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Green pass falsi: e il ragazzino truffò la modella

Denunciato un diciassettenne di Rieti, complice di hacker russi

Ed ecco una notizia imperdibile per gli amanti dei romanzi di John Le Carré. Prendete una modella genovese, uno studente di Rieti neppure maggiorenne e degli hacker russi. Mescolate il tutto, aggiungete qualche green pass falso e il gioco è fatto.

La storia si è consumata nelle ore scorse in Italia, ed è stata denunciata sul sito della Polizia di Stato nella giornata di lunedì 8 novembre.

E avrebbe anche il suo lato appassionante, se non andasse ad alimentare l’inquietante commercio di green pass falsi. Pochi giorni fa vi abbiamo dato la poco piacevole notizia di alcuni codici Qr circolanti nel nostro Paese, che permettevano a certificazioni verdi palesemente contraffatte di passare indenni i controlli dell’app Verifica C19.

Nelle scorse ore la polizia ha sgominato un giro di ulteriori documentazione fasulle, che hanno creato un ponte tra Genova, Rieti e la Russia. Scopriamo assieme i meccanismi di questa truffa che assomiglia a una spy story dei giorni nostri, e che ha come oggetto i green pass falsi.

green pass

I green pass falsi: da Genova a Rieti alla Russia. Cosa è successo

Tutto nasce dall’improvvida idea di una modella genovese, che si è messa alla ricerca di un green pass falso in Rete.

La pretesa della ragazza era quella di continuare ad accedere alla sua palestra, per potersi mantenere in forma. Senza tuttavia sottoporsi alla vaccinazione o al tampone, una delle due modalità (oltre alla guarigione dal Covid) che permettono di ottenere la certificazione verde.

Ecco quindi che alla ragazza è sembrato di aver trovato quello che stava cercando in un canale Telegram. La richiesta del gestore del canale era semplice: l’invio di una copia del documento d’identità e di 150 euro per la produzione del documento contraffatto.

La ragazza accetta. Ed ecco la sorpresa.

Il ricatto

La modella genovese è rimasta vittima di un raggiro identico a quello già denunciato lo scorso agosto dalla Polizia postale, che con l’operazione Fake pass aveva sequestrato 32 canali Telegram. E di cui vi avevamo dato conto in un articolo.

La ragazza, infatti, non solo non riceve il documento desiderato, ma semmai viene minacciata di denuncia se non avesse sborsato altro denaro. È a quel punto che, vincendo l’imbarazzo, la modella anticipa la mossa dell’hacker, e denuncia lei per prima quanto stava subendo.

La sezione Financial Cybercrime della Polizia postale di Genova si è messa subito al lavoro, e piano piano ha scoperto molto più di quanto attendeva di scoprire.

L’hacker diciassettenne

Le ricerche hanno portato a un’abitazione del Lazio, dove vengono scoperte le attività illecite di un ragazzino.

Più precisamente, un diciassettenne di Rieti con abilità informatiche (diciamo meglio: con doti da hacker) fuori dal comune. Approfondendo le indagini, la Polizia postale viene così a conoscenza del fatto che il ragazzino era addirittura il referente italiano di un gruppo di criminali informatici russi, specializzati nella creazione e diffusione di green pass falsi.

Le verifiche hanno fatto emergere che evidentemente il giovanissimo godeva della massima fiducia degli hacker russi. Lo studente infatti gestiva in autonomia i canali Telegram dove erano messi in vendita i certificati contraffatti, tra cui quello in cui è incappata la modella di Genova.

Una volta ricevuta la richiesta e la documentazione dall’utente da ricattare, il ragazzino di Rieti comunicava tutto agli hacker russi, che gli fornivano le indicazioni su come far procedere al pagamento.

polizia postale

I guadagni illeciti

Gli hacker, come abbiamo detto, chiedevano alla vittima di turno l’invio della copia di un documento d’identità. Che utilizzavano per aprire conti online, carte di credito o account sulle piattaforme di e-commerce.

Lo stesso diciassettenne, attraverso le (evidentemente numerosissime) richieste di green pass falsi, in pochi mesi aveva accumulato più di 20.000 euro.

Cosa ne aveva fatto? Con grande “professionalità”, li aveva in parte investiti in criptovalute e in parte nell’acquisto di applicazioni dette bot, capaci di moltiplicare i membri dei canali Telegram con utenti fasulli, per aumentarne l’attrattiva.

Durante la perquisizione, nella casa del giovanissimo sono stati sequestrati anche beni elettronici, prodotti di bellezza e capi di abbigliamento griffati, tutti provenienti dagli illeciti.

I genitori ignari

I genitori del ragazzo, due medici di Rieti, sono risultati estranei ai fatti. E, ascoltati dagli inquirenti, sono rimasti allibiti dopo avere appreso le attività illegali del figlio. Erano convinti che il denaro accumulato provenisse dalla vendita di giochi online.

L’indagine, diretta dal sostituto procuratore della Repubblica di Genova Federico Panichi e coordinata dal Servizio polizia postale e delle Comunicazioni di Roma, è ancora in corso, per meglio comprendere la natura transnazionale del giro di affari criminosi.

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Claudio Bagnasco

Claudio Bagnasco è nato a Genova nel 1975 e dal 2013 vive a Tortolì. Ha scritto e pubblicato diversi libri, è co-fondatore e co-curatore del blog letterario Squadernauti. Prepara e corre maratone con grande passione e incrollabile lentezza. Ha raccolto parte delle sue scritture nel sito personale claudiobagnasco.com

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