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Elon Musk ha fatto causa a OpenAI: l’azienda avrebbe tradito gli investitori

L’accusa è quella di avere snaturato lo spirito originario

È da un po’ di tempo che non vi diamo più conto delle sortite di Elon Musk, famoso non solo per le sue molte e avveniristiche aziende, ma anche per il suo rapporto diciamo così disinvolto con i nuovi media.

OpenAI, invece, è di recente balzata agli onori delle cronache grazie a Sora, la sorprendente intelligenza artificiale capace di generare clip video estremamente realistici partendo da un comando testuale.

Adesso i destini del tycoon e dell’azienda di Sam Altman si incrociano, e in modo davvero inatteso: Elon Musk ha fatto causa a OpenAI, in pratica con l’accusa di avere snaturato la sua impronta originaria. Ricostruiamo quanto è accaduto.

ChatGPT openai 1

Elon Musk fa causa a OpenAI

Citando la rubrica del più noto settimanale di enigmistica, forse non tutti sanno che tra Elon Musk e OpenAI c’era un legame molto stretto.

Infatti il Ceo di Neuralink e Tesla è stato tra i co-fondatori e primissimi finanziatori dell’azienda che ha messo sul mercato ChatGPT. E sino al 2018 ha fatto parte del suo consiglio di amministrazione. Le voci vogliono che il suo allontanamento dalla società sia dovuto al fatto che Sam Altman gli avrebbe negato un ruolo apicale. E così Musk, tra le altre cose, un’intelligenza artificiale se l’è creata a casa propria: è Grok.

Al di là di ciò, Elon Musk accusa OpenAI di essersi troppo allontanata dalle sue origini, come leggiamo in un documento che gli avvocati dello stesso Musk hanno depositato in un tribunale di San Francisco giovedì 29 febbraio.

Dal post di Musk al documento dei suoi avvocati

Dunque Elon Musk ha fatto causa a OpenAI che no, non è più quella di una volta.

I suoi avvocati hanno messo sotto accusa la partnership di OpenAI con Microsoft, consegnando un documento al tribunale di San Francisco giovedì 29 febbraio. E ribadendo quanto già scritto da Elon Musk (su X, naturalmente) in un post del 17 febbraio: “OpenAI è stata creata come società open source (motivo per cui l’ho chiamata “Open” AI), società senza scopo di lucro per fungere da contrappeso a Google, ma ora è diventata una società closed source, a massimo profitto, effettivamente controllata da Microsoft. Non è affatto quello che intendevo.”

Vendendosi per pochi (non proprio pochi, in realtà) denari al colosso tech, l’azienda avrebbe così tradito le sue origini: quelle di una società nata come non profit.

Insomma: OpenAI ha modificato in corsa il suo obiettivo, che ora secondo Elon Musk è quello di “massimizzare i profitti per Microsoft” e non di badare ai “benefici dell’umanità”. E questo significherebbe un “netto tradimento dell’accordo costitutivo”.

Inoltre, hanno scritto gli avvocati, dopo gli investimenti di Microsoft, OpenAI ha mantenuto il “segreto assoluto” sul progetto di GPT-4, il suo modello di intelligenza artificiale generativa a oggi più avanzato.

Dito puntato contro Altman

Nel documento si legge anche: “Il signor Altman ha selezionato personalmente un nuovo consiglio di amministrazione che non dispone di competenze tecniche simili o di un background sostanziale nella governance dell’intelligenza artificiale, che il consiglio precedente aveva per impostazione originaria. Adam D’Angelo è stato l’unico membro del precedente consiglio a rimanere dopo il ritorno di Altman.

Il nuovo consiglio è composto da membri con maggiore esperienza imprenditoriale o politica, che etica e di governance dell’IA”.

Ciò che Elon Musk chiede è il definitivo allontanamento di Sam Altman da Ceo di OpenAI. Non solo: l’imprenditore pretende che i finanziamenti (erogati per ricerche di pubblico interesse) vengano restituiti ai donatori, dopo il presunto tradimento delle finalità originarie.

L’azienda produttrice di ChatGPT, com’era prevedibile, non ha commentato.

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Non solo Elon Musk: tre testate fanno causa a OpenAI e Microsoft

Musk non è nuovo a curiosi (e non troppo credibili) atteggiamenti da paladino della morale e della libertà.

Va però aggiunto che ulteriori e forse più concrete beghe gravano su OpenAI. Dopo il New York Times, altre tre testate giornalistiche hanno accusato l’azienda di Altman (e con lei Microsoft) di violazione del copyright. Sono The Intercept, Raw Story e AlterNet, che hanno intentato tre cause separate.

Il motivo è lo stesso che ha mosso il NYT: gli algoritmi di intelligenza artificiale si nutrirebbero di contenuti delle testate, riproducendo “letteralmente o quasi letteralmente opere di giornalismo protette da copyright senza fornire informazioni su autore, titolo, termini di utilizzo”.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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