Il tormentone è nato nell’estate del 2019 con FaceApp, il divertente applicativo in grado di invecchiare o ringiovanire un volto, con un grado di realismo piuttosto sorprendente. E con più di qualche dubbio, da noi riportato in un articolo, sull’uso delle foto dei clienti.
Più recentemente è stata la volta dei meme Evil by like. Il gioco consisteva nel produrre il negativo di un’immagine accompagnata da una didascalia che ribaltava una caratteristica del personaggio (pubblico o meno che fosse) oggetto del meme.
Oggi con Yassify le due cose in un certo senso si fondono. Perché si parte da una consistente elaborazione di un volto, come nel caso di FaceApp. Per arrivare poi a produrre memi, sulla stregua di quelli del filone Evil be like, da condividere sui social.
Ma cosa sono i memi Yassify? Come funzionano, e perché si chiamano così?
Da FaceApp a Yassify
L’impulso è stato dato proprio da FaceApp, l’applicativo che ritocca i volti aggiungendo o levando rughe, applicando barba, baffi, occhiali eccetera. Si tratta di una trasformazione verosimile, al punto che moltissimi di noi – nell’estate del 2019, quando il giochino è esploso – sono rimasti a bocca aperta nel vedersi ringiovaniti o invecchiati.
Denver Adams, uno studente statunitense di 22 anni, ha preso l’idea, applicando le potenzialità di FaceApp ad alcuni volti noti. Ma soprattutto esasperando il concetto iniziale. Non ha più trasformato ma deformato le immagini, con risultati grotteschi, su cui torneremo.
E lo ha fatto sul suo account Twitter, @YassifyBot, che – pur creato lo scorso 13 novembre – ha già più di 140.000 follower. Oltre a milioni di visualizzazioni e decine di foto condivise in lungo e in largo per la Rete. Al punto che, così come qualche settimana fa si era parlato di meme Evil by like, oggi si può altrettanto legittimamente parlare di meme Yassify.
Si va da Bruce Willis che, yassificato, diventa donna, alla yassificazione del celebre ritratto di Vermeer, Ragazza con turbante (ben più nota come Ragazza dall’orecchino di perla).
Yassify: origine del termine
Yassify non è una parola coniata da Denver Adams.
“Yassification” è un termine gergale di Internet, che indica il processo per rendere qualcosa più aderente al mondo LGBTQ+.
E sembra derivare da un’esclamazione in voga già negli anni Ottanta del secolo scorso, “Yas Queen!”, nata nella cultura drag newyorkese.
Va detto che l’uso attuale in qualche modo rovescia il suo significato originale. La locuzione ha origine infatti come una sorta di incitamento per inneggiare a tutto ciò che riguardasse la cultura LGBTQ+. Oggi invece i meme Yassify sono prodotti da una deformazione dei volti (anche maschili, come nel già citato caso di Bruce Willis) che diventano piuttosto simili a visi di donna, ma dai lineamenti decisamente pesanti.
La parola “yassification” ha fatto la sua prima comparsa su Twitter nel 2020. E ha avuto il suo primo boom con un meme che raffigurava l’attrice Toni Collette urlante – e yassificata a puntino – nel film horror Hereditary.
Dopo di che la yassificazione è approdata anche su TikTok.
Una critica alla società contemporanea?
Al di là dell’aspetto misogino più o meno velatamente sottinteso in questa operazione giocosa, c’è chi si domanda altro.
E si chiede se questo eccesso di abbellimento dei personaggi, che filtro dopo filtro conduce a esiti pressoché mostruosi, non sia una critica ad alcuni vizi della nostra società.
Intanto, ben sappiamo come l’abuso della chirurgia estetica abbia spesso (in diversi vip ma non solo in loro) prodotto degli orrori estetici poi difficilmente sanabili.
Ma più in generale, i meme Yassify potrebbero essere un monito contro la ricerca ostinata di piacere a tutti i costi. Soprattutto oggi che i social puntano con insistenza sempre maggiore sulle immagini.
Basti pensare che, secondo una recente indagine pubblicata sul Wall Street Journal, Instagram sarebbe addirittura “tossico per gli adolescenti”. E questo proprio perché, basandosi sulle immagini, la piattaforma può ingenerare ansia e depressione, date dal confronto di giovani e giovanissimi tra il proprio aspetto fisico e quello altrui.
Cosa ne pensa l’ideatore dei meme?
Intervistato in questo senso, il ventiduenne Denver Adams risponde… per ciò che è.
Ovvero un giovane che ha solo intenzione di divertirsi, e non di fare critica sociale. In un colloquio con Teen Vogue, Adams ha detto: “Non so se c’è un significato più profondo dietro questa tendenza. Ma, se dovessi formulare una teoria, sarebbe per fare luce su quanto sia ridicola questa tecnologia dell’intelligenza artificiale. Direi che è satira”.
Adams spiega anche come ottiene i suoi grotteschi risultati. È semplicissimo: “Inserisco un volto in FaceApp e metto il maggior numero di filtri di bellezza (o, immagino, ciò che FaceApp ritiene essere bellezza) su queste immagini. Sottopongo alla stessa foto questo trattamento per cinque o più volte, fino a renderla irriconoscibile”.
Ultimo aggiornamento 2024-10-06 / Link di affiliazione / Immagini da Amazon Product Advertising API
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