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Cabinet of Curiosities: com’è la serie di Guillermo del Toro

Cabinet of Curiosities è disponibile su Netflix.

Fra i connubi più desiderati nel panorama dell’intrattenimento c’è sicuramente quello fra Guillermo del Toro e le opere di Howard Phillips Lovecraft, che nei desideri del regista messicano dovrebbe portare a un adattamento cinematografico di uno dei romanzi più celebri e amati dello scrittore di Providence, Alle montagne della follia. Grazie a Netflix, possiamo avere una piccola anteprima di questo incontro, ovvero Cabinet of Curiosities, serie horror antologica creata dallo stesso Guillermo del Toro e disponibile dal 25 ottobre sulla piattaforma di streaming.

Traendo spunto e ispirazione dai cosiddetti gabinetti delle curiosità (mobili o intere stanze che in passato erano adibite a contenere oggetti particolarmente stravaganti), il regista ha curato la realizzazione di 8 racconti dell’orrore, di lunghezza variabile fra i 40 e i 60 minuti e diretti da celebri registi di genere come Jennifer Kent, Panos Cosmatos, Vincenzo Natali e Ana Lily Amirpour. Sulla scia di Alfred Hitchcock presenta, ogni episodio è introdotto dallo stesso del Toro, con l’intento di aiutare lo spettatore a sintonizzarsi sulle frequenze emotive dell’incubo a cui sta per assistere.

Un curioso ibrido fra il progetto televisivo del maestro del brivido e progetti come I racconti della cripta e Ai confini della realtà, con un chiaro nome tutelare insieme a quello di del Toro, cioè proprio Howard Phillips Lovecraft: due degli episodi (Il modello di Pickman e I sogni nella casa stregata) nascono dalle pagine dell’autore de Il richiamo di Cthulhu, ma è l’intera Cabinet of Curiosities a essere influenzata dalle creature mostruose e dalle atmosfere sinistre tanto care al maestro.

Cabinet of Curiosities: Guillermo del Toro presenta la sua stanza delle meraviglie

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Cr. Ken Woroner/Netflix © 2022

Rispetto alla media delle produzioni seriali delle piattaforme, si percepisce l’attenzione riversata sull’aspetto visivo di Cabinet of Curiosities. I jump scare sono pochi e sempre funzionali ai racconti. A dominare sono le atmosfere genuinamente sinistre, accompagnate da scenari da brivido e da creature estremamente spaventose, realizzate attraverso un’efficace commistione di CGI ed effetti speciali artigianali. La cura per il comparto visivo e scenografico non è però affiancata da un lavoro altrettanto approfondito sulla scrittura. Un aspetto che costituisce il vero e proprio tallone d’Achille di Cabinet of Curiosities, insieme all’altalenante qualità degli episodi proposti.

A deludere è soprattutto il primo episodio Lotto 36, scritto dallo stesso del Toro e diretto dal suo fidato direttore della fotografia Guillermo Navarro. Una fiacca commistione di ragionamenti sul razzismo e riflessioni sul karma, che procede in maniera poco ispirata fino a un deludente epilogo, rischiando così di penalizzare la riuscita dell’intero progetto, nonostante gli episodi siano studiati per essere fruiti in qualsiasi ordine. Ben più convincente il secondo episodio I ratti del cimitero, diretto dal regista di Cube – Il cubo e Splice Vincenzo Natali. Un viaggio macabro e cinico negli anfratti più reconditi dell’animo umano, condito da un insegnamento morale e da atmosfere perfette per il periodo di Halloween.

Lovecraft e non solo

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Cr. Ken Woroner/Netflix © 2022

Cabinet of Curiosities spinge poi sul raccapriccio con L’autopsia, interessante miscela di horror e fantascienza che può contare sull’ottima prova di F. Murray Abraham, capace di sopperire con la sua espressività e il suo carisma a qualche lacuna di scrittura. Arriviamo quindi a L’apparenza, che grazie alla solida regia di Ana Lily Amirpour si rivela uno dei migliori episodi dell’intera serie, nonché uno dei pochi a trovare un solido collegamento con la realtà e in particolare con l’industria legata all’immagine e alla bellezza, che sarà difficile guardare con gli stessi occhi al termine di questo sinistro racconto.

I già citati Il modello di Pickman e I sogni nella casa stregata, diretti rispettivamente da Keith Thomas e Catherine Hardwicke, sono paradossalmente quelli meno lovecraftiani di tutti, e disperdono gran parte dell’orrore ancestrale delle storie dell’autore di Providence. Inevitabile chiedersi che cosa avrebbe potuto fare lo stesso Guillermo del Toro con un materiale a lui particolarmente caro. A non convincere del tutto è anche il settimo episodio La visita, che Panos Cosmatos trasforma un’ipnotica ma irrisolta riflessione sul concetto di desiderio, chiusa da un finale destinato inevitabilmente a dividere.

Cabinet of Curiosities: aspettando Alle montagne della follia

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Cr. Ken Woroner/Netflix © 2022

L’onore e l’onere di chiudere Cabinet of Curiosities spetta a una grande regista horror come Jennifer Kent, che con Il brusio mette in scena una storia firmata da Guillermo del Toro ma particolarmente affine alla sua poetica fatta di lutti, malinconia e fantasmi del passato. Con grande eleganza e un ingente carico di emozioni, l’autrice del gioiellino Babadook firma l’episodio più riuscito e risolto dell’intera serie, trovando un raro connubio fra orrore e riflessione sul dolore.

In un panorama seriale sempre più appiattito, anche nei suoi momenti meno riusciti Cabinet of Curiosities ci riconnette con l’amore per le storie più estreme e sghembe, capaci di scavare nelle ossessioni e nelle paure del genere umano. Un esperimento non del tutto riuscito ma comunque meritevole di una chance, prova generale per l’incontro fra la regia di Guillermo del Toro e la tormentata fantasia di Howard Phillips Lovecraft, che speriamo si concretizzi al più presto.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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