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L’imprevedibile Elon Musk e l’incalcolabile futuro di Twitter

Musk si è presentato e ha subito tagliato i vertici aziendali

Tutte le ipotesi fatte sino a ieri non valgono più: ora Elon Musk ha acquistato il suo giocattolo preferito, e adesso le attenzioni si spostano sul futuro di Twitter.

Cosa diventerà la piattaforma? Ma, a proposito di ipotesi, ha senso farne, se il nuovo capo di Twitter ha sempre agito (e twittato) in modo del tutto imprevedibile?

Bastano le sue mosse di questi ultimi giorni per far decadere ogni possibile lettura. E per far dubitare, aggiungiamo, che il futuro di Twitter sia davvero quello fin troppe volte sbandierato dal suo nuovo timoniere. Ovvero quello di un luogo in cui trionfi la libertà di parola e di espressione, una specie di Woodstock virtuale in cui incontrarsi, volersi bene e dire la propria senza inibizioni.

Le prime iniziative di Musk dopo l’acquisizione del social, ma anche le azioni che hanno preceduto il perfezionamento dell’affare, non permettono di essere troppo ottimisti.

twitter musk

Gli ultimi show di Elon Musk

La nostra sensazione, detta e ripetuta in diversi articoli, è quella che Elon Musk viva in una condizione psicologica a metà tra l’infantilismo e il senso di onnipotenza.

Solo così si spiega l’audacia, ad esempio, di aver twittato un personalissimo piano di pace per l’Ucraina.

Per quanto riguarda Twitter, poi, il 26 ottobre Musk ha pensato bene di presentarsi negli uffici di San Francisco trasportando un lavandino. Il tycoon, ovviamente, non ha poi resistito alla tentazione di condividere (su Twitter, va da sé) un video che immortalasse la sua prodezza.

Assai meno innocente è ciò che ha combinato non appena insediatosi. Tagliate le quattro principali cariche aziendali, tra cui l’ex Ceo Parag Agrawal. Gira peraltro la voce secondo cui uno dei quattro manager sarebbe stato scortato fuori dagli uffici, come persona non gradita.

Non so a voi ma, se fosse vero, a noi il gesto ha ricordato il clamoroso e recentissimo allontanamento dell’ex presidente Hu Jintao dal Congresso del Partito comunista cinese.

L’autocratico Musk e il futuro di Twitter

Proprio il paragone con Xi Jinping, non esattamente l’esempio di un leader democratico, dovrebbe imporre una seria riflessione sul futuro di Twitter.

Quando cambia la direzione di una grande azienda, a meno che non ci si trovi di fronte a un palese fallimento, se ne dovrebbe ereditare il lascito. Si dovrebbe ringraziare chi l’ha fatta fiorire, anche se si decidesse di operare poi nel segno di una forte discontinuità.

Ma evidentemente Elon Musk non ha perso nemmeno questa occasione per dare nutrimento al suo ego ipertrofico. E per far sapere a tutto il mondo – come ha recitato un suo tweet condiviso subito dopo l’acquisizione – che “The bird is freed”.

Il problema della libertà

Non si tratta di un ossimoro: nel futuro di Twitter, la libertà potrebbe essere il più grosso problema.

O meglio, l’accezione che alla parola libertà dà Elon Musk. Ne è ossessionato da ben prima della scorsa primavera, quando ha formulato la proposta di acquisto di 44 miliardi di dollari.

Già prima di allora, dicevamo, Musk chiedeva a suon di sondaggi se gli utenti di Twitter desiderassero un social più libero (e chi risponderebbe di no, viene da aggiungere?). O si produceva in cinguettii studiatissimi, come questo: “Spero che anche i miei peggiori critici rimangano su Twitter, perché questo è ciò che significa libertà di parola.”

Ora che il social è suo, il tono non è cambiato. Ecco cosa ha detto subito dopo l’acquisizione: “Acquisto Twitter perché è importante per il futuro della civilizzazione avere una piazza comune digitale dove un’ampia gamma di idee può essere discussa in modo salutare senza ricorrere alla violenza.”

Ma quale libertà può assicurare un tizio che non sembra affatto incline alle regole democratiche, quanto piuttosto alle decisioni repentine (e autoritarie)?

Da Twitter a X?

E se nel futuro di Twitter non ci fosse più Twitter?

O meglio: e se Elon Musk volesse trasformare Twitter in un’altra sua ossessione, X, ovvero l’app di cui di tanto in tanto parla, e che – sempre se si interpretano bene le sentenze sibilline del nostro – dovrebbe somigliare a “un’app totale”, come ha avuto modo di twittare lo stesso Musk?

Ovvero un’applicazione, sulla scorta di WeChat, tramite cui chattare, effettuare pagamenti, accedere a social network, a servizi di delivery e di prenotazione di veicoli…

Una mossa, insomma, che sembra andare più nella direzione della praticità (e dell’accentramento dei poteri da parte di Musk) che non della libertà.

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C’era una volta Twitter

Colpisce, infine, che un disegno così “rivoluzionario” abbia come scenario la piattaforma che, ricordiamolo, era nata per essere la più istituzionale di tutte.

Twitter era l’app che forniva notizie rigorose dal mondo, con un taglio giornalistico, ed è infatti stata la prima a essere adottata dai politici.

Sarebbe stata dunque un unicum, o quanto meno un punto di riferimento nell’universo dei social, popolato da app sgargianti, giovanilistiche, sempre ossessivamente attratte dal nuovo, dalla rapidità, con buona pace dell’attenzione ai contenuti.

Se Twitter dovesse omologarsi ai competitor, o anche solo allo stile del suo nuovo proprietario, la qualità di ciò che passa attraverso i social subirebbe un duro colpo.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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