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La recensione di Caleidoscopio, la serie che decostruisce la narrazione

Una serie casuale in cui nulla è lasciato al caso

Le premesse iniziali erano tutte allettanti, ma sapevano di già sentito altrove. Un elaborato colpo in un caveau sorvegliatissimo per sottrarre un bottino incredibile, una squadra di ladri che lo prepara minuziosamente non lasciando nulla al caso e gli immancabili tradimenti interni. Insomma, dopo cinque stagioni de La Casa di Carta, non avevamo assolutamente bisogno di un’altra serie così. E invece le premesse iniziali di questa nostra recensione sono state tutte piacevolmente disattese: Caleidoscopio sorprende eccome. Sarà forse per il suo stille irriverente e a tratti quasi comico, sarà per la presenza di Giancarlo Esposito o per l’innovativa esperienza di visione che la serie Netflix ci pone davanti.

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La serie, infatti, invoglia lo spettatore a guardare in ordine del tutto casuale gli otto episodi che compongono la prima stagione, ognuno dei quali mostra una precisa fase storica, dall’antefatto di 25 anni prima fino alle conseguenze del colpo. Un espediente che spalanca le porte ad un’esperienza narrativa assolutamente inedita per la serialità televisiva.

Un concetto che, sulle prime, ci aveva fatto storcere non poco il naso. Ci chiedevamo: “avrà senso guardare le puntate centrali se abbiamo già visto inizio e fine?” Come vedremo nel corso di questa recensione, Caleidoscopio è scritta così bene che varrà la pena di guardare tutti gli episodi, anche quando vi sembrerà di esservi rovinati il finale dopo i primi 20 minuti. Già perchè ogni episodio dice tanto, ma mai tutto.

Caleidoscopio: la serie che insidia il concetto di spoiler

Ogni episodio ha il nome di un colore e, come detto, è ambientato in uno specifico tempo rispetto al grande colpo. Sono otto anche i membri della banda che prende parte all’atto criminoso sotto la guida di Leo Pap (Giancarlo Esposito). Un piano studiato e messo a puntino nel corso di ben 25 anni, per un bottino finale di 7 miliardi di dollari.

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Sia chiara una cosa però: Caleidoscopio non è solo una serie thriller. Anzi. Ciò che rende lo show qualcosa di irresistibile è nelle citazioni, il fatto che omaggi pellicole cult del genere e non si prenda mai troppo sul serio. Sono presenti sia riferimenti a Le Iene di Quentin Tarantino, così come l’ironizzare su aspetti grotteschi dei personaggi. La morte e il sangue vengono esasperati in modo tarantiniano e i dialoghi rasentano l’assurdità. Assurde sono anche le personalità degli stessi personaggi, dall’astutissima Ava (Paz Vega) che ha un’arma in ogni angolo della casa, al bullo innamorato Bob (Jai Courtney) e sua moglie Judy (Rosaline Elbay).

Aspetti surreali che vengono sottolineati anche dall’incredibile colonna sonora. In una scena dell’episodio Rosa, ad esempio, vediamo un gruppo di sicari che si appresta a compiere un omicidio: a quel punto parte in sottofondo Let’s Think about Living di Bob Luman, il cui testo recita: “in tutte le altre canzoni che ho scritto, qualcuno finisce con l’essere sparato”.

La recensione di Caleidoscopio: nessuno è libero davvero

La vera chiave di lettura della serie però ce la regala un altro brano, che ritorna in diversi episodi: Non of us are free di Solomon Burke. Quelli che hanno preso parte al colpo per vendetta personale e quelli che lo hanno fatto per denaro, quelli che sopravvivono e quelli che muoiono, poco importa: nessuno di loro è realmente libero.

Se guardate gli episodi in un determinato ordine, Caleidoscopio diventa un film di Quentin Tarantino

Ogni spettatore può guardare gli episodi nell’ordine che preferisce, ma ci sono dei pattern consigliati. In primis è utile avere un’idea della cronologia degli eventi:

  • Viola: venticinque anni prima del colpo
  • Verde: sette anni prima del colpo
  • Giallo: sei settimane prima del colpo
  • Arancione: tre settimane prima del colpo
  • Blu: cinque giorni prima del colpo
  • Bianco: il colpo
  • Rosso: il mattino seguente
  • Rosa: sei mesi dopo

Il nostro suggerimento è di proseguire in modalità assolutamente casuale. Durante la nostra prima esperienza di visione, per esempio, abbiamo guardato per primo l’episodio Rosa, che teoricamente è l’ultimo in ordine cronologico. Proseguendo in sequenza assolutamente a caso ci siamo divertiti molto a collegare tutti i puntini, senza avere mai la sensazione di compiutezza a metà visione.

Il gioco del “costruisci la tua narrazione” ha portato a numerose discussioni sul web. Persino Netflix ha pubblicato un tweet nel quale suggerisce che “guardando Caleidoscopio in questo ordine sembrerà un film di Quentin Tarantino”.

Tirando le somme della recensione: com’è Caleidoscopio?

Volendo tirare le somme di questa recensione, non possiamo che prendere atto che Caleidoscopio è un progetto ambizioso assolutamente riuscito. Pesano le scelte del suo creatore Eric Garcia, che ha affidato a Giancarlo Esposito la vera chiave della narrazione. È intorno a lui che si snodano le vicende ed è lui, insieme al colpo, il vero protagonista della serie. 

Attraverso gli otto episodi lo show ci mostra, non senza una punta di ironia, tutti gli incredibili clichè delle storie di rapine: sofisticati sistemi di sicurezza, attrezzature futuristiche e gli immancabili tradimenti. Una lista di stereotipi che vengono trattati per quello che sono, senza mai farsi troppe domande. Sembra quasi che il colpo, attorno al quale orbita l’intera storia, sia solo un espendiente messo lì per realizzare una puntata di genere (Bianco). È tutto il resto invece che diventa vivo, tra personalità complesse, amori e insicurezze. La vita dei personaggi che si muovono tra bisogno di vendetta e necessità di soldi. 

Un plauso va anche alla colonna sonora, che spazia dai Rolling Stones agli Alt-j, risultando sempre perfettamente complementare alle immagini sullo schermo.

Insomma Caleidoscopio è una serie su una rapina, ma anche su tanto altro. Inoltre coloro che hanno amato la trilogia Pulp di Quentin Tarantino saranno deliziati dalla quantità di piccoli ma sottili omaggi. La visione di Caleidoscopio sarà pure casuale, ma nella serie nulla è lasciato al caso.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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