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FIAT 124, un’italiana alla conquista del mondo | Auto for Dummies

Da Torino a Togliatti, dalla Siberia al Sud America, la FIAT 124 è una delle auto più vendute della storia

Quest’anno abbiamo ricordato la nascita di automobili amatissime qui in Europa: Jaguar E-Type, la moderna MINI by BMW, Bugatti EB110 e così via. Ma, in realtà, il 2021 è il compleanno di un’automobile sottovalutata qui in Europa, ma artefice della motorizzazione di massa di milioni di persone nel mondo. Quest’auto è la FIAT 124, nata a Torino nel 1966 e arrivata a conquistare il mondo, dalla Siberia al Sud America, con la sua controparte sovietica. Curiosi di scoprire la sua storia, in onore del suo 55esimo compleanno? Benvenuti ad Auto for Dummies, la rubrica che vi racconta le storie più belle del mondo dell’auto? Pronti a prendere un volo Torino-Mosca?

La genesi di FIAT 124: una nuova, vecchia auto per sostituire la 1300/1500. E alla fine vince la trazione posteriore

Prima di capire come una normale berlina italiana abbia saputo conquistare oltre 17 milioni di clienti in tutti i 5 Continenti, bisogna conoscere la vettura in questione. Per capire cosa sia la FIAT 124, bisogna tornare indietro alla prima metà degli anni ’60. In quel momento, FIAT è in un momento di stallo. I suoi modelli, dalla piccola 500 alle più grandi 1300, 1500 e 2300, sono vetture nate tra la fine degli anni ’50 e i primissimi anni ’60. Vetture abbordabili, con uno stile apprezzato e una meccanica collaudata, ma ormai con diversi anni sulle spalle.

Tra le berline medio-piccole, le preferite delle famiglie medio-borghesi italiane, FIAT combatte con due punte, la 1100 e il duo 1300/1500. Sono entrambe vetture valide e affidabili, ma ormai vetuste: la 1300/1500 ha debuttato nel 1961, mentre la 1100 D era basata sul fantastico progetto 1100/103 del 1953. Per sfidare le agguerritissime Alfa Romeo Giulia, lanciata nel 1961, e Lancia Fulvia nata nel 1963, c’era bisogno di un progetto nuovo, moderno.

Il compito di progettare quest’auto andò al mitico progettista Dante Giacosa, di cui abbiamo parlato spesso nelle ultime settimane. Il papà delle più grandi FIAT della seconda metà del ‘900 era desideroso di cambiare, di seguire l’esempio della Lancia Fulvia e puntare sulla trazione anteriore. Giacosa così presentò due prototipi: uno, denominato 123A, dotato di motore e trazione posteriore; l’altro, il Progetto 124, adottava una più classica meccanica con motore anteriore e trazione posteriore. Sfidando un terzo progetto, con motore e trazione posteriore, la dirigenza FIAT decise di continuare con la tradizione, sposando il progetto a trazione posteriore. Il lavoro di Giacosa sulla trazione anteriore però non andò buttato, sfociando poi nella valida Autobianchi A111.

La meccanica prevista per la nuova vettura era piuttosto tradizionale nonostante sia nata da un foglio bianco. Motore anteriore longitudinale, trazione posteriore, sospensioni posteriori a ponte rigido, molle e ammortizzatori. Nonostante un telaio, monoscocca, e uno schema sospensivo molto tradizionale, non mancavano le novità. I freni, ad esempio, erano a disco su tutte e quattro le ruote, una rarità nel segmento, mentre il motore era tutto nuovo, un 1.2 4 cilindri con albero a camme laterali da 60 CV, progettato da Aurelio Lampredi. In più, la linea non ammiccava più all’America come le vecchie 1300/1500, bensì sfoggiava angoli squadratissimi, come andava di moda in quel periodo.

Il debutto di FIAT 124 è un successo: veloce, spaziosa e dalla linea moderna. È subito Auto dell’Anno

Con una meccanica a metà tra tradizione ed evoluzione, ed uno stile tutto nuovo e modernissimo per l’epoca, nel 1966 la nuova FIAT 124 arrivò sul mercato. Le prime prove dei colleghi dell’epoca furono entusiaste. Facile da guidare, stabile e con ottime prestazioni (0-100 km/h in 12,7 secondi e quasi 150 km/h di velocità massima), la nuova 124 è spaziosa e vispa.

Il successo in Italia è immediato, e non si ferma al Bel Paese: 124 infatti viene apprezzata anche fuori dai confini italiani, conquistando il premio di Auto dell’Anno per il 1967. Si tratta del primo riconoscimento per un’auto FIAT, e in generale per un’automobile italiana. FIAT 124 si fa notare, e convince: i consumi sono poi piuttosto parchi, con una media generale di 13/14 km/l. Non è però esente da difetti, primo tra tutti il serbatoio da soli 39 litri, che penalizza l’autonomia.

Nonostante questo, lo spazio a bordo per persone e bagagli e la guida disinvolta convincono il pubblico italiano e straniero. FIAT 124 è un successo, sia in versione berlina 5 porte che nella pratica versione Familiare. Il segreto di questo apprezzamento è l’equilibrio dell’auto: non eccelle in nulla, ma fa tutto meglio delle altre. Per questo, il progetto funziona, e ben presto arrivano delle interessanti evoluzioni.

L’evoluzione della 124: debuttano la Special, la T, le Sport Coupé e Spider

Dalla apprezzata FIAT 124 nascono poi delle versioni speciali e veri e propri modelli a sé stanti, a loro volta a dir poco mitici. Dopo l’arrivo della Familiare nel 1967, che aggiunge un serbatoio da quasi 50 litri, la prima evoluzione della 124 sono le due sportive, la 124 Sport Coupé e la 124 Sport Spider. Basate sul pianale della 124 berlina, sono dotate dello stesso motore 1.4 bialbero da 90 CV: si tratta della prima versione del mitico Bialbero Lampredi, un motore leggendario per FIAT che si legherà ad alcuni dei migliori modelli della Casa dagli anni ’60 in avanti.

Dotate di un’impostazione sportiva ma elegante, le Sport differivano non solo per la presenza o meno del tetto, ma anche per un’importante diversità stilistica. Se la 124 Sport Coupé era infatti stata disegnata dal Centro Stile FIAT, precisamente dalla matita di Mario Boano, la 124 Sport Spider è opera di Tom Tjaarda, firma all’epoca di Pininfarina. In più, la Spider sfruttava il pianale accorciato della berlina, differendo leggermente per dimensioni e passo.

Il motore 1.4 bialbero venne poi montato anche sulla 124 berlina, nella versione Special. Questa, come fa intendere il nome, è una 124 più ricercata: interni più curati, finiture più raffinate, e sotto il cofano troviamo il 1.4 ma in versione monoalbero, con 70 CV e una bella dose di prestazioni. Esteticamente, poi, la FIAT 124 Special abbandona i classici fari anteriori tondi per 4 bei fari squadrati, firma delle versioni S.

Ma la 124 non si accontenta. Mentre le versioni Spider e Coupé ricevono un nuovo motore 1.6 Bialbero da 110 CV, e l’estetica della Coupé diventa decisamente differente dalla Spider, la berlina riceve il 1.4 bialbero. Sebbene con potenza ridotta a 80 CV, arriva sul mercato la 124 Special T, Twincam, ovvero Bialbero. Il nome internazionale fa intendere il nuovo respiro di 124, capace di convincere anche fuori dai confini italiani. Nel 1972 poi arrivò l’unico restyling della FIAT 124: fari posteriori più grandi, fanali anteriori doppi più generosi per le 124 normali e squadrati per le Special, mascherina di plastica e interni con maggiore adozione di materiali plastici. In questo momento arriva anche la 124 Special T 1.6, dotata del 1.6 delle Sport depotenziato a 95 CV, capace di oltre 160 km/h.

Con questo restyling si conclude la vita in FIAT della 124, che cessa di essere prodotta presso Mirafiori nel 1974, dopo 9 anni di produzione, sostituita dall’altrettanto mitica FIAT 131. La Sport Coupé continua la sua carriera fino al 1975, mentre la 124 Spider, capace di essere apprezzata anche in America, verrà prodotta fino al 1985 con il marchio Pininfarina, nelle versioni Spideramerica e Spidereuropa.

In parallelo, però, qualcosa si muove in Russia: ecco nascere l’Avto-VAZ di Togliatti

Si conclude così la storia di 124, un’auto capace di colpire tanti client… sappiamo tutti che non è così, vero? Infatti, la vittoria del titolo di Auto dell’anno 1967, la meccanica tradizionale e le linee moderne attirarono tantissimi produttori stranieri. FIAT 124 venne infatti prodotta su licenza in tantissimi Paesi, europei e non. Dalla classica SEAT in Spagna alla Tofas di Bursa, in Turchia, dalla Pirin in Bulgaria alla Premier in India, FIAT 124 è stata prodotta anche in Costa Rica, Indonesia, Irlanda, Marocco, Pakistan, Perù, Portogallo, Singapore, Sudafrica, Thailandia, Uruguay, Venezuela e Zambia. Un turbinio di Paesi dal quale però manca il più importante: la Russia. Anzi, l’Unione Sovietica.

Nel 1964, infatti, il Partito Comunista Sovietico cercava in tutti i modi di motorizzare il suo enorme Paese. Le vetture prodotte in loco, dalle Uaz alle Volga, non erano abbastanza valide per essere prodotte in così grandi numeri, e gli alti costi di progettazione le rendeva troppo costose per la povera classe operaia russa. L’URSS così decise di allearsi con un Paese occidentale, sperando di risolvere così i suoi problemi.

La scelta non era facile: tra Renault, Citroen e Volkswagen le candidate non mancavano. C’era però una Casa che, tra tutte, sembrava la più adatta: FIAT. I modelli FIAT medi erano spaziosi, robusti e adatti ai climi rigidi e alle enorme distanze dell’Unione Sovietica. Fondamentale però fu anche la classe dirigente italiana in quegli anni. Negli anni ’60 in Italia il Partito Comunista era tra le principali forze politiche del Paese, il Governo dell’epoca era formato da una coalizione di stampo socialista e le relazioni tra il PCI e l’Unione Sovietica erano molto strette. Oltre a ciò, FIAT produceva nella sua fabbrica del Lingotto oltre 600.000 auto all’anno, una “potenza” richiesta dal Partito per la sua auto. Questi motivi, la validità del progetto 124 e la facilità con cui la fabbrica del Lingotto poteva essere “copiata” in Russia, portarono l’Unione Sovietica a scegliere FIAT.

E così, FIAT si lanciò nell’impresa di insegnare ai russi a costruire le sue auto: mandò i propri uomini a costruire la fabbrica, ad istruire gli operai, e redisse persino un vocabolario, il Dizionario Italiano-Russo per l’industria automobilistica, per insegnare ai russi i termini tecnici che, all’epoca, semplicemente non esistevano. Nella scelta del luogo dove costruire la fabbrica, si optò per la città meridionale di Togliatti. No, non è un errore di battitura. Nell’agosto del 1964, la città russa di Stavropol cambiò il suo nome in Togliatti, o Tolyatti, per omaggiare il segretario del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti, morto a Jalta pochi giorni prima. Un legame ancora più forte, seppur casuale, con l’Italia, che portò alla nascita della Avto-VAZ, la Volžskij Avtomobil’nyj Zavod.

La Lada 2101 Zhigulì, la 124 di Russia: le modifiche al progetto originale, tra freni a tamburo, manovelle e acciaio più spesso

I lavori per la costruzione della nuova fabbrica iniziarono nel 1966, al lancio della 124, e venne ultimata nel 1970, seppure cominciò ad essere parzialmente operativa dai mesi precedenti. Sebbene i russi fossero più inclini a scegliere la 125, vettura più grande ma basata sulle vecchie 1300/1500, FIAT convinse gli esponenti del Partito Comunista ad optare per la moderna e robusta 124. Al test sul campo, però, la 124 si rivelò un po’ troppo fragile: le sospensioni anteriori, con le buche delle strade siberiane, si rompevano facilmente, l’acciaio era troppo sottile e i freni a disco posteriori si bloccavano a causa di sabbia e ghiaccio, risultando inutilizzabili.

FIAT così modificò parecchio la sua automobile insieme ai tecnici Avto-VAZ. Al posteriore, i moderni freni a disco lasciarono subito posto a dei più riparati freni a tamburo in alluminio; le sospensioni vennero alzate e rese molto più robuste, così come il motore e la trasmissione, mentre la frizione a cavo viene sostituita con una più robusta frizione idraulica. In più, il sottile acciaio delle lamiere di 124 venne accantonato per un solido, spesso strato di acciaio sovietico, adatto alle temperature polari della Russia interna. L’estetica, però, rimase invariata, dando così vita alla Avto-VAZ 1200 conosciuta anche come 2101 o Zhigulì. Il nome non deriva dalle caramelle diffuse qui in Italia, bensì dalla catena montuosa che si trova nella zona di Togliatti.

Sebbene quindi da fuori le Avto-VAZ 1200 sembrino in tutto e per tutto delle 124 italiane, le differenze sono parecchie. Sulle prime versioni era addirittura presente un foro sopra il paraurti anteriore, per permettere in caso di freddo estremo di accendere l’auto con la manovella, bypassando l’eventuale batteria scarica. Si tratta quindi di una FIAT 124 molto più robusta, resistente e tosta, capace di resistere agli inverni siberiani senza paura. La Avto-VAZ poi ha deciso di rinforzare il telaio nei punti più sensibili, e di modificare il motore 1.2 di base. Il risultato era un motore con stessa cilindrata ma valvole in testa e qualche cavallo in più rispetto all’originale. Un aumento di potenza necessaria, visto che la 124 sovietica pesava oltre 100 kg in più rispetto alla FIAT italiana. Le modifiche fatte dalla VAZ furono poi talmente valide da essere adottate da FIAT nel restyling della sua 124.

Il successo clamoroso della 124 sovietica

Il piano previsto dal Partito per la nuova Avto-VAZ era semplice: motorizzare l’Unione con un’auto semplice, economica ma robusta. A causa delle estreme condizioni di diversi territori sovietici, infatti, le altre vetture prodotte in Russia erano o troppo fragili e piccole, o riservate ai membri del Partito, come le GAZ, le VAZ, le Volga o le ZIL. La piccola Жигули (Zhiguli) era invece abbordabile per gran parte della popolazione sovietica, tanto da diventare l’oggetto del desiderio possibile per milioni di famiglie sovietiche. Dal suo lancio nel 1970, la Avto-VAZ 1200, nota presto come 2101, ebbe subito un enorme successo.

In meno di un anno, la fabbrica di Togliatti produsse 100.000 vetture, e arrivarono nuovi modelli. Uno tra tutti la 2106, una versione irrobustita della FIAT 124 Special, da cui riprendeva anche l’estetica con i fari squadrati anteriori e il motore più potente. Arrivarono ben presto nuovi motori, da 1.3, 1.5 fino a 1.6 di cilindrata, ottenuti partendo dall’ottima base di partenza del 1.2 d’origine. Debuttò anche la versione familiare, denominata 2102, perfetta per la famiglia e il lavoro, e il successo si ampliò anche all’estero. Avto-VAZ cominciò ad importare le sue 2101 prima nei Paesi del blocco, e poi anche negli Stati limitrofi, come in Scandinavia o in Turchia. Il successo fuori dai confini delle 2101, forti di un prezzo molto contenuto e di un design ancora moderno, portarono Avto-VAZ a proporre la loro auto anche in Europa occidentale.

Il successo del nuovo modello fu scarso, a causa del nome, Zhiguli, molto difficile per gli automobilisti europei. Avto-VAZ così decise di ingentilire il suo modello di punta, dandogli il nome con cui è ancora conosciuto: Lada. Dopo questo stratagemma, le vendite cominciarono ad aumentare. La produzione a Togliatti toccò presto le 660 mila vetture all’anno, con la fabbrica che diventò un vanto per la propaganda sovietica. Quasi 3/4 di milione di vetture però non bastavano per le richieste del mercato interno. Le famiglie sovietiche potevano aspettare oltre un anno per avere in garage una 2101.

Avto-VAZ si concentrò infatti sull’esportazione del suo modello di punta, che grazie al prezzo contenuto, alla conclamata robustezza e al design italiano e moderno conquistava diversi estimatori oltreconfine. Come mai puntare sul mercato oltreconfine, indebolendo quello interno? Semplice: all’Unione Sovietica servivano i dolci, utilissimi soldi occidentali. A causa della sua politica autarchica, infatti, l’URSS era povera di prodotti moderni come robot per l’industria, generi alimentari e tecnologie all’avanguardia, di bassa qualità o completamente inesistenti nella Grande Madre Patria. Per ottenere in maniera pulita i soldi necessari a dotarsi di tali prodotti, però, serviva esportare qualche prodotto sovietico. E, per quanto la Vodka fosse buona e apprezzata, il suo consumo non poteva garantire sufficienti entrate all’Unione. Chi invece poteva farlo era proprio la nostra 2101.

Ad aumentare la quota di mercato di Avto-VAZ fuori dai confini sovietici, poi, arrivò anche un po’ di fortuna. Nel 1974, infatti, la FIAT 124 uscì di produzione, sostituita dalla nuova 131. Questo lasciò così un vuoto nel mercato solo da colmare. Ora la Lada 2101 non era infatti più vista come una copia della 124, ma un’auto economica dotata di un design ancora moderno. Le Zhigulì cominciarono così a conquistare l’Europa e il mondo intero. La Lada 2101 era molto amata nei Paesi dell’Est Europa, dove la sua robustezza era fondamentale per durare nel tempo.

Il modello arrivò poi anche in Canada, come Lada Signet, in Africa, in America Latina come Laika, ad omaggiare il primo cane nello spazio. Diventò poi diffusissima a Cuba, dove fino alla fine della sua produzione era l’unica automobile nuova acquistabile senza pesantissimi dazi e persino in Nuova Zelanda. Qui Avto-VAZ instaurò un rapporto commerciale con la New Zealand Dairy Board: Lada dava ai neozelandesi le Zhiguli, la Nuova Zelanda invece carne di pecora e latte.

Il successo in UK come Lada Riva

Con il passare degli anni, mentre le automobili occidentali andarono avanti diventando sempre più moderne e ricercate, la Zhiguli rimase esattamente la stessa. Questo portò il progetto ad invecchiare precocemente, e mentre FIAT sostituiva la 131 con la nuova Regata, la 124 sovietica rimaneva sempre, inesorabilmente identica alla ricetta originale. Il prezzo, però, era ancora basso, pari a 9/10.000 euro al cambio attuale, la robustezza ancora proverbiale e le sue linee ormai retrò cominciarono ad avere appeal sul pubblico. Ad amare le robuste Lada in particolare furono gli inglesi. Nel 1976, infatti, oltre 230 concessionari Lada nacquero sul territorio britannico, e all’inizio degli anni ’80 arrivò la nuova 2105, rinominata in UK Riva.

La “nuova” Lada 2105 sfruttava uno stile marginalmente rinnovato, con paraurti in plastica, fari anteriori e posteriori più grandi e motori più moderni, senza però stravolgere l’auto originale. Le strettissime finanze sovietiche infatti non permisero mai a Lada di rinnovare totalmente il proprio modello. Nonostante questo, però, la 2105 continuò a vendere senza sosta in casa, ma anche fuori dall’Unione Sovietica. Il miglior anno per la Lada Riva inglese fu il 1988, con oltre 30.000 Lada vendute sul territorio britannico. In totale, Lada riuscì a vendere oltre 250.000 Riva nel Regno Unito. Gli inglesi, che con il loro solito humour si presero gioco della semplicità della vettura con battute ora nell’immaginario collettivo (ad esempio, “Come si raddoppia il valore di una Lada? Facendo il pieno!”, e grasse risate per tutti gli amici al Pub), capirono la vettura come nessun altro.

La Lada 2105 infatti non aveva pretese di lusso o confort estremi. La Riva è un’auto tutta sostanza, che con pochi soldi offre affidabilità, robustezza e spazio, oltre che la possibilità di riparare in casa gli eventuali problemi. Chi sceglieva la Riva era o un simpatizzante dell’Unione Sovietica, desideroso quindi di supportarla economicamente, oppure persone che cercavano un’auto semplice, robusta e con uno stile ormai retrò. Un’auto che si prende con la testa, non con il cuore, ma che fino all’arrivo delle normative Euro negli anni ’90 conquistò ancora tantissimi clienti.

La Avto-VAZ 21059, la rarissima Zhiguli con motore rotativo Wankel

Oltre che per il popolo, la Avto-VAZ Zhiguli era anche l’auto della polizia sovietica, sia di quella “ufficiale” che di quella segreta. Tutte le auto di pattuglia erano infatti delle Zhiguli, e per gli agenti del KGB erano disponibili delle 2105 con cui passare assolutamente inosservati. Sia la polizia che i servizi segreti, però, necessitavano di un’auto veloce per poter fare giustizia, giusto? Peccato che la 2105 uscì dalla fabbrica di Togliatti con al massimo un motore 1.6 da 85 CV, non di più. O almeno, così era per il listino comune.

La CCCP decise infatti di dotare le sue forze di polizia di automobili più potenti, in modo da garantire maggiore sicurezza alla popolazione. Come fare? La soluzione più semplice era potenziare il 1.6 top di gamma, o chiedere a FIAT il 2.0 Bialbero montato sulla 124 Spider. In realtà, invece, i vertici di Avto-VAZ andarono… dai tedeschi, da NSU per la precisione. La Casa tedesca era infatti stata assorbita da Volkswagen nel 1970, abbandonando per sempre il suo progetto del motore rotativo Wankel.

Compattissimo, con poche parti mobili e facile da produrre, e in più i brevetti erano in mano ad un’azienda in fallimento. Avto-VAZ vide l’opportunità e rilevò i brevetti del motore rotativo andando a creare la pazzesca 21059. Dotata di un motore Wankel a due rotori da 122 o ben 140 CV, questa versione era capace di superare i 180 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in meno di 9 secondi. Questo motore venne poi utilizzato anche nelle Lada da rally, ottenendo oltre 150 CV, ma non arrivò mai nei listini pubblici.

La fine della Lada 2105, tra normative Euro e calo di vendite

Gli anni ’90 segnarono l’inizio della fine non solo per l’Unione Sovietica, che infatti si sciolse il 25 dicembre del 1991, ma anche della nostra ormai mitica Zhiguli. Dopo la Caduta dell’Unione Sovietica, la 2105 venne vista come un relitto di quel passato che sembrava ormai relegato ai soli libri di storia. Piccoli accorgimenti e motori aggiornati con catalizzatore e cambio a 5 marce non bastarono per convincere gli occidentali.

Se però in Europa occidentale e in Nord America la Zhigulì non ebbe più lo stesso appeal, continuò ad essere apprezzata nell’Europa dell’Est. Paesi come Romania, Bulgaria, Ungheria, Polonia e la Scandinavia intera erano terreno di conquista per la 2105. Pensate che, tra i possessori illustri di Zhiguli, c’è anche il Campione del Mondo di Formula 1 Kimi Raikkonen, che ha più volte raccontato come la sua prima auto nella natìa Finlandia fu proprio una 2105. Anche in questi Paesi, però, la Lada 2105 arrivò presto al capolinea. Il suo prezzo, pari a circa 10.000 euro in valuta odierna, era infatti superiore alle vetture emergenti coreane come Hyundai, KIA e Daewoo, che dimostravano che per qualche migliaia di euro in meno si potevano avere auto più moderne e sicure.

All’inizio degli anni ’00, Lada 2105 abbandonò gran parte dei mercati in cui era presente. Solo i Paesi a stampo comunista come Venezuela, Corea del Nord e Cuba continuarono a richiederle, memori del loro retaggio sovietico. Persino in Russia la 2105 crollò in popolarità. Rinominata Lada anche nel mercato interno, la 2105 venne prodotta fino al 2010. L’ultima Zhigulì però fu la 2107, la più lussuosa della gamma, prodotta fino al 2012. Ed è quindi da 9 anni che l’ultima Lada 2107 lasciò lo stabilimento di Togliatti chiudendo questa incredibile storia.

Ma in realtà non finì proprio così. La 2105 venne infatti prodotta ancora per qualche anno in Bielorussia e in Egitto, dove cessò per ultima di essere prodotta nel 2015, quasi 50 anni dopo il lancio della FIAT 124 originale. Dopo aver perso la sua icona, la Avto-VAZ, ormai diventata ufficialmente Lada, è stata acquisita nel 2014 dal Gruppo Renault-Nissan di cui oggi fa parte. Nonostante questo, però, la Lada Zhiguli continua a vivere attraverso la sua figlioccia, la Lada Niva. Il 4×4 russo, infatti, è basato sulla Zhiguli, dalla quale deriva il telaio, il motore 1.7 e la costruzione monoscocca.

FIAT 124, l’auto nata per l’Italia ma diventata insperata auto mondiale

Questa è quindi la storia della FIAT 124, una sincera e onesta auto da famiglia italiana che, per un pazzesco incrocio del destino, è diventata l’auto che ha motorizzato Paesi interi. Se dal Lingotto uscirono infatti oltre 1.5 milioni di 124, dallo stabilimento di Togliatti in 42 anni di produzione uscirono 17,75 milioni di Zhigulì. Questi numeri impressionanti rendono la onesta FIAT 124 il terzo modello più venduto di sempre, secondo solo al Maggiolino e alla Ford Model T, anche queste prodotte sempre sulla stessa base.

Grazie a questa strana storia sovietica, la FIAT 124 è diventata una delle auto più importanti della storia dell’auto. E la cosa incredibile di tutto questo è che, quando Dante Giacosa la progettò, sono certo non pensasse neanche lontanamente che la sua nuova creazione potesse diventare un’auto scopita negli annali. Dopo questa lezione di storia italo-sovietica, è il momento di salutarci. L’appuntamento è alla prossima puntata di Auto For Dummies, sempre qui ad aspettarvi ogni venerdì mattina. Dove? Ma sempre qui, su techprincess. Ciaoo!

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Giulio Verdiraimo

Ho 22 anni, studio Ingegneria e sono malato di auto. Di ogni tipo, forma, dimensione. Basta che abbia quattro ruote e riesce ad emozionarmi, meglio se analogiche! Al contempo, amo molto la tecnologia, la musica rock e i viaggi, soprattutto culinari!

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