Il documentario Netflix The Social Dilemma ha scatenato conversazioni e dibattiti molto accesi circa l’impatto dei social media sulle nostre vite, sulla nostra attenzione e sulla nostra salute mentale. L’unica azienda, fino ad ora, che ha reagito al popolare documentario è stata Facebook. Venerdì scorso, il social network di Mark Zuckerberg, ha risposto al documentario di Jeff Orlowski attraverso un comunicato molto ampio, che reagisce e contraddice punto per punto le accuse contenute nel film Netflix.
La società ha condiviso una lunga dichiarazione sul suo sito web intitolata “What ‘The Social Dilemma’ Gets Wrong“, articolata in 7 punti, in cui sostiene che il documentario è un prodotto sensazionalistico. “Piuttosto che offrire uno sguardo lucido e versatile sulla tecnologia preferisce offrire una visione distorta di come i social media e le piattaforme lavorino per creare un comodo capro espiatorio per quelli che sono difficili e complessi problemi sociali”, si legge nella confutazione di Facebook. Poi prosegue la sua obiezione individuando sette argomenti sollevati nel documentario: dipendenza, tu non sei il prodotto, algoritmi, dati, polarizzazione, elezioni e disinformazione.
La risposta di Facebook a The Social Dilemma
Nel comunicato si legge “Non ci interessa farvi spendere tanto tempo sulla nostra piattaforma, vogliamo che sia tempo di qualità. Ad esempio, nel 2018 abbiamo cambiato la classificazione del News Feed per dare priorità alle interazioni sociali significative e toglierla a cose come i video virali. Il cambiamento ha portato a una diminuzione del tempo speso su Facebook di 50 milioni di ore al giorno”. Inoltre, asserisce Facebook nel comunicato, “collaboriamo con i principali esperti di salute mentale, organizzazioni e accademici e abbiamo interi team di ricerca dedicati alla comprensione dell’impatto che i social media possono avere sul benessere delle persone”.
Dopo aver affrontato la questione sollevata all’interno del documentario, in merito alla dipendenza, pone l’accento sulla gratuità del prodotto, sugli algoritmi e i dati: “Facebook è una piattaforma supportata da pubblicità, il che significa che la vendita di annunci ci permette di offrire a tutti la possibilità di connettersi gratuitamente. Quando le aziende acquistano annunci su Facebook, non sanno chi sei. Non condividiamo le informazioni che ti identificano personalmente a meno che tu non ci dia il permesso”.
Algoritmi e dati
Facebook ribadisce che ha approvato miglioramenti per proteggere la privacy delle persone: “Abbiamo politiche che vietano alle aziende di inviarci dati sensibili sulle persone, comprese le informazioni sanitarie degli utenti o i numeri di previdenza sociale, attraverso strumenti aziendali come Facebook Pixel e SDK”. La confutazione prosegue: “Facebook utilizza algoritmi per migliorare l’esperienza delle persone che utilizzano le nostre app. Gli algoritmi migliorano i nostri servizi. Ad esempio, all’interno di Facebook, li usiamo per mostrare un contenuto che è rilevante con i vostri interessi, che si tratti di post di amici o annunci”.
Per quanto riguardo la polarizzazione Facebook afferma: “La verità è che la polarizzazione e il populismo esistono da molto tempo, prima che Facebook e altre piattaforme online fossero state create. Riduciamo la quantità di contenuti che potrebbero guidare la polarizzazione sulla nostra piattaforma, inclusi link a titoli clickbait o disinformazione. Facebook è l’unica importante piattaforma di social media con una rete globale di oltre 70 partner di factchecking, che esaminano i contenuti in diverse lingue in tutto il mondo”. Sulle accuse contenute nel documentario, che riguardano le elezioni e la disinformazione, la società afferma di non guadagnare da post di notizie false o teorie del complotto: “L’idea che permettiamo che la disinformazione si diffonda sulla nostra piattaforma, o che in qualche modo traiamo vantaggio da questo contenuto, è sbagliata”.
Elezioni e disinformazione
Si legge ancora nel documento che il social network di Mark Zuckerberg riconosce di aver commesso degli errori nel 2016, a proposito del coinvolgimento nelle elezioni americane e le infiltrazioni russe, per questo asserisce di aver migliorato la sicurezza per prevenire gli attacchi. “Non vogliamo incitamento all’odio sulla nostra piattaforma e lavoriamo per rimuoverlo, nonostante quello che dice il film. Sappiamo che i nostri sistemi non sono perfetti e che ci perdiamo qualcosa, ma non permetteremo che si faccia disinformazione o si semini odio su Facebook”.