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All or Nothing Juventus: cosa ci ha lasciato la serie sui bianconeri

La stagione 2020/2021 della squadra guidata da Andrea Pirlo

All or Nothing Juventus, la serie lanciata da Amazon Prime che racconta la stagione 2020-2021 del club torinese, non è propriamente il miglior prodotto realizzato dall’azienda americana. Pur non potendo esserci omissioni o falle narrative, le scelte di montaggio e le modalità di racconto sembrano addolcire un qualcosa che così dolce non è stato.

Il tutto peraltro in un momento non facile per la Vecchia Signora, attualmente in difficoltà sia sul campo, dopo le pesanti sconfitte contro Chelsea (4-0 in Champions League) e Atalanta (1-0 in Serie A), sia a livello dirigenziale, sulle Plusvalenze che in queste ore stanno riguardando la società e i suoi più alti esponenti fra cui anche il presidente Andrea Agnelli.

Perchè la Juventus?

Per lanciare questo format in Italia, che in precedenza si era già visto in Inghilterra sia col Manchester City di Pep Guardiola sia col Tottenham di Josè Mourinho, Amazon ha certamente scelto la squadra che muove più massa critica calcistica, nel bene e nel male. La Juventus, infatti, è la squadra che annovera più tifosi, ma anche quella che ha più squadre rivali nel Bel Paese.

All or Nothing Juventus: da dove si parte

È l’inizio della stagione 2020-2021, Andrea Pirlo alla sua prima esperienza assoluta da allenatore viene scelto per guidare la Juventus dopo l’addio a Maurizio Sarri: questo è il punto iniziale di tutto, di una stagione dove lo stesso tecnico bresciano sarà protagonista, con tante ombre e qualche luce, tanto sulla panchina del club torinese quanto nella serie.

Anche perché, è inutile negarlo, in tutti gli All or Nothing del mondo la figura dell’allenatore, dello staff tecnico, delle sue idee, del suo rapporto con i singoli giocatori, con il gruppo squadra, con la dirigenza e con il resto del cosmo di un club, è la cosa forse più interessante, insieme agli sfoghi dei protagonisti durante le partite o nei giorni di preparazione e post partita.

All or Nothing Juventus: uno storytelling che non convince

“L’unica serie che adorerai nonostante gli spoiler” descrive il post di lancio della serie sui social: la seconda parte della frase è vera, la prima un po’ meno. Proprio perché tutti coloro che si approcciano alla serie sanno come sono andate le cose – non bene – e forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di più crudo e meno romanzato.

La Vecchia Signora ha vissuto con Pirlo la peggiore delle ultime dieci stagioni eppure, sfoghi isolati di alcuni giocatore a parte, come quelli di un supercarismatico Leonardo Bonucci, di uno spogliatoio insoddisfatto non c’è traccia, anche se poi in tanti a fine anno non hanno nascosto, o sui social o su vari mezzi stampa, la loro insofferenza verso quello che è successo.

C’è molto più focus invece sui due titoli minori portati a casa – la Supercoppa Italiana e la Coppa Italia -, quasi a indorare una pillola che per poco non è andata di traverso. Perché sì, belli i due titoli in bacheca, ma la Juventus, club abituato a lottare per vincere su tutti i fronti e per i più grandi traguardi, non è mai stata competitiva per lo scudetto, anzi, si è qualificata alla Champions League 2021/2022 solo all’ultima giornata (grazie al suicidio sportivo del Napoli), e la Champions League 2021/2022 l’ha salutata con largo anticipo, contro il Porto, agli ottavi di finale.

Pirlo e Bonucci: i due lati del carisma

In campo è stato uno dei più grandi centrocampisti di sempre della storia del calcio, con i suoi lanci, le sue intuizioni e le sue punizioni ha caratterizzato un’epoca, ma a guidare un gruppo da capoallenatore Andrea Pirlo non è sembrato proprio “nella sua tazza di tè” per dirla all’inglese.

Anche se durante il corso delle 8 puntate la sua dimestichezza con il ruolo cresce, si intuisce che il tecnico è alla sua prima esperienza e che la forma mentis per ricoprire un incarico di così forte pressione non c’è ancora.

Di diversa luce invece gode il personaggio di Leonardo Bonucci. Anche se formalmente non è lui il capitano della squadra, ruolo che comunque ricopre molte volte a causa delle assenze per infortunio di Giorgio Chiellini; la guida, le parole, il polso e tutta la componente tecnica ed emotiva sono di suo stampo. Un faro nella tempesta, per dirla in altre parole: certamente la sfera dell’uomo e del calciatore ne escono rafforzate da questa serie.

Buffon, Chiellini e Cristiano Ronaldo

A proposito di personaggi influenti, tre calciatori meritano inevitabilmente un approfondimento.

Buffon, alla sua ultima stagione alla Juventus, dopo essere andato via in precedenza per poi tornare, è “un vecchio saggio con l’animo del ragazzino”. Non sbaglia una mossa: si fa trovare pronto quando viene chiamato in causa, esprime punti di vista equilibrati, si mette a disposizione dei compagni più giovani e fa capire a tutti perchè a 43 anni suonati è ancora lì a giocare e a difendere i pali di una porta nel calcio professionistico (oggi al Parma).

Chiellini, è il capitano. Ha un rapporto speciale con Bonucci, che di fatto è il suo scudiero più fedele, e cerca sempre di pensare un po’ più avanti rispetto al resto della squadra, anche se il fatto di non poter essere a disposizione lo limita. Inevitabilmente nel girato diventa a volte un personaggio secondario.

Cristiano Ronaldo: le mille sfaccettature di un giocatore che non è solo calcio. Dalla serie si capisce con quale ossessione viva la sua professione, ma anche con quanta attenzione la svolga in un vortice di pressioni che solo uno con la sua testa può gestire. Può sembrare una supercazzola di frasi fatte ma, sfogo col Porto a parte, è tutto vero, solo che elevato all’ennesima potenza: CR7 è quello dell’allenamento, dell’alimentazione, del record di gol, ma poterlo spiare dall’interno, seppur in minima misura, fa capire – anche per metterci il volto in uno spot di Natale della Juventus – quanto tutto debba funzionare a manetta in un ingranaggio che deve sempre raggiungere o rasentare la perfezione.

I giovani

Federico Chiesa, Dejan Kulusevski e Weston McKennie: di loro tre, più che vedere come rispondono sul campo alle sollecitazioni e all’ambientamento in un nuovo prestigioso club, la cosa che cattura più attenzione è “come vivono l’extracampo”. Dalla vita negli spogliatoi al processo di ambientamento a Torino. Si capisce che rispetto ai quattro giocatori sopra citati vedono le cose in un’altra maniera e questo non sempre è percepito in maniera positiva da Pirlo.

Nota di colore: Federico Chiesa è figlio di Enrico Chiesa, attaccante che ha giocato con Buffon (al Parma) tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni ’00, questo più di una volta li “connette” in maniera speciale, come zio e nipote.

All or Nothing Juventus: si gioca sul campo, ma non è solo campo

Per essere una squadra vincente bisogna essere pronti sotto tutti i punti di vista. Dallo studio dell’avversario nelle riunioni video con lo staff tecnico – di cui peraltro ha fatto parte anche quell’Igor Tudor (da secondo) molto osteggiato e fatto quasi fuori da subito, ma oggi allenatore dell’Hellas Verona – alla comunicazione e alla preparazione delle conferenze stampa.

Ecco, in questo la serie è praticamente perfetta: fa capire che per vincere non bisogna essere solo i migliori la domenica nell’undici contro undici sul rettangolo di gioco, ma anche in tanti altri aspetti che spesso vengono derubricati come dettagli, ma che dettagli non sono.

Per concludere

Per chi è appassionato di calcio, probabilmente c’è molto meno di quello che ci si potrebbe attendere, magari anche con sezioni meno utili, tipo quelle riservate alle storie dei singoli tifosi.

Nelle parti finali della serie inoltre, si fanno dei riferimenti a The Last Dance, la serie sui Chicago Bulls del 1997-1998 con Michael Jordan protagonista nel viaggio che porta la franchigia a vincere il suo sesto titolo NBA, un paragone che francamente non sta in piedi nè ora nè mai.

La sensazione è che da una stagione così cruda, perché lo è stata per la Juventus, si sarebbe potuto realizzare un prodotto più tagliente e meno accomodante. In troppe circostanze si è grattata superficialmente la crosta, senza dare la possibilità allo spettatore di andare in profondità.

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