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La piattaforma anti pezzotto è stata hackerata: pubblicato in rete il suo codice sorgente

Piracy shield non è stata di certo un successo

Avete presente una ciambella col buco? Ecco, l’immagine – o metafora, se preferite – non è di certo applicabile a Piracy shield, più nota come piattaforma anti pezzotto. Tra polemiche e ritardi prima, e grosse sviste nell’indicare come truffaldini siti nella piena legalità poi, le cose già non sembravano andare benissimo.

Come se non bastasse, nelle scorse ore la piattaforma anti pezzotto è stata hackerata, e il suo codice sorgente è stato pubblicato su GitHub. Partiamo da questa notizia, e ripercorriamo poi brevemente la breve ma già travagliata storia di Piracy shield.

Hackerata la piattaforma anti pezzotto

Che uno strumento pensato per dare la caccia agli hacker finisca hackerato, è un paradosso niente male.

Eppure a Piracy shield è successo proprio questo: la piattaforma anti pezzotto è stata hackerata e il suo codice sorgente è finito su GitHub, ossia un servizio di hosting.

Senza scendere in dettagli tecnici, diciamo che il codice della piattaforma è diventato open source. Non però come conseguenza di una svolta libertaria da parte dell’azienda che ho la messo a punto, quanto semmai per un deliberato gesto di un utente anonimo, che ha agito in segno di protesta. E ha lasciato un messaggio eloquente.

piracy shield

Il messaggio dell’hacker

La piattaforma anti pezzotto è stata hackerata, e il codice è stato pubblicato online da un utente il cui nickname è Fuckpiracyshield. Nome per la cui traduzione non è richiesta una laurea a Oxford. E dal quale traspare tutto il risentimento verso Piracy shield.

Costui o costei, infatti, ha anche lasciato un messaggio su GitHub, sia in italiano che in inglese. Il testo: “Piracy Shield, una piattaforma sviluppata da SP Tech Legal per AGCOM, non è solo un tentativo all’italiana di combattere la pirateria online, ma è anche una pericolosa porta verso la censura. Il suo blocco indiscriminato di siti web e indirizzi IP legittimi costituisce un pericolo immenso, aprendo la strada a una censura incontrollata sotto il pretesto dell’applicazione delle leggi sul copyright.

Concedere alle autorità il potere incontrollato di bloccare contenuti online, Piracy Shield rappresenta una minaccia significativa alla libertà di espressione e all’accesso alle informazioni. Questo approccio draconiano non solo fallisce nel combattere efficacemente la pirateria, ma mina anche i principi democratici fondamentali.

È necessario riconoscere Piracy Shield per ciò che realmente è: uno strumento di censura mascherato come una soluzione alla pirateria. Piracy Shield è semplicemente il risultato di incompetenza tecnica ed eccessiva burocrazia, una costante nel governo italiano.”

Due questioni

L’hackeraggio della piattaforma anti pezzotto, e il messaggio che vi abbiamo riportato, sollevano almeno due questioni. La prima riguarda l’azione criminosa stessa: l’utente come è entrato in possesso del codice? Per una connivenza di qualcuno che ha lavorato al progetto, o per una clamorosa debolezza del sistema difensivo della piattaforma? In entrambi i casi, certamente non è stata fatta una grande figura.

C’è poi la questione sollevata dal messaggio, per nulla priva di fondamento: in effetti, da quando è entrata in funzione, Piracy shield ha preso svariati abbagli, segnalando come illegali siti che di illegale non avevano proprio nulla.

Le sviste della piattaforma anti pezzotto

La piattaforma anti pezzotto è attiva dal primo febbraio, pronta per intervenire entro 30 minuti dalla messa in onda illegale di eventi in streaming. Da allora, Piracy shield ha operato più di 3.200 volte.

Oscurando però anche siti più che legittimi, che avevano la sola “colpa” di condividere l’indirizzo IP con siti segnalati come non conformi. La causa di questi errori di segnalazione è duplice: la necessità di operare in tempi brevi, e l’assenza di una revisione umana.

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Piracy shield tra ritardi e polemiche

Gli attori coinvolti a diverso titolo nel funzionamento di Piracy shield hanno fatto, in queste settimane, dichiarazioni reboanti. Ultime, quelle del commissario Agcom Massimiliano Capitanio, che dal suo profilo LinkedIn ha promesso multe severe anche agli utenti del pezzotto.

Eppure, la piattaforma è stata attivata solo il primo febbraio, dopo tentennamenti e slittamenti. E, come se non bastasse, a seguito di un ricorso (poi bocciato dal Tar del Lazio) con cui Assoprovider ha contestato la legittimità della donazione della piattaforma dalla Lega serie A ad Agcom, e l’azione dei provider come “poliziotti della rete”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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