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La recensione di Over The Moon, il film dell’anno di Netflix

L'amore e la perseveranza fino alla Luna. E ritorno?

Over The Moon recensione

In un anno non facilissimo per il cinema, a fronte dei continui rimandi nelle sale cinematografiche di numerosi, attesissimi titoli, nonché la chiusura delle stesse, lo streaming cerca di approfittarne dell’occasione ghiotta e rilancia con parecchie proposte interessanti. Questa volta però, a sbarcare letteralmente il lunario, è Netflix. E lo fa con una produzione tanto inaspettata, quanto imperdibile e ben al di fuori degli schemi finora rispettati. Dal 23 ottobre, la libreria del colosso dello streaming nato in Olanda si popola con un contenuto di animazione di tutto rispetto. Over the Moon – Il fantastico mondo di Lunaria è infatti quel classico film che, dopo i primissimi fotogrammi, ci ha fatto sorgere un dubbio: “siamo su Netflix o Disney Plus?”. Ebbene sì, la linea di separazione tra i classici stilemi della casa del topo più famoso del mondo e quelli messi in campo da Netflix, in collaborazione con Pearl Studio, è davvero sotile. Il successo? Praticamente assicurato. Cos’ha di speciale dunque questo film coloratissimo e altrettanto commovente e toccante, creato da Glen Keane, Gennie Rim e Peilin Cho?

Over The Moon Recensione – Toccare il cielo con un dito e un’astronave

La trama che ci propone questo film rispetta un classico svolgimento, uno dei più radicati nella storia della narrazione e dell’umanità stessa. Si parla di affetti famigliari profondi, legami, simbolismi e tradizioni, tutto quanto possa afferire alla sfera più intima e sensibile di ognuno di noi. Nel caso specifico, ci affacciamo alla porta di casa di Fei Fei, una bimba che ancora non sa nulla del mondo, ma conosce la dea Chang’a dalle storie di Ma Ma, sua madre.

Non le interessa davvero scoprire come sia possibile che la luna non sia sempre piena. Le spiegazioni scientifiche e troppo realistiche del padre Ba Ba la annoiano. E’ meglio credere che un cane morda un pezzo di luna, talvolta, e che ci sia una dea lassù nel cielo, raggiunta troppo presto dalla madre. Questo è uno dei primi passaggi fondamentali non solo della vita di Fei Fei, ma anche del film stesso. Il primo turning point della trama permette l’ingresso di una nuova persona nella loro famiglia, dopo diverso tempo.

Fei Fei cresce e si dimostra davvero brillante e preparata a scuola, oltre che spinta dalla determinazione nel vendere i dolci preferiti di mamma e infuocata dalla passione per la scienza. Così costruisce una navicella spaziale per andare sulla Luna e dimostrare l’esistenza della leggendaria dea che vi abita. Questa scelta viene compiuta anche e soprattutto perché, nel frattempo, arriva a casa sua una nuova compagna per papà. Una prima, enorme differenza tra i due. Se lui ha messo da parte il passato per continuare il suo cammino, la figlia non solo non ne vuole sapere, ma vuole salire fino in cielo. Fin sulla Luna.

Fly me to the Moon

Non ci andrà da sola. Perché la nuova compagna di papà ha già un figlio, il petulante e grassottello Chin, che non perde tempo per infastidirla bonariamente e farle mandare a monte (almeno apparentemente) i piani per andare nello spazio. Una volta che i due sono atterrati sulla Luna, si apre un carnevalesco e caleidoscopico spettacolo di luci e colori, dove viene dato libero sfogo a un mix di folklore cinese e performance in stile K-pop.

Quest’ultimo aspetto forse stride con la sobrietà e con lo struggente realismo della primissima fase: due mondi, due misure diverse. Glen Keane e il suo team hanno dato sfogo a tutta la loro creatività in questa nuova fase del film, senza mai dimenticare di colpire lo spettatore nello squadernare man mano la ricerca inaspettata di questa ragazzina. Un luogo bizzarro popolato da creature fantastiche, rivelate nel corso di un’emozionante avventura musicale. Una storia che racconta la capacità di andare avanti, l’accettazione di novità inattese e il potere dell’immaginazione.

Non solo di una ragazzina adolescente, che indomita porta avanti la sua battaglia a dispetto di chiunque e tra progetti improbabili di razzi spaziali, ma anche della produzione. A partire da Gennie Rim e Peilin Chou, il team produttivo ha puntato su nomi importanti anche nel cast di doppiatori. Ritroviamo Cathy Ang, l’attrice rivelazione che presta la voce a Fei Fei, Phillipa Soo (Chang’e), e Robert G. Chiu (Chin). Non manca nemmeno Sandra Oh (Signorina Zhong), che ha primariamente raggiunto il successo in Italia per il ruolo della dottoressa Cristina Yang in Grey’s Anatomy.

Una fiaba Disney a metà

Del resto, se abbiamo anticipato in apertura che il dubbio di avere di fronte un prodotto targato Disney sia lecito, c’è sicuramente un buon motivo. Netflix ha assoldato nientepopodimeno che lo stesso animatore de La Sirenetta e La Bella e la Bestia, per citare solo due dei grandi classici animati che popolano ancora oggi l’immaginario collettivo di grandi e piccini. Stavolta però non vi è alcun timore di spalancare le porte del mondo orientale al pubblico internazionale senza che venga incompreso o sottovalutato.

Uno dei pregi della diffusione e della commistione culturale di ciascun popolo nel mondo, come se ormai vivessimo in un grande e unico melting pot, è proprio la capacità e la sensibilità sviluppata nel pubblico. Questo consente a sua volta alla regia di poter tranquillamente inserire segni tradizionali e folkloristici, senza alcuna paura di scadere in una restituzione macchiettistica e stereotipica della narrazione.

In conclusione…

Over The Moon è un titolo decisamente coinvolgente, in grado di affascinare e solleticare la curiosità e la fantasia degli spettatori. Una nota di merito va decisamente alla colonna sonora, non solo a quella italiana dove spicca la voce di Elodie nel brano “Volo via”, ma anche nella corrispondente versione originale. Le voci sono state decisamente scelte con cura, al fine di regalare al pubblico di Netflix un contenuto decisamente di qualità e di tutto rispetto.

La musica e i brani composti ad hoc per il film sono infatti una colonna portante per la narrazione e per la tipologia di prodotto, categorizzandolo in sostanza come un musical animato. Forse un sottile escamotage per rendere più godibile e leggera una questione tanto profonda e tragica. Il dolore di aver perso la propria madre e il proprio passato, ma non la tenacia e la forza di trovare una soluzione per placare il dissidio interiore.

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Francesca Sirtori

Indielover, scrivo da anni della passione di una vita. A dispetto di tutti. Non fatevi ingannare dal faccino. Datemi un argomento e ne scriverò, come da un pezzo di plastilina si ottiene una creazione sempre perfezionabile. Sed non satiata.

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