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Smartphone vietati al Liceo Malpighi di Bologna 

Saranno riconsegnati alla fine delle lezioni

Per un genitore con figli in età scolare quello dello smartphone al proprio bambino o ragazzo è un problema sfaccettato. A che età il primo telefonino? Troppo presto lo si vizia inutilmente, troppo tardi lo si rischia di far sentire la pecora nera del gruppo di amici.

E come comportarsi con la scuola? Nessun cellulare, come si è sempre fatto fino a qualche anno fa! Oppure, al contrario, cellulare prima possibile, in modo che si possa essere in reciproca comunicazione per eventuali urgenze.

Nello specifico della scuola, la questione tocca ovviamente anche gli insegnanti e l’insegnamento: quando permettere la fruizione degli smartphone? Solo negli intervalli tra una lezione e l’altra? E all’interno di ogni lezione è legittimo o no che i device restino accesi, appunto per la possibilità di avvisi urgenti ai o dai familiari?

Eccetera. Ebbene, il Liceo Malpighi di Bologna è entrato in maniera decisamente netta nello spinoso e articolato problema, decidendo in modo drastico: i telefonini, vietati, saranno riconsegnati agli studenti solo alla fine delle lezioni.

Vediamo cos’è accaduto, dopo di che cerchiamo di entrare – seppur in punta di piedi – in una faccenda davvero complessa e che tocca diversi aspetti cruciali dell’educazione.

telefonini vietati

Smartphone vietati al liceo Malpighi

Oggi, martedì 13 settembre, è il primo giorno anticipato di scuola per i ragazzi del Liceo Malpighi, istituto paritario di Bologna (mentre in Emilia-Romagna il giorno di inizio sarà domani, mercoledì 15).

I 530 studenti e studentesse del Malpighi, stamani ai cancelli, si sono trovati “vittime” di un’iniziativa ribattezzata da chi l’ha indetta – ovvero il preside Marco Ferrari – un “tentativo coraggioso”.

Ovvero il divieto dei telefonini. La scelta, sofferta e maturata dopo l’approvazione in consiglio di istituto, è stata comunicata ai genitori venerdì 9 settembre.

I ragazzi consegneranno i loro smartphone e li riavranno alla fine delle lezioni. No, non potranno utilizzarli nemmeno nell’intervallo.

I telefonini: croce e delizia

I device sono spesso usati nelle scuole per fare didattica. Gli smartphone vietati non sono una presa di posizione antitecnologica da parte del corpo insegnanti del Liceo bolognese. Lo ha spiegato Elena Ugolini, rettrice delle scuole Malpighi e già sottosegretaria all’Istruzione con il governo Monti.

Ugolini ha detto: “La tecnologia è comunque al centro della didattica al Malpighi, con gli strumenti e secondo metodi e tempi adeguati. Per lo smartphone rimangono libere le altre 18 ore della giornata.

Il momento dell’apprendimento della lezione e della costruzione di relazioni sociali all’intervallo può essere favorito e accresciuto nelle sue potenzialità se abbiamo il coraggio di regalare ai nostri studenti la libertà da una dipendenza orami quasi insuperabile che è quella dallo smartphone”.

Contro la dipendenza

Ecco il punto: il severo provvedimento del Malpighi vuole arrestare non l’uso ma l’abuso (in termini quantitativi e qualitativi) degli smartphone da parte dei giovani studenti.

Repubblica riporta le parole di uno sconsolato (se non addirittura arreso) Marco Ferrari. Così il preside: “I richiami sono inutili, è difficile, se non quasi impossibile, chiedere loro il distacco dall’uso pervasivo e distrattivo dello smartphone. Li vedo durante l’intervallo, nemmeno parlano più tra loro e in classe sono continuamente distratti dal telefonino.

Allora abbiamo deciso che occorreva un intervento educativo forte, mi rendo conto che lo è, ovvio che ci esponiamo anche alle reazioni critiche. Ma quella dal cellulare è una dipendenza che non puoi vincere con la buona volontà. Verificheremo come è andata a fine anno, ma penso che sia un tentativo che dovrebbero provare tutte le scuole. Crediamo che così i ragazzi possano dedicare tutte le loro energie al lavoro che si fa in classe e sperimentare la sfida dell’altro e dell’essere comunità durante l’intervallo”.

I telefonini vietati: due dubbi

Vogliamo credere che al Malpighi, come in altri istituti, gli studenti usino in modo indiscriminato i telefonini.

Ma su questa forma di divieto assoluto abbiamo almeno due dubbi. Il primo: ogni imposizione nega il dialogo, il confronto, e non permette alle persone colpite dal provvedimento di comprendere un eventuale atteggiamento errato e modificarlo.

Secondo dubbio: il preside ha detto che questo progetto “non calpesta la libertà di nessuno, ma permette ai ragazzi di sperimentare una scuola nuova, quella che tutti noi abbiamo vissuto, senza smartphone.”

Tuttavia, facciamo attenzione: affermare “Si è sempre fatto così” è una frase retorica, vuota di significato e che di nuovo nega il confronto. La risposta, sacrosanta perché altrettanto vacua, potrebbe essere: “Si è sempre fatto così e si è sempre sbagliato”.

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Se la scuola fosse un luogo in cui stare bene

Tuttavia, nella pur retorica frase del preside del Malpighi c’è una qualche verità, riportabile a un concetto più generale.

La tecnologia spesso facilita la vita, ed è semplicemente giusto accoglierla là dove non ci siano controindicazioni. Nelle classi, ad esempio, le Lim hanno sostituito o affiancato le vecchie lavagne in ardesia.

Ma gli studenti, il cui compito è quello di seguire con profitto le lezioni, quale necessità hanno di avere con sé il cellulare?

Certo, l’obiezione viene da sola: ma gli smartphone vietati dall’entrata all’uscita non sono una misura troppo drastica? Sì, lo sono. Sarebbe più sensato permetterne l’uso nei cambi d’ora e nell’intervallo.

E, anziché rammaricarsi se in quei frangenti i ragazzi preferiscono tenere la testa china sui device piuttosto che dialogare, agli insegnanti dovrebbe spettare un lavoro extra: quello cioè di capire perché ciò accade, provando a intervenire con incontri e discussioni.

Il problema è a monte: non dovrebbe, questo, essere appunto un compito extra per un insegnante. Che, nel suo ruolo di educatore, in teoria non dovrebbe mai smettere mai di essere in servizio.

Occorrerebbe tuttavia che gli insegnanti stessi potessero godere di una serie di gratificazioni per cui eccedere dalla propria materia di competenza non fosse visto come una violazione del proprio tempo.

Ma per far questo servirebbe una scuola nuova, a misura di studenti e di prof, in cui tutti stessero bene, si sentissero protagonisti, e fossero davvero desiderosi di apprendere e insegnare.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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