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L’Ue a Meta e X: stop immediato alla disinformazione sul conflitto tra Israele e Hamas

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Dovevano sfidarsi in un match di arti marziali miste, e invece Elon Musk e Mark Zuckerberg si ritrovano entrambi redarguiti dall’Unione europea per motivi assai meno epici.

Tralasciamo una disamina di ciò che sta accadendo tra Israele e Hamas perché purtroppo la guerra, iniziata nella notte tra il 6 e il 7 ottobre scorsi, sta occupando i media tradizionali e quelli nuovi.

E proprio nei nuovi media, o meglio in alcune piattaforme social, risiede il problema. Già nelle prime settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina vi avevamo raccontato l’ambivalente ruolo dei social. Preziosi sia per l’immediatezza con cui diffondo notizie, sia per il loro ruolo di megafono degli oppressi. D’altro canto, proprio i social sono ad altissimo rischio di manipolazione. Sono, cioè, potenziali veicoli di informazioni distorte o pilotate di regimi.

È proprio per quanto riguarda la disinformazione sulla guerra tra Israele e Hamas che l’Ue ha richiamato Meta e X, l’ex Twitter. Scopriamo cosa è accaduto.

L’Ue a Meta e X: stop immediato alla disinformazione sul conflitto

Il commissario per il mercato unico Thierry Breton ha inviato due lettere, una a Elon Musk e una a Mark Zuckerberg, proprietari rispettivamente di X e Meta.

La richiesta a entrambi è di fornire entro 24 ore “una risposta tempestiva, precisa e completa” alle richieste di Bruxelles sulla disinformazione online che sta proliferando sui loro social. Disinformazione, si legge nella lettera a Musk, “anche alla luce delle prossime elezioni in Polonia, Olanda, Lituania, Belgio, Croazia, Romania, Austria e del Parlamento europeo.” Ma legata soprattutto al conflitto israelo-palestinese.

In caso di mancata conformità con le norme vigenti in Unione europea, i due colossi tech potrebbero andare in contro a sanzioni.

Il botta e risposta fra Breton e Musk

Paradossalmente ma non troppo (ormai i canali di comunicazioni sono questi) proprio su X si è espresso Breton nei confronti di Elon Musk. Oltre a mostrare la lettera inviata all’azienda, il commissario ha scritto in un post: “In seguito agli attacchi terroristici di Hamas contro Israele, abbiamo indicazioni secondo cui X/Twitter viene utilizzato per diffondere contenuti illegali e disinformazione nell’Ue.” Ma la parola “Israele” è stata sostituita dalla bandiera dello Stato, evidentemente per sfuggire alla censura degli algoritmi.

La risposta di Musk non si è fatta attendere: “La nostra politica è che tutto sia open source e trasparente, un approccio che so l’Ue sostiene. Vi preghiamo di elencare le violazioni su X, cui si allude, in modo che il pubblico possa vederle.”

Ha ribattuto a sua volta Breton: “Siete ben consapevoli delle segnalazioni dei vostri utenti e delle autorità sui contenuti falsi e sull’esaltazione della violenza. Sta a voi dimostrare che mantenete le parola. Il mio team rimane a disposizione per garantire la conformità al Digital service act, che l’Ue continuerà a far rispettare rigorosamente”.

La scadenza di 24 ore, essendo il post di Breton delle ore 20.20 di martedì 10 ottobre, è avvenuta alla stessa ora di mercoledì 11.

L’Ue e Meta

L’Ue si è rivolta a X ma anche a Meta, con un giorno di differenza (l’11 ottobre e non il 10). E anche con toni più morbidi: in un recente rapporto, proprio l’Ue ha segnalato X come la piattaforma con la maggior disinformazione.

Tuttavia, le richieste sono analoghe. La lettera di Breton a Zuckerberg inizia così: “Caro signor Zuckerberg, alla luce dei recenti sviluppi mi permetta di ricordarle  i precisi obblighi sulla moderazione contenuti nel Digital service act”.

A Breton ha risposto un portavoce di Meta: “Dopo gli attacchi terroristici di Hamas contro Israele abbiamo rapidamente istituito un centro operativo dedicato composto da esperti, che include persone che parlano la lingua ebraica e la lingua araba, per monitorare attentamente e in tempo reale questa situazione in rapida evoluzione.

I nostri team stanno lavorando senza sosta per mantenere le nostre piattaforme sicure, intervenire sui contenuti che violano le nostre policy o le leggi locali e coordinarsi con fact-checker di terze parti nella regione del conflitto per limitare la diffusione di disinformazione.”

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Guerra e disinformazione

Nonostante le (inevitabili) rassicurazioni di X e Meta, nei giorni scorsi sono state svariate le segnalazioni di contenuti palesemente falsi riguardanti il conflitto tra Israele e Hamas, in alcuni casi presi addirittura da videogiochi realistici.

E le due piattaforme non sono intervenute tempestivamente per segnalare o eliminare immagini e video non veritieri, proprio come richiedono le regole dell’Ue.

Superfluo aggiungere come, nel dramma di un conflitto così straziante (e divisivo), la disinformazione contribuisce a esasperare gli animi e ad alimentare paura e odio reciproco.

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