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Cocainorso: com’è il film di Elizabeth Banks

Cocainorso è al cinema dal 20 aprile, distribuito da Universal Pictures.

In una triste coincidenza temporale con i recenti avvenimenti in Trentino, arriva finalmente nelle sale italiane Cocainorso, film di Elizabeth Banks che ha già incassato oltre 85 milioni di dollari in tutto il mondo, anche grazie alla curiosità suscitata dal soggetto. In un panorama audiovisivo costellato da trash involontario o programmatico, impossibile infatti resistere a un progetto che, nonostante un budget di circa 30 milioni di dollari, gioca scopertamente con la lunga tradizione dei B-movie e in particolare con il percorso della Asylum, dando vita a una commedia thriller-horror incentrata su un orso strafatto di cocaina, e quindi pericolosissimo per la pubblica incolumità.

Uno spunto che nasce da una storia vera ben più pacifica e malinconica. Nel 1985, uno spacciatore precipita insieme al suo aereo e a un carico di circa 35 kg di cocaina in una foresta in Georgia. Sul luogo dell’incidente viene ritrovato un orso, morto per overdose della sostanza stupefacente dopo averne ingerito ingenti quantità. Al contrario della leggenda metropolitana che lo dipinge come autore di una vera e propria strage, l’orso ribattezzato Pablo Eskobear dalla stampa ha in realtà arrecato danni solo a se stesso. Rovinare una bella bugia con una brutta verità sarebbe però stato un peccato, ed ecco quindi arrivare a noi questo bizzarro progetto, basato su una sceneggiatura di Jimmy Warden (La babysitter – Killer Queen).

Cocainorso: un orso strafatto al centro di un film di serie B programmatico e posticcio

Cocainorso 2

Su questo canovaccio potenzialmente esplosivo, viene innestato un intreccio non altrettanto esaltante, che vede protagonista un orso alle prese con la cocaina e due bambini curiosi e ribelli, sulle cui tracce c’è l’adulta Sari (Keri Russell). La scomparsa del carico di droga non passa però inosservata al boss Syd (Ray Liotta, alla sua ultima interpretazione per il grande schermo prima del prematuro decesso), a sua volta ai ferri corti con il figlio Eddie (Alden Ehrenreich). Completano il quadro un gruppo di strambi personaggi secondari e un parco nazionale suggestivo e incontaminato, perfetto teatro per la stupefacente furia dell’orso.

Come già avvenuto per la sua precedente regia (il fallimentare reboot Charlie’s Angels), Elizabeth Banks non riesce a trovare un tono giusto e coerente per il film, ondeggiando senza troppa convinzione tra la commedia demenziale, l’horror e un debolissimo accenno di critica sociale. Emblema di questa problematica è il prologo di Cocainorso, che prima fa bella mostra di una citazione di Wikipedia con intenti comici e successivamente pone le basi per la successiva mattanza, curandosi però di rassicurare il pubblico sia visivamente (l’orso è sempre più macchiettistico che inquietante) sia dal punto di vista dei personaggi, puntando su una coppia di ragazzini che nonostante la tentazione della droga sembra uscita in tutto e per tutto da un film della Amblin Entertainment.

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Vorrei ma non posso

Cocainorso 3

Troppo leggero e grossolano per spaventare, troppo serioso per divertire e non abbastanza centrato per scuotere lo spettatore in ottica ambientalista: Cocainorso è un lungo vorrei ma non posso, che fatica persino a reggere la sua contenuta durata di 95 minuti, a causa di evidenti cali di ritmo e da un’ambiguità morale di fondo, a causa della quale lo spettatore non riesce né a entrare in empatia con l’orso né a provare paura e raccapriccio per le sue scorribande. Per quest’ultimo aspetto, non aiuta poi una CGI particolarmente posticcia, che penalizza l’espressività dell’animale rendendolo sostanzialmente un involucro privo di anima e motivazioni.

Difetti che sarebbero tollerabili se Cocainorso spingesse il piede sul pedale del demenziale e dell’esagerazione. Cosa che effettivamente avviene, ma solo per un paio di sequenze, come quella della lunga lotta fra l’orso e i passeggeri di un’ambulanza, non a caso la più riuscita dell’intero film. Invece di dare spazio all’estro e alla scorrettezza morale, Elizabeth Banks si rifugia costantemente nella soluzione più comoda e meno rischiosa, svelando così la natura rigida e schematica dell’intero progetto: villain minacciosi ma ridicoli, violenza insistita ma mai fastidiosa, droga messa a contatto coi bambini ma rappresentata come una sorta di bianca nuvoletta magica. Citando Leo Ortolani, un trenino con i canti di Chiesa.

Cocainorso: un film né divertente né divertito

Cocainorso 4

A differenza di molti progetti low budget e persino di alcuni manifesti rip-off, Cocainorso non è né divertito né divertente, e sembra voler costantemente prendere le distanze dalla propria natura giocosa e priva di pretese, alla ricerca di un messaggio ambientalista tanto scontato quanto sgraziato. Quello che resta è dunque un film dal budget importante (il 7 volte premio Oscar Everything Everywhere All at Once è costato meno) che si finge z-movie in stile Asylum. A parità di originalità, tanto vale puntare su quest’ultima, pronta a cavalcare l’indiscutibile successo commerciale di Cocainorso con il suo prossimo film Attack of the Meth Gator.

Cocainorso è al cinema dal 20 aprile, distribuito da Universal Pictures.

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Marco Paiano

Tutto quello che ho imparato nella vita l'ho imparato da Star Wars, Monkey Island e Il grande Lebowski. Lo metto in pratica su Tech Princess.

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