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È morto Gianni Minà. Il nostro ricordo

Il grande giornalista aveva 84 anni

Ieri, lunedì 27 marzo, è morto Gianni Minà.

I ricordi di un giornalista che per decenni ha intervistato grandissimi personaggi sarebbero sterminati.

Ma due momenti lo caratterizzano in maniera perfetta. Il primo è una fotografia scattata in un ristorante romano, che lo stesso Minà ha definito “la summa del mio modo di essere”. Nella foto si vedono, da sinistra, Gabriel García Márquez, Sergio Leone, Muhammad Alì e Robert De Niro. Ultimo a destra, col sorriso sornione del ragazzino che l’ha appena fatta grossa, c’è Gianni Minà.

Il secondo momento, che in qualche modo trae spunto dal primo, è il memorabile sketch di Massimo Troisi, che ironizza sulla fantomatica agenda di Gianni Minà, fitta di numeri telefonici di personalità del mondo della politica, della cultura, dello spettacolo e dello sport, che Minà avrebbe contattato con disinvoltura.

La morte di Gianni Minà

La notizia della morte è stata diramata dal profilo Facebook dello scrittore.

Dove leggiamo: “Gianni Minà ci ha lasciato dopo una breve malattia cardiaca. Non è stato mai lasciato solo, ed è stato circondato dall’amore della sua famiglia e dei suoi amici più cari.”

Segue un rigo di sobrio ringraziamento allo staff medico che ha seguito Minà nelle sue ultime ore.

Gianni Mina

La carriera di Gianni Minà

Per limitarci (inizialmente) a una fredda cronologia della vita e della carriera di Gianni Minà, diciamo che il giornalista è nato a Torino il 17 maggio 1938.

Ha iniziato la sua carriera nel 1959, come giornalista sportivo (a Tuttosport, di cui quasi quarant’anni dopo sarebbe diventato direttore).

Una curiosità: dopo anni di precariato, solo nel 1976 viene assunto al Tg2, dove iniziano a delinearsi alcune delle sue passioni: la boxe, ma anche l’America Latina, in cui gira formidabili reportage.

Inviato come cronista in Argentina per seguire i Mondiali di calcio del 1978, viene espulso dal Paese per aver fatto una serie di domande sui desaparecidos giudicate inopportune.

Tra i suoi innumerevoli programmi ricordiamo Blitz, andato in onda la domenica su Rai 2 dal 1981 al 1984, in cui Gianni Minà ha intervistato alcuni personaggi di primo piano, italiani e non solo. E di cui ampi stralci si trovano ancora in Rete.

La vastità di passioni di Gianni Minà

Ma, dicevamo, una fredda esposizione della sua carriera giornalista non rende giustizia all’unicità di Gianni Minà.

Che passa almeno per due elementi. Il primo è la vastità dei suoi interessi. Per prendere solo l’ambito sportivo, Minà si è occupato di boxe, calcio, atletica leggera e di una grande quantità di altre discipline.

Tanto per dare un’idea, Gianni Minà ha seguito qualcosa come otto Mondiali di calcio e sette Olimpiadi.

Poi c’è la passione per la politica, con un’attenzione particolare alla già citata America Latina e alle minoranze sfruttate.

Altrettanto acuto e ampio il suo interesse per la cultura, dalla letteratura al cinema. E non poteva mancare l’amore per la musica, specie quella sudamericana.

L’affabilità e la competenza di Minà

L’altra peculiarità di Gianni Minà, per cui oggi tutti lo piangiamo, è una commistione rarissima di umanità e competenza.

Il suo sorriso affettuoso, la capacità di fare da spalla all’intervistato di turno, le risate scomposte di quando finiva vittima della verve di grandi comici come Troisi e Benigni (una loro doppia intervista a Blitz fa sbellicare), ha restituito a tre generazioni l’immagine di Gianni Minà giornalista affabile, empatico, duttile.

Questo aspetto ha però rischiato di fornirci di Minà un profilo parziale e soprattutto superficiale. Gianni Minà è stato giornalista di vastissima cultura, che si preparava in modo quasi maniacale prima di ogni servizio, intervista o reportage.

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Minà e la storia

Per questo – per la sua preparazione e per la sua umanità – Minà si è occupato, nel corso dei decenni, di grandi temi, lasciandoci lavori e testimonianze fondamentali. Ed è anche il motivo per cui tanti personaggi famosi che lo hanno conosciuto sono diventati suoi amici.

Per limitarci alle interviste, ricordiamo – solo a titolo di esempio – quelle a Fidel Castro, al Dalai Lama, al Subcomandante Marcos, ai Beatles. Oltre a quelle a una grande quantità di campioni sportivi (celeberrima quella a Diego Armando Maradona).

L’intervista a Fidel, suddivisa in due parti, non solo ha fatto il giro del mondo. Ma ha avuto anche due prefatori d’eccezione: Gabriel García Márquez per la prima parte, Jorge Amado per la seconda.

Vanno poi ricordati i documentari e i reportage, i libri e i programmi televisivi.

Minà si è occupato, tra gli altri argomenti, della giovinezza di Ernesto “Che” Guevara, dell’insurrezione zapatista, di diritti sociali e civili delle minoranze sfruttate (specie quelle della sua amata America Latina).

E resta fuori ancora tanto, tantissimo. Sembra impossibile che un giornalista abbia potuto occuparsi di tutto questo. E sempre con impeccabile professionalità e partecipazione emotiva.

Ma stiamo parlando di Gianni Minà.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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