Che i computer siano in grado di realizzare autonomamente vere e proprie opere d’Arte non è di certo una novità. I primi segnali in tale ambito risalgono già ai tempi dell’Arte Generativa degli anni ’80 ma quelli che allora erano considerati degli esperimenti, assumono oggi un nuovo valore. Tecnologie sempre più avanzate e computer sempre più intelligenti, stanno portando alla nascita nuove questioni riguardanti l’Arte, il processo, il prodotto finito e soprattutto la “mano” che l’ha creata.
L’ultimo caso che ha scombussolato nuovamente lo scenario artistico contemporaneo riguarda la Colorado State Fair’s fine art competition, una competizione artistica americana che ha premiato un’Opera realizzata da una IA, un’intelligenza artificiale. La decisione della giuria ha fatto discutere l’opinione pubblica, la stampa e gli altri partecipanti al concorso.
Ma è stata davvero una scelta così grave? Può un’IA vincere sulla creatività umana?
L’IA premiata ad un concorso d’Arte
Analizziamo meglio il caso in questione. Il partecipante alla Colorado State Fair’s fine art competition è Jason Allen, il presidente di un’azienda di giochi da tavolo chiamata Incarnate Games. L’opera presentata alla giuria si intitola Théâtre D’opéra Spatial (qui in basso), una sensazionale immagine onirica che raffigura il palco di un Teatro d’Opera baroccheggiante che affaccia su un affascinante scenario a tratti futuristico.
Già in pochi secondi lo sguardo è in grado di percepire la bellezza di un’immagine accattivante e ben realizzata e se non avessimo letto i paragrafi precedenti, sarebbe difficile distinguerla da un dipinto vero e proprio. Allen infatti non ha utilizzato il pennello, ne una tavoletta grafica, ma un algoritmo capace di creare un lavoro del genere. Ha infatti sfruttato Midjourney, un software creato da un laboratorio di ricerca guidato da David Holz, già fondatore della società di sviluppo tecnologico Leap Motion.
Il funzionamento di Midjourney è semplice e complesso allo stesso tempo. Il Software utilizza un’intelligenza artificiale in grado di creare delle immagini sulla base di descrizioni testuali inserite dall’utente. Il lavoro di Allen è stato dunque quello di scegliere una sequenza di parole che ha portato alla nascita di questa immagine. Non solo, l’autore ha affermato che il suo contributo sarebbe stato determinante alla buona riuscita dell’immagine. Sul server Discord di Midjourney ha infatti commentato: “Ho generato centinaia di immagini prima di creare quest’opera e dopo molte settimane di messa a punto e cura nella generazione delle varie opzioni, ho scelto le 3 più belle e le ho stampate su tela”.
Midjourney è infatti in grado di creare immagini spettacolari ma non sempre il risultato corrisponde all’intenzioni dell’utente. Ed ecco che una combinazione di parole che ci sembrano perfette può generare un risultato non poi così soddisfacente. Il lavoro di Allen ha dato come risultato un’opera che è riuscita a scuotere l’animo della giuria che gli ha conferito il primo premio.
La polemica: AI vs Arte
Inutile dire che le discussioni non sono tardate ad arrivare soprattutto da parte degli altri concorrenti che si sono visti rubare il primo premio da un’IA. Sui social, come al solito, la questione si è surriscaldata e molti hanno definito questo evento la “fine dell’Arte” o addirittura la tanto temuta vittoria della macchina sulla mente dell’uomo. Ma è davvero così?
Lungi da noi dal dare una risposta alla domanda “questa è Arte?”, la storia può darci, più che una soluzione, quantomeno un modo di interpretare questo evento.
La storia ci ha insegnato che…
Tralasciando la già citata Arte generata dai computer degli anni ’80 (35 anni fa), questo avvenimento ci mette di fronte alla questione dell’atto del creare Arte. Il principale problema di vincere un concorso con un’immagine creata da una AI è che l’autore non ha compiuto l’azione fisica di realizzazione dell’opera. Non ha preso un martello per scolpire il marmo o usato un pennello per dipingere la tela. Questa assenza di azione meccanica, secondo i più, toglie il diritto all’Autore dell’Opera di definirsi tale.
La storia dell’Arte ci ha però insegnato che questo modo di pensare non ha più nessuna presa nella società contemporanea. Già dal ‘900 l’Artista si è liberato dal valore che, apparentemente, solo l’azione meccanica del “fare arte” poteva dare. Si pensi a Lucio Fontana e i famosissimi Tagli sulla Tela o ancora le opere Ready Made di Marcel Duchamp.
Opere, Artisti e correnti di pensiero affermate da decennio che hanno stravolto l’Arte a livello mondiale, trascendono il concetto di “fatte manualmente“, e hanno acquisito il loro valore, artistico e poi monetario, dalla mente di chi le ha pensate. Così come Duchamp ha presentato nel 1917 un Orinatoio senza alterarlo, se non con la celeberrima firma, oggi, 100 anni dopo, Jason Allen compie idealmente lo stesso processo con la potenza dell’IA.
Le IA come Bernini?
Se non siete ancora convinti e per voi l’Arte Contemporanea “non ha senso” o “non la capisco”, possiamo andare ancora indietro nel tempo alla tanto amata Arte Rinascimentale. Tra dipinti, bronzi e sculture, reali e materiali, che hanno plasmato dall’infanzia il nostro concetto di Arte, si nasconde un processo simile.
Ebbene, molte delle opere che conosciamo e amiamo, non sono state realizzate dall’Artista che ha posto la firma. Le famose “botteghe” di artisti del calibro di Michelangelo o Bernini realizzavano, in parte o totalmente, i progetti pensati dalle menti dei Maestri. Un lavoro dunque non manualmente compiuto dagli Artisti sopra citati ma a loro attribuito.
Da qui possiamo intuire molto chiaramente che il valore di un’Opera trascende qualsivoglia lavoro manuale arrivando a toccare temi e sentimenti molto più profondi, spirituali e umani.
Sentimenti che nessuna IA, per quanto potente, potrà mai toglierci.
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