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Terremoto a Taiwan: stop alla produzione di chip

Si ferma il colosso Tsmc

Tra l’aprile e il luglio del 2023, prima gli Stati Uniti e poi l’Unione europea hanno firmato il loro Chips Act. Che è sostanzialmente un regolamento voluto per rendersi autonomi nella produzione di chip, cercando in questo modo di limitare lo strapotere dei Paesi dell’estremo oriente.

Ricordiamo che il principale produttore mondiale di chip è Taiwan, Paese nel recente passato al centro di una serie di tensioni politiche tra Washington e Pechino (ricordiamo che l’isola, pur riconosciuta come Stato indipendente da 13 Stati sovrani e dalla Santa Sede, è ancora rivendicata dalla Cina).

Nelle scorse ore, Taiwan è stata colpita da un fortissimo terremoto, che per ora ha causato 9 vittime e centinaia di feriti. Non solo: il sisma ha parzialmente arrestato la produzione dei chip: vediamo perché.

chip

Il terremoto a Taiwan

Nella mattina di mercoledì 3 aprile, un fortissimo terremoto (con punte magnitudo 7,4) è stato registrato al largo della costa orientale dell’isola di Taiwan.

Mentre stiamo redigendo l’articolo, alle ore 15.30 dello stesso giorno, si contano 9 morti e più di 800 feriti. Le oltre 100 scosse hanno dato luogo al maggior sisma degli ultimi 25 anni. Sono stati emessi tre allarmi tsunami: in Giappone, nelle Filippine e ovviamente a Taiwan.

Per l’isola c’è un problema in più: lo stop alla produzione di chip, dovuto proprio al terremoto.

Il sisma di Taiwan e il blocco dei chip

Taiwan è la sede della maggior azienda produttrice di chip mondiali, tra i cui clienti figurano Apple e Nvidia. Si tratta della Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, più nota con l’acronimo Tsmc.

Ebbene, subito dopo le scosse Tsmc è stata costretta a far evacuare alcune sue sedi, bloccando la produzione. In alcune di queste, pare che gli operai siano già tornati sul luogo di lavoro.

Un’altra importante azienda di Taiwan che produce chip, la United Microelectronics, ha fermato le macchine nelle sedi di Hsinchu e Tainan. Un portavoce di United Microelectronics, terza produttrice mondiale di chip, ha fatto sapere che “alcune macchine per la produzione si sono fermate, e ora il nostro team sta lavorando per riavviarle il prima possibile”.

Non ci sono notizie precise sui danni riportati dalle maggiori società del settore con sede a Taiwan.

I chip, preziosi e fragili

Non è dato di sapere quanto durerà lo stop alla produzione dei chip di Taiwan: dipende appunto dall’entità dei danni. Non sono inoltre prevedibili eventuali altre scosse di assestamento.

Quel che è certo, è che la produzione dei semiconduttori è un procedimento delicato e di alta precisione: è facile immaginarlo, vista l’esiguità delle superfici su cui si opera. Perciò, ogni minima vibrazione o movimento imprevisto può ripercuotersi su interi lotti di semiconduttori.

Per intenderci, un minimo granello di polvere o l’acqua conseguente a uno starnuto può mettere fuori uso un chip. Nelle prossime ore occorrerà dunque valutare i danni non solo ai macchinari, ma anche e soprattutto ai chip di più recente produzione.

Lo strapotere di Taiwan nella produzione di chip e l’Euroepan Chips Act

Ricordiamo che a Taiwan si produce oltre l’80% dei chip di fascia alta, destinati ad esempio agli smartphone o all’intelligenza artificiale.

La sola Tsmc, nei suoi quattro impianti, nell’arco del 2023 ha prodotto oltre 16 milioni di chip di silicio da 12 pollici.

Per questo l’Euroepan Chips Act, in vigore dal 21 settembre 2023, mira a fornire i Paesi Ue di 43 miliardi di euro di fondi, “orientati alle politiche che sosterranno la normativa sui semiconduttori fino al 2030, e saranno ampiamente accompagnati da investimenti privati a lungo termine.”

Sempre entro il 2030, obiettivo dell’ Euroepan Chips Act è quello di far raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori, passando dal 10 al 20%.

Il caso diplomatico del 2022

Le già citate tensioni politiche tra usa e Cina hanno raggiunto l’acme nell’agosto del 2022, quando la speaker della Camera Nancy Pelosi è andata in visita ufficiale a Taiwan, definendo l’isola “partner economico affidabile degli Usa”.

La Cina ha naturalmente mal digerito sia la visita che le affermazioni, leggendo nell’una e nelle altre l’inizio di una partnership tra gli Stati Uniti e Taiwan (che Pechino ritiene ancora una sua provincia) proprio per quanto riguarda la produzione dei chip. E ha reagito bloccando l’import e l’export di prodotti da e verso l’isola, nella quale ha inoltre organizzato esercitazioni militari su vasta scala.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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