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C’era una volta il floppy disk. La macchina del tempo

Erano gli anni gloriosi in cui ogni salvataggio di file era un’avventura

Cari e affezionati lettori della rubrica, ragioniamo sui termini.

La parola “salvataggio”, pensiamo ai libri o ai film, porta con sé una grossa percentuale di rischio. Di solito – nella scena clou di un volume o di una pellicola – qualcuno deve salvare qualcun altro in estrema difficoltà, mettendo coì a repentaglio anche la propria stessa esistenza.

Il salvataggio, poi, può andare o meno a buon fine. A lasciarci le penne può essere la persona da salvare o, forse con ancora più facilità, la persona che tenta il salvataggio.

Tutto questo spirito avventuroso, diciamolo, negli ultimi tempi si è perso, almeno per quanto riguarda il salvataggio dei file. Sia che il suddetto salvataggio avvenga su computer o smartphone che su memoria esterna, oppure – ancor meglio – sul cloud, ormai le percentuali di errore sono pressoché nulle.

Poi, certo, discorso differente è la scarsa attenzione che poniamo nel fare il backup dei nostri dati. Ma se ciò accade è proprio perché, oggi, ci rilassiamo, e siamo persuasi che basti un clic, o la password 123456, per sentirci del tutto al sicuro.

floppy

Il salvataggio ai tempi del floppy disk

Tutta questa attuale nonchalance è dovuta al fatto che ci dividiamo in due categorie: quelli troppo giovani e quelli che non si ricordano più cosa succedeva ai tempi del floppy disk.

A beneficio della prima categoria, rammentiamo brevissimamente cosa mai fossero i floppy disk.

Cos’erano i floppy disk

Il floppy disk, chiamato anche – con un affetto immeritato – dischetto, era un supporto rigido di memoria esterna inventato da IBM nel 1971.

È stato diffusissimo sino alla fine degli anni Novanta del Novecento, al punto che l’icona del salvataggio in moltissimi dei principali programmi è ancora oggi un floppy.

Poi, col nuovo millennio e l’avvento delle chiavette USB, il floppy (già messo in crisi dal CD-ROM) è diventato via via sempre più obsoleto. Sony ha cessato di produrli nel 2011. E qualche mese fa il Giappone ha fatto sapere che entro il 2026 tutti i dischetti ancora in circolazione saranno dismessi.

Cos’erano veramente i floppy disk

I floppy disk esistevano di diverse dimensioni, anche se i più noti e diffusi erano quelli da 3 pollici e mezzo, ideati da Sony. Generalmente, avevano la mirabolante capienza di 1,44 MB.

Diciamo la verità: le parti in metallo visibili, cioè il perno centrale e la linguetta protettiva (proprio lei, sì, quella deputata a proteggere) davano un’idea di fragilità incommensurabile. Figuriamoci il resto, in plastica molle. Per cui si pinzava il floppy disk col massimo tatto e, per inserirlo nell’apposita fessura del computer, si usava la delicatezza dell’artificiere.

Poi, una volta dentro la fessura del pc, da un lato ci si poteva tranquillizzare, perché nulla sarebbe più dipeso da noi: il nostro dovere era stato fatto.

Ma dall’altro, i suoni da centrifuga di lavatrice che uscivano dal nostro computer ci gettavano in un ulteriore stato di ansietà. E finché l’operazione non era conclusa non si poteva essere sicuri dell’esito. Che, come dicevamo a inizio articolo, poteva essere qualunque: file salvato correttamente (raro), file corrotto, file salvato a metà, computer infetto da virus, computer esploso.

Ma le pochissime volte che tutto funzionava alla perfezione, si poteva dar fondo a tutto il nostro infantilismo. E, scegliendo il nostro pennarello preferito, godevamo del privilegio di scrivere sull’apposita targhetta il contenuto del floppy. Un po’ come facevamo con le altrettanto mitiche musicassette.

Floppy addio

Poi, anno dopo anno, i programmi sono diventati sempre più pesanti, e il floppy disk è invecchiato in breve tempo. Nonostante virtuosistici tentativi di alcune aziende, come Iomega, che hanno immesso sul mercato dischetti anche con 21 MB di memoria.

Ma era già nato il CD-ROM, che in poco tempo e col minimo sforzo ha sostituito il floppy. In tutto e per tutto, compreso il vizio di vergare sul supporto il contenuto: nel caso del CD-ROM si adoperava un pennarello indelebile e si scriveva direttamente sul dischetto.

Tuttavia, nulla come il floppy disk ha simboleggiato il boom dei personal computer. Erano gli anni in cui ogni minima operazione assomigliava a un’impresa, aveva bisogno dei suoi tempi e – ripetiamo – del suo grado di aleatorietà.

E come ogni oggetto mitico che si rispetti, ci sono stati anche i tentativi di contraffazione. Non è infatti mancato chi, dotandosi di appositi perforatori, cercava di manipolare i floppy per aumentarne la capienza. Il risultato, sovente, era quello di compromettere definitivamente un oggetto già piuttosto fragile.

Non parliamo poi delle case dei giovani, dove decine floppy disk (spesso senza etichetta) spuntavano, come i calzini, da ogni angolo della cameretta.

Eravamo giovani, ci si divertiva con poco.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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