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DAD e Smart Working possono essere un vantaggio per l’impatto ambientale

Quali sono le relazioni tra tecnologia e sostenibilità nella percezione degli italiani su temi come la DAD e lo Smart Working? Che impatto ha avuto la pandemia sul lavoro?

A queste domande risponde la ricerca realizzata dal Digital Transformation Institute, la prima fondazione riconosciuta di ricerca in Italia sulla sostenibilità digitale.

Il 65% degli italiani ritiene che la tecnologia sia fonte di ineguaglianze, ingiustizia sociale e perdita di posti di lavoro. Questo fattore, unito all’endemica scarsa cultura digitale esistente nel nostro Paese, è determinante per definire le modalità con le quali gli italiani usano le tecnologie. Scarsa competenza e diffidenza verso il digitale costituiscono, infatti, ostacoli particolarmente difficili da superare.

Il 55% gli utenti regolari di strumenti di smart working e di didattica digitale con un livello di competenza digitale alta, ma se guardiamo a quelli con competenze più basse la percentuale degli utenti regolari scende a 22%. A questo si aggiunge il fatto che quel 65% degli italiani che vede nella tecnologia una minaccia se ne allontana: il 71% degli utenti che vede nei servizi digitali di supporto allo studio e al lavoro un pericolo li usa raramente o – pur conoscendoli – non li utilizza.

DAD e Smart Working fanno bene o no?

Solo il 18% degli italiani li ritiene inutili per la formazione professionale. Percentuale che sale al 26%, se si guarda alle scuole superiori e alle università, e al 36% per le scuole elementari e medie. Studiare a distanza è ritenuto molto utile (43% degli intervistati) o abbastanza utile (42% degli intervistati) anche per combattere l’inquinamento. 

Guardando al lavoro a distanza, invece, esso è percepito come un vantaggio per il 61% degli italiani, anche se il 24% di essi ritiene che vada abbandonato una volta usciti dall’emergenza pandemica.

Contrasti che non devono stupire più di tanto – afferma Stefano Epifani – soprattutto se comparati con i dati che guardano alla capacità dei nostri connazionali di coniugare i punti di vista puramente ideologici con le loro conseguenze pratiche. Siamo in una fase nella quale il livello di maturità sui temi della sostenibilità è molto basso e quello sulle relazioni del tema con il digitale lo è ancora di più. Ciò genera comportamenti in contrasto con le convinzioni, in quanto non si comprendono appieno le conseguenze di ciò che si fa, né tantomeno il collegamento tra le proprie azioni e le dinamiche generali di sostenibilità.

La ricerca è stata realizzata da Ipsos con un campione (800 persone) rappresentativo della popolazione italiana per età, titolo di studio, reddito, sesso e posizione geografica con granularità che mantiene la rappresentatività su base regionale. 

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