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Cancel culture o provvedimenti legittimi nei confronti della Russia?

Sono bastati pochi giorni al mondo occidentale per passare dalle sanzioni economiche nei confronti della Russia a una forma di sabotaggio che ha toccato addirittura Dostoevskij e il Moscow Mule. Le sanzioni che hanno interessato Mosca sono state numerose e molto incisive, a partire dai blocchi alle esportazioni di materiale tecnologico decise da Unione Europea e Stati Uniti, fino ad arrivare a Intel e AMD, che hanno annunciato il blocco delle vendite di chip in Russia, o ancora Samsung, Apple, Microsoft, che hanno annunciato il blocco dei propri prodotti in Russia, oppure Netflix, Meta, PayPal che hanno interrotto i propri servizi verso Mosca.

Evidentemente il conflitto tra Russia e Ucraina non si sta combattendo solo sul campo, ma vive di prese di posizione e sanzioni, e il confine tra misure punitive e opere censorie è davvero labile. L’esempio più lampante è quanto avvenuto negli States, dove è stato deciso di cambiare il nome al Moscow Mule e di vietare la vendita di prodotti russi. Attenti quindi: se volete gustare il celebre drink dovrete ora chiedere un Kiev Mule, ammesso che lo facciano però, dato che il cocktail è a base di vodka.

Ma volendo uscire dal paradosso, qual è il confine tra sanzione economica e censura culturale? Ci stiamo apprestando a demonizzare la cultura russa e a innescare un inarrestabile effetto domino?

Cancel culture o sanzioni? Ecco tutte le prese di posizione

Tra le prime società a imporsi in questo ampio dibattito ci sono UEFA ed Eurovision Song Contest. La prima ha spostato la location della finale di Champions League da San Pietroburgo a Parigi e ha rimosso le squadre russe dalle competizioni europee. L’Eurovision, dopo una prima indecisione, ha invece escluso la Russia dal contest musicale che questo maggio si svolgerà a Torino.

Negli Stati Uniti la eDX, celebre piattaforma per corsi universitari online, ha rimosso i corsi promossi dalle università russe. Contestualmente, in Italia, un caso che ha fatto molto discutere è stata la decisione dell’Università Bicocca, che ha annullato un corso di Paolo Nori su Fedor Dostoevskij; in seguito, dopo le numerose critiche ricevute, l’ateneo è tornato sui suoi passi.

E per quanto riguarda lo spettacolo? Il 3 marzo l’attesissimo film The Batman è uscito nelle sale di tutto il mondo, ma non in Russia. Allo stesso modo, numerose altre uscite cinematografiche sono state annullate nel Paese.

Anche le opere emergenti sono interessate da queste decisioni. Con un comunicato ufficiale, la Biennale di Venezia ha espresso la propria solidarietà nei confronti dell’Ucraina, affermando che non chiuderà la porta a chi difende la libertà di espressione e manifesta contro l’ignobile e inaccettabile decisione di aggredire uno Stato sovrano e l’inerme sua popolazione. Per coloro che si oppongono all’attuale regime russo, ci sarà sempre posto nelle mostre della Biennale, dall’Arte all’Architettura, e nei suoi festival, dal Cinema alla Danza, dalla Musica al Teatro”. Mentre il Festival di Cannes, sempre con un comunicato ufficiale che ha espresso vicinanza al popolo ucraino, ha dichiarato che “A meno che l’aggressione non giunga al termine nelle condizioni che soddisfino il popolo ucraino, è stato deciso di non accogliere nessuna delegazione ufficiale russa né accettare la presenza di chiunque sia legata al governo russo”.

L’European Film Academy, da parte sua, ha deciso di boicottare tutti i film russi e il Glasgow Film Festival ha cancellato la proiezione delle pellicole No Looking Back e The Execution. Ferma anche la condanna della National Academy of Television, Arts and Sciences (NATAS), che ha deciso di escludere dai titoli che potranno competere per gli Emmy Awards tutti quelli finanziati – o comunque legati – alla Russia. Paradossale è poi il caso di Alexander Gronsky, fotografo che vive a Mosca e che per le sue proteste contro il governo di Vladimir Putin è stato anche arrestato. Un dissidente russo quindi, ma pur sempre un russo: la sua mostra a Reggio Emilia è stata addirittura annullata.

Musica, intrattenimento, cibo e sport

Dinamica non troppo diversa per la rete, dove Netflix ha rinunciato a più di 20 produzioni russe e disattivato i propri servizi nel Paese. Contestualmente Spotify ha chiuso i suoi uffici in Russia. Del resto la situazione musicale non è meno complessa: gli artisti di tutto il mondo hanno cancellato i propri concerti previsti in Russia e Live Nation ha annunciato che non produrrà più spettacoli nel Paese. A Rotterdam, la Philharmonie Haarlem ha deciso di sostituire il weekend del festival “48 Hours of Tchaikovsky and Stravinsky” con due concerti strumentali per i rifugiati ucraini. La federazione di wrestling americana WWE ha cancellato i propri accordi televisivi con le emittenti russe. In Lettonia, Lituania ed Estonia è scattato un boicottaggio dei prodotti alimentari russi, replicato poi dalla Danimarca e da altri paesi europei.

La Formula 1 ha rimosso il Gran Premio di Russia dal calendario e il team Haas F1 ha decido di rescindere il contratto del pilota Nikita Mazepin. Non va meglio nel mondo dei videogame, dove i maggiori distributori (da EA a Nintendo) hanno rimosso la possibilità di acquistare titoli in Russia. Anche all’interno dei titoli sportivi FIFA e NHL sono stati rimossi i club e la nazionale russa. Neppure gli animali sono stati risparmiati dal boicottaggio: l’International Cat Federation ha vietato la presenza di gatti russi alle competizioni internazionali.

Russia e cancel culture: dove ci condurrà?

Stiamo assistendo ad una serie di scelte le cui dinamiche non sempre sono di immediata comprensione. Come ribadito il confine tra sanzione economica e boicottaggio culturale è spesso molto sottile. Il pericolo è che queste siano le basi per una nuova forma di Maccartismo, che negli anni ’50 fomentò l’isteria della caccia al comunista rosso. Molti artisti in quegli anni videro la propria carriera rovinata soltanto perché erano stati associati all’Unione Sovietica. Bisogna stare attenti quindi, essere lucidi. Bisogna restare vigili per non cadere nel facile errore di partecipare passivamente all’effetto domino che rischia di avere conseguenze culturali irreversibili.

Chiamare un cocktail Kiev Mule e cancellare un corso di letteratura russa non aiuteranno a risolvere il conflitto: “non è così che il soldato si disarmerà” cantava Eduardo De Crescenzo in un bellissimo brano dimenticato. E le cose belle non andrebbero mai dimenticate.

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Marco Brunasso

Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 30 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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