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AGCOM multa Tim, Vodafone e WindTre

AGCOM multa i principali operatori telefonici italiani, Tim, Vodafone e WindTre, per la modalità onerosa di prosecuzione dei loro servizi in caso credito esaurito. La sanzione?  696 mila euro per ciascun operatore.

Multa Tim, Vodafone e WindTre

Alla fine è arrivata. La multa, decisa da AGCOM, va a punire una pratica poco corretta portata avanti dagli operatori telefonici principali italiani quando viene esaurito il credito presente nelle SIM. Finora, quando l’utente con contratto prepagato esaurisce il proprio credito e non effettua una ricarica utile al rinnovo dell’offerta, gli operatori non bloccano il traffico in uscita, ma lo rendono disponibile pur in assenza di una volontà espressa dall’utente. Il problema? L’addebito di un costo aggiuntivo ai clienti che, anche  in modo inconsapevole o involontario.

Il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha ritenuto in contrasto questa pratica scorretta con la normativa di settore, obbligando un pagamenti di 696 mila euro di multa a Tim, Vodafone e Wind Tre.

Gli operatori non si sono limitati, infatti, a modificare le originarie condizioni del contratto prepagato sottoscritto, ma vi hanno inserito una “piccola aggiunta” a posteriori, che doveva essere accettata come obbligo dagli utenti.

Questa azione è risultata anche in contrasto con una delibera (n. 326/10/Cons,) che obbliga gli operatori a far cessare immediatamente la connessione dati nel caso in cui il credito disponibile sia completamente esaurito. È infatti possibile riattivarla soltanto dopo aver ricevuto un’espressa richiesta da parte dei clienti.

Diverse associazioni di tutela degli utenti hanno accolto positivamente questa multa, come il Codacons che afferma: “Tale prassi portava gli utenti a spendere inconsapevolmente soldi per chiamate o traffico internet, anche in caso di esaurimento del credito, a causa di modifiche unilaterali dei contratti che, come al solito, vanno a discapito dei consumatori“.

ùFederconsumatori invece comunica “l’Authority ha specificato che questa prassi non si può configurare semplicemente come una modifica unilaterale del contratto – per la quale sarebbe necessario garantire al cliente informazione e recesso senza costi – ma introduce nel contratto stesso un elemento del tutto nuovo, con costi aggiuntivi che devono invece essere espressamente autorizzati“.

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