”.

Selfie. Sentirsi nello sguardo dell'altro
  • Editore: Feltrinelli
  • Autore: Giovanni Stanghellini
  • Collana: Campi del sapere

Una considerazione finale

Storciamo il naso di fronte a chi dichiara fieramente di non possedere un apparecchio televisivo perché “In TV passa solo porcheria”. Sciocchezza: in televisione si possono guardare bellissimi film, dignitosissimi programmi culturali eccetera.

L’elettrodomestico non ha colpe: ne ha chi lo usa male.

Lo stesso può davvero dirsi per i selfie? Ossia che i selfie non sono necessariamente riprovevoli, ma dipende appunto da quanto naturali ci mostriamo?

Siamo sicuri, insomma, che l’atto stesso di diffondere una propria foto mentre si adopera la friggitrice ad aria, o mentre si fa la Settimana Enigmistica a Lignano Sabbiadoro, non sia comunque un atto di narcisismo (digitale, d’accordo)? Anche se siamo in pigiama e non imbellettati?

E se quella delle foto nature diventasse presto la moda del farsi selfie senza ritocchi?

Evitare proprio di farseli, i selfie, renderebbe la vita così grigia?

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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