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TikTok: il Wall Street Journal rivela la sorveglianza dei contenuti LGBTQ+

Scoop del Wall Street Journal

Negli scorsi mesi si è acceso un dibattito nei confronti, ma potremmo dire con più precisione contro, TikTok.

L’accusa, da parte di diversi Paesi occidentali e di istituzioni sovranazionali, è quella di un uso illegittimo dei dati degli utenti. Per fini non solo commerciali ma anche politici.

Infatti ByteDance, l’azienda che ha messo sul mercato TikTok, avrebbe un contatto diretto col governo di Pechino.

E così, nelle ultime settimane, la piattaforma social è stata messa al bando dalla Commissione, dal Consiglio e dal Parlamento europei. Oltre che dagli smartphone device governativi di Stati Uniti e Gran Bretagna, e da quello dei parlamentari della Nuova Zelanda.

Sino ad arrivare a un’indagine avviata lo scorso 17 marzo dal Dipartimento di Giustizia americano, in collaborazione con l’Fbi e dalla procura della Virginia, per accertarsi della veridicità delle accuse di spionaggio.

Ora c’è un nuovo scandalo che coinvolge TikTok, e che è stato reso pubblico dal Wall Street Journal. Di cosa si tratta?

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TikTok e il tracciamento di chi guarda contenuti gay

La notizia, clamorosa, riguarda pur sempre l’utilizzo disinvolto dei dati degli utenti da parte del social cinese. Ma stavolta si cambia prospettiva.

Ne ha parlato il Wall Street Journal in un articolo pubblicato nella giornata di venerdì 5 maggio.

Questa volta TikTok è finita nel mirino per i contenuti gay. Qui, precisiamo, abbiamo tradotto letteralmente dall’inglese gay content, per indicare i contenuti di qualche interesse per la comunità LGBTQ+.

Secondo lo scoop del Wall Street Journal, per più di un anno sono stati spiati gli utenti che su TikTok guardavano appunto contenuti gay.

Dietro questa nuova forma di spionaggio ci potrebbero essere intenzioni liberticide. Tra cui, non si esclude, la creazione di elenchi di profili per così dire vulnerabili, specie in Paesi in cui le persone LGBTQ+ sono particolarmente vessate.

La risposta di TikTok

Nei confronti dell’ipotetica profilazione di chi guarda contenuti gay, TikTok si è prontamente smarcata.

Un portavoce ha affermato che la piattaforma “non identifica informazioni potenzialmente sensibili come l’orientamento sessuale o la razza degli utenti in base a ciò che guardano”.

E “non deduce tali informazioni, perché i dati che rappresentano gli interessi degli utenti non sono necessariamente un segno dell’identità di qualcuno”.

Ovvero, continua il portavoce, chi cerca contenuti gay su TikTok non è necessariamente gay, “così come ci sono persone a cui piace cucinare contenuti ma non sono panettieri”.

Una nota sottolinea poi che “la salvaguardia della privacy e della sicurezza delle persone che utilizzano TikTok è una delle nostre massime priorità”.

Così come era accaduto in risposta alle accuse di un collegamento con il governo cinese mosse dai Paesi occidentali, insomma, ByteDance smentisce.

I malumori in azienda

Tuttavia, sembra che anche all’interno della stessa azienda la scelta di profilare chi cerca contenuti gay su TikTok abbia sollevato non pochi malumori.

Inoltre, sono ormai diversi gli ex dipendenti che hanno ammesso la facilità con cui era possibile avere accesso alle informazioni personali degli utenti, e ai contenuti visitati.

Secondo il Wall Street Journal, impiegati nelle sedi di Stati Uniti, Regno Unito e Australia hanno più volte segnalato il problema già tra il 2020 e il 2021. Ma sono rimasti inascoltati.

D’altronde, in questo senso gli stessi vertici di ByteDance, nel recente passato, hanno candidamente ammesso che chi lavora nelle sedi cinesi dell’azienda ha facilità di accesso ai dati di chi fruisce dei contenuti della piattaforma.

I rischi

Sui rischi di questa profilazione degli utenti che su TikTok cercano contenuti gay, gli ex dipendenti sono allineati con Klon Kitchen, ex ufficiale dell’intelligence ed esperto dell’American Enterprise Institute.

Secondo Kitchen, l’accordo tra TikTok e il governo di Pechino esiste, e può essere un concreto problema per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Più nello specifico, “se un individuo non ha un’identità pubblica riguardo all’orientamento, potenzialmente la cosa potrebbe essere usata per metterlo in imbarazzo. Oppure il governo cinese può usare quei dati nel contesto della manipolazione”.

La protesta di GLAAD

Se così stanno le cose, apparirebbe quasi come ingenua la protesta di GLAAD dello scorso anno.

GLAAD, acronimo di Gay and Lesbian Alliance Against Defamation, è un’associazione no profit di attivismo LGBTQ+. E aveva chiesto alle piattaforme di adottare misure per salvaguardare i dati e la privacy degli utenti. Soprattutto, di far cessare le pubblicità mirate alle persone LGBTQ+ per massimizzare i profitti.

Ma sotto potrebbe esserci molto di più.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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