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Vivo è il produttore di smartphone n° 1 della Cina. Abbiamo visto con i nostri occhi il suo campus a Dongguan

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In occasione del lancio mondiale del Vivo X200 Pro, siamo stati nei sobborghi di Shenzhen, in Cina, per visitare l’immenso campus di Vivo, uno dei produttori di smartphone più conosciuti in Asia e recentemente presente anche in Italia.

Per X200 Pro, Vivo ha fatto le cose in grande

L’occasione della nostra visita è stato il lancio del top di gamma Vivo X200 Pro, avvenuto a Pechino in uno dei palazzetti dello sport utilizzati per i Giochi Olimpici del 2001. La conferenza, organizzata in grande stile, ha ospitato invitati da tutto il mondo, con particolare attenzione al Sudest Asiatico: Thailandia, Indonesia, Malesia. Anche gli europei erano presenti, riflettendo i mercati di riferimento. Gli smartphone cinesi sono molto venduti in tutto il continente asiatico.

Durante la conferenza è stato sottolineato con enfasi come Vivo sia arrivato al primo posto per vendite in Cina nel 2024, con una quota di mercato del 18,6%, superando colossi come Apple, Huawei, Xiaomi e Honor. Vivo conta 500 milioni di utenti in 60 paesi, una presenza consolidata a livello globale, anche se meno nota in Italia.

Insomma possiamo avventurarci a definirlo un colosso che piano piano si sta affermando anche da queste parti.

Venti mila lavoratori per il campus di Dongguan

Il campus di Dongguan è praticamente una città nella città, situato nella Shenzhen Bay Area. Attorno alla strittura principale si ergono parecchie palazzine di nuova costruzione in cui alloggiano i dipendenti pagando un affitto calmierato di circa 150 euro al mese. Il campus è nuovissimo (inaugurato nel 2020) e ospita più di 20 mila lavoratori (dei quali il 75% lavora nel reparto di ricerca e sviluppo).

Ci sono uffici, siti di produzione (in cui effettivamente prendono vita gli smartphone), ma anche aree in cui i dipendenti possono prendersi un po’ di tempo per se giocando a basket, a calcio o l’immancabile pingpong. Non mancano i divanetti e le aree per dormire: durante la pausa pranzo in Cina tutti fanno il pisolino. Nessuno escluso.

Dentro alla struttura c’è anche un Luckin Coffe (l’equivalente cinese di Starbucks).

Laboratori e linee di produzione

Le aziende che producono smartphone ruotano attorno tre perni: i laboratori di test, l’area di assemblaggio dei circuiti stampati e l’assemblaggio effettivo dello smartphone. Tutti questi si trovano dentro il campus, a diversa distanza l’una dall’altra (per raggiungere l’area produttiva si prende un bel pulman interno).

Nell’area di test si mettono sotto stress i prodotti finiti per definire se siano pronti oppure no per il mercato. Qui i “maltrattamenti” agli smartphone sono all’ordine del giorno: si fanno cadere violentemente da 1 metro mezzo di altezza, si simulano cadute casuali con delle grosse centrifughe (lente) oppure si inseriscno in una tasca di jeans e gli si applica un peso sopra testarne la resistenza quando ad esempio ci sediamo.

Nella centrifigua lenta ad esempio si eseguono 100 cicli di cadute totali, 22 cicli al minuto. Per 100 volte deve essere garantito che il display non si danneggi mentre per servono 300 cicli per la resistenza della scheda madre.

Oltre a questi, sono decine gli altri test che gli ingegneri di Vivo eseguono nei laboratori per poter garantire una qualità del prodotto davvero di prim’ordine: dai test per le reti al controllo delle connessioni satellitari passando per i test di resistenza a -40 gradi.

Siamo poi passati al tour dell’impianto di produzione vero e proprio. Prendiamo un bus e dopo qualche minuto arriviamo.

Qui secondo i calcoli di Vivo, l’impianto produttivo avrà una capacita mensile di produzione di 6 milioni di smartphone che si aggiungono a diversi altri impianti produttivi sparsi per per il mondo tra India, Indonesia, Pakistan e Turchia solo per citarne alcuni.

Nell’impianto produttivo lavorano tantissimi giovani, provenienti da qualsiasi parte della Cina, tutti ordinati lungo le diverse linee di produzione; ognuna di esse corrisponde a un diverso modello di smartphone della famiglia VIVO oppure iQOO.
Proviamo a dare un po’ di numeri? Da queste linee ogni 11,4 secondi esce uno smartphone fatto e finito che per la maggior parte viene assemblato a mano da delle persone in carne e ossa con il supporto di macchine. Non è il primo centro produttivo che visitiamo e in ognuno di essi la percentuale di esseri umani rispetto alle macchine cambia in base alla filosofia dell’azienda.

Quindi no, non è tutto automatizzato e senza personale umano. Queste sono un po’ delle false credenze che ci portiamo dietro.

Ce lo aspettavamo?

Forse si, ma nemmeno troppo. In Europa, di questi colossi cinesi della telefonia, siamo abituati a vedere solo il prodotto finito che stringiamo tra le mani senza mai domandarci cosa ci sia davvero dietro. Ecco in questo caso, abbiamo visto un brand con un campus dalle solide fondamenta che offre lavoro a più di 20 mila persone che continua ad espandere il suo business soprattuto nel sudest asiatico, cercando sempre di innovare.

Il campus è moderno e sinceramente non ha nulla da invidiare a quelli che ho visto nella più blasonata Silicon Valley… con una differenza: qui in Cina, gli HQ delle aziende hanno anche la fabbrica al loro interno. Riescono quindi a creare un’ecosistema integrato in cui il reporto R&D lavora è a stretto contato con la produzione. Questo permette di muoversi velocemente in un mondo fatto di mercati sono sempre in evoluzione.

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